Cass. civ. Sez. I, Sent., 01-06-2012, n. 8854 Liquidazione e valutazione equitativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con sentenza del 22 dicembre 2004, il Tribunale di Milano a) pronunciò la separazione personale dei coniugi B. P. e M.M., rigettando le domande di addebito reciprocamente proposte, b) pose a carico del M. l’obbligo di corrispondere un assegno mensile di Euro 150,00. da rivalutarsi annualmente secondo l’indice Istat, a titolo di contributo per il mantenimento della B., nonchè di provvedere integralmente al mantenimento del figlio A., c) accertò che una casetta unifamiliare sita in (OMISSIS), un box sito in (OMISSIS), ed un altro immobile sito in (OMISSIS), erano stati acquistati dai coniugi in regime di comunione legale, d) confermò l’ordinanza di reintegrazione del M. nel possesso dell’immobile sito in (OMISSIS), emessa il 21 aprile 1998 da Pretore di Portoferraio nei confronti della B., e) condannò la B. al risarcimento del danno derivante dallo spoglio, nella misura di Euro 2.600,00, f) dichiarò inammissibili le altre domande proposte dal M. e g) condannò la B. al pagamento di due terzi delle spese processuali, dichiarando compensato tra le parti il residuo.

2. – L’impugnazione proposta dalla B. è stata parzialmente accolta dalla Corte d’Appello di Milano, che con sentenza del 28 dicembre 2006 ha rideterminato in Euro 800,00 mensili l’assegno di mantenimento dovuto dal M. ed ha rigettato la domanda di risarcimento del danno derivante dallo spoglio, confermando nel resto la sentenza impugnata e dichiarando interamente compensate tra le parti le spese processuali.

Per quanto ancora rileva in questa sede, la Corte ha ritenuto che gl’immobili, acquistati separatamente dai coniugi successivamente all’omologazione di una precedente separazione consensuale intervenuta nel 1983, fossero oggetto di comproprietà, essendo sostanzialmente pacifico che la comunione legale tra i coniugi, instauratasi con il matrimonio e scioltasi per effetto della separazione, si era ricostituita a seguito di riconciliazione. Ha rilevato infatti che. mentre la B. aveva riconosciuto l’avvenuta riconciliazione attraverso la proposizione di una nuova domanda di separazione, il M. l’aveva riconosciuta solo in via subordinata, avendo chiesto in via principale l’accertamento della simulazione della separazione, che non era però configurabile, in considerazione della natura non meramente contrattuale della separazione consensuale omologata. Ha poi ritenuto che la riconciliazione fosse intervenuta in epoca immediatamente successiva all’omologazione ed anteriore all’effettuazione degli acquisiti, non avendo le parti fornito valide prove che essa si fosse verificata in epoca diversa, ed essendo stati invece accertati, in riferimento all’acquisto ed alla gestione degl’immobili, comportamenti dei coniugi incompatibili con la persistenza del regime di separazione.

Quanto al risarcimento del danno subito dal M. per lo spoglio dell’immobile sito in (OMISSIS), liquidato dal Tribunale in via equitativa, la Corte ha escluso che tale pregiudizio fosse configurabile in re ipsa, rilevando inoltre che l’appellato non ne aveva mai chiesto espressamente la liquidazione equitativa, ma si era riservato di quantificarlo in corso di causa, senza però mai chiedere alcun accertamento in proposito.

La Corte ha poi ritenuto che. ai fini della liquidazione dell’assegno di mantenimento, dovesse tenersi conto della capacità patrimoniale del M., comprovata non tanto dall’incremento del suo reddito imponibile emergente dalle relative dichiarazioni annuali, quanto dai ricavi, avuto riguardo alla consistente strutturazione organizzativa dell’attività professionale da lui svolta in qualità di amministratore d’immobili ed alle energie personali ed economiche nella stessa profuse. Ha evidenziato al riguardo l’inferiore capacità reddituale della B., osservando che nel corso della convivenza l’agiato tenore di vita della famiglia era stato garantito esclusivamente dall’appellato, il quale aveva provveduto integralmente anche alle spese di ristrutturazione dell’immobile di (OMISSIS), senza per questo rinunciare ad ulteriori investimenti immobiliari.

3. – Avverso la predetta sentenza il M. propone ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi, illustrati con memoria. La B. resiste con controricorso, proponendo a sua volta ricorso incidentale, affidato ad un solo motivo, anch’esso illustrato con memoria, al quale il ricorrente resiste a sua volta con controricorso.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo d’impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 1168, 1226 e 2056 cod. civ., nonchè la carenza e la contraddittorietà della motivazione, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato per difetto di prova la domanda di risarcimento del danno derivante dallo spoglio dell’immobile sito in (OMISSIS), senza considerare che, in presenza di uno spoglio violento o clandestino, il danno è con figurabile in re ipsa. Premesso inoltre che la liquidazione equitativa può essere effettuata anche d’ufficio, sostiene comunque di averne fatto espressa richiesta nella comparsa conclusionale depositata in primo grado, affermando che la riserva di quantificare il danno in corso di causa non comportava l’assunzione dell’impegno di fornire la prova analitica del quantum.

1.1. – Il motivo è infondato.

E’ pur vero, infatti, che, a differenza del potere di decidere secondo equità a norma dell’art. 114 cod. proc. civ., che attiene alla decisione nel merito e presuppone una concorde richiesta delle parti, quello di liquidare il danno in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 cod. civ. può essere esercitato anche d’ufficio (cfr.

Cass., Sez. 1, 11 dicembre 2007, n. 25943; Cass., Sez. 3, 9 agosto 2007, n. 17492; 11 novembre 2005, n. 22895), e quindi indipendentemente da un’istanza di parte, la quale può dunque essere proposta anche in comparsa conclusionale, configurandosi come una mera sollecitazione all’esercizio del potere officioso del giudice.

La previsione di tale potere non dispensa tuttavia la parte dalla prova dell’esistenza e dell’entità materiale del pregiudizio subito, essendo il suo esercizio subordinato alla condizione che risulti impossibile o particolarmente difficile provare il danno nel suo preciso ammontare, e non venendo comunque meno l’onere di fornire gli clementi dei quali la parte possa ragionevolmente disporre, affinchè l’apprezzamento equitativo sia, per quanto possibile, ricondotto alla sua funzione di colmare solo le lacune insuperabili ai fini della determinazione dell’equivalente pecuniario (cfr. Cass., Sez. 6, 19 dicembre 2011, n. 27447; Cass., Sez. 3, 30 aprile 2010. n. 10607;

Cass., Sez. 2, 7 giugno 2007, n. 13288).

A tale principio non fa eccezione l’ipotesi in cui il danno da risarcire sia conseguenza della privazione del possesso perpetrata in modo violento o clandestino, configurandosi lo spoglio come fatto illecito, soggetto alle ordinarie regole della responsabilità aquiliana, ivi compresa quella che pone a carico del danneggiato l’onere di fornire la prova del pregiudizio subito, in mancanza della quale non può dunque essere pronunciata in suo favore la condanna al risarcimento, non risultando ammissibile il ricorso all’equità per la liquidazione del danno (cfr. Cass., Sez. 2, 29 novembre 2006, n. 25241; 3 giugno 1975, n. 2203). Non merita pertanto censura la sentenza impugnata, nella parte in cui ha rigettato la domanda di risarcimento del danno in considerazione del mancato adempimento dell’onere probatorio da parte del ricorrente, non apparendo pertinente il richiamo di quest’ultimo ai precedenti giurisprudenziali che, facendo leva sulla potenzialità dannosa dello spoglio e sulla portata meramente dichiarativa della sentenza di condanna generica, ritengono ammissibile una siffatta pronuncia, con il conseguente rinvio ad un successivo giudizio dell’accertamento in ordine non solo alla misura, ma alla stessa esistenza di un danno risarcibile (cfr. Cass., Sez. 2, 2 agosto 1990. n. 7748; 21 febbraio 1981, n. 1053; 11 maggio 1979. n. 2690). Non risulta, infatti, che il ricorrente abbia, con il consenso della controparte, limitato alla pronuncia sull’an del risarcimento la domanda originariamente proposta, con la conseguenza che il giudice di merito non avrebbe potuto emettere una sentenza di condanna generica e rimettere la liquidazione del danno ad un separato giudizio, essendo tenuto, in ossequio al principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, a liquidare il danno in base agli elementi acquisiti al processo, ovvero, come è in concreto accaduto, a rigettare la domanda per difetto di prova (cfr. Cass., Sez. 3, 15 marzo 2007, n. 5997; Cass., Sez. 2, 10 aprile 2000, n. 4487).

2. – E’ invece inammissibile il secondo motivo, con cui il ricorrente deduce la violazione degli artt. 88 e 96 cod. proc. civ., nonchè la carenza e la contraddittorietà della motivazione, osservando che, nel dichiarare interamente compensate le spese del giudizio di primo grado, la Corte d’Appello ha omesso di spiegare le ragioni del proprio dissenso rispetto alla decisione adottata dal Tribunale e di tener conto del diverso valore economico delle domande reciprocamente proposte dalle parti, nonchè dell’aggravamento dell’istruttoria determinato dalla condotta processuale tenuta dalla B. in ordine alle questioni di carattere economico.

2.1. – Il motivo è inammissibile, conglobando in un unico contesto censure di violazione di legge e vizio di motivazione, senza che quest’ultimo costituisca oggetto di una distinta sintesi conclusiva, recante la chiara indicazione dei fatti controversi o delle ragioni per cui si afferma l’inidoneità della motivazione a reggere la decisione adottata con la sentenza impugnata, conformemente a quanto prescritto dall’art. 366-bis cod. proc. civ., la cui applicabilità nel giudizio in esame trova giustificazione nell’avvenuta impugnazione di una sentenza pubblicata successivamente al 2 marzo 2006 (data di entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, che ha introdotto l’art. 366-bis cit.) ed anteriormente al 4 luglio 2009 (data di entrata in vigore della legge 18 giugno 2009, n. 69, che ha abrogato la predetta disposizione) (cfr. Cass., Sez. 3, 18 luglio 2011. n. 15718; Cass.. Sez. lav., 16 dicembre 2009, n. 26364).

La necessità di una separata individuazione del fatto controverso e delle ragioni dell’inadeguatezza della motivazione, ove la sentenza sia impugnata ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 è infatti connessa ad un’esigenza di chiarezza, emergente dallo stesso art. 366- bis, la quale, pur non escludendo in linea di principio la deduzione con il medesimo motivo di vizi di violazione di legge e difetto di motivazione (cfr. Cass., Sez. Un., 31 marzo 2009, n. 7770; Cass., Sez. 1, 20 dicembre 2011. n. 27649; Cass., Sez. L 18 gennaio 2008, n. 976), impone tuttavia, nella formulazione della censura, un distinto momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che circoscriva puntualmente i limiti della critica alla motivazione in fatto, in modo da non ingenerare incertezze in sede di valutazione della sua ammissibilità (cfr. Cass., Sez. Un., 1 ottobre 2007, n. 20603;

Cass., Sez. 3, 18 luglio 2007. n. 16002).

3. – Per le medesime ragioni, è inammissibile anche il terzo motivo, con cui il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e dell’art. 2643 cod. civ., n. 14, nonchè l’omessa motivazione, rilevando che la Corte d’Appello non ha pronunciato in ordine al motivo di gravame con cui esso ricorrente aveva lamentato che, nonostante l’accoglimento della domanda di accertamento della comproprietà degli immobili, il Tribunale non aveva disposto la trascrizione della sentenza nei registri immobiliari.

4. – L’assenza di una chiara sintesi conclusiva rende infine inammissibile il quarto motivo, con cui il ricorrente deduce la carenza e la contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata nella parte relativa alla determinazione dell’assegno di mantenimento, osservando che la Corte d’Appello non ha tenuto conto della sua situazione reddituale, delle spese da lui sostenute per il mantenimento del figlio, laureato ma non ancora economicamente autosufficiente, e per far fronte ai debiti contratti dalla famiglia, nè del reddito da lavoro dipendente, dell’abitazione e del patrimonio immobiliare di cui disponeva la B., ma ha conferito rilievo alle spese da lui sostenute per l’esercizio della sua attività professionale. non sindacabili da parte del giudice.

4.1. – Il ricorrente si limita infatti ad evidenziare che la sentenza impugnata è giunta a "moltiplicare per quasi sei volte l’importo dell’assegno di mantenimento individuato dal Tribunale", lamentando l’erronea interpretazione delle "emergenze documentali afferenti i redditi dei coniugi" e delle "ulteriori risultanze dell’istruttoria svolta in primo grado", senza però fornire un’indicazione concisa e riassuntiva dei fatti controversi oggetto delle prove in ordine alla cui valutazione la Corte d’Appello avrebbe omesso di motivare o fornito una motivazione inadeguata, nonchè delle ragioni per cui ritiene che detta motivazione sia insufficiente a giustificare la decisione adottata, con la conseguenza che, non emergendo con immediatezza i profili dell’asserito vizio motivazionale, la formulazione della censura non può ritenersi conforme allo schema di cui all’art. 366-bis cod. proc. civ..

5. – Con l’unico motivo del ricorso incidentale, la controricorrcnte denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 150, 151 e 2697 cod. civ., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui, ai fini dell’accertamento della comproprietà dei beni immobili, ha posto a suo carico l’onere di provare l’epoca in cui era avvenuta la riconciliazione con il coniugo, senza considerare che la relativa domanda era stata proposta dal M. e che ai fini dell’ammissibilità della domanda di separazione, proposta da essa controricorrente, era invece sufficiente la prova dell’avvenuta riconciliazione, non controversa tra le parti.

5.1. – Il motivo è inammissibile.

Nell’iter logico-giuridico seguito dalla sentenza impugnata ai fini dell’accertamento in ordine all’avvenuta ricostituzione della comunione legale tra i coniugi in epoca anteriore all’acquisto dei beni, il riferimento all’inadempimento dell’onere probatorio incombente alla B. relativamente alla data dell’intervenuta riconciliazione assume infatti carattere marginale, avendo la Corte d’Appello rilenuto che, indipendentemente dalla loro genericità, le prove dedotte al riguardo da entrambe le parti fossero irrilevanti, avuto riguardo all’avvenuta acquisizione di altri elementi, dai quali emergeva che la riconciliazione tra i coniugi aveva avuto luogo in data immediatamente prossima all’omologazione della separazione consensuale.

La censura proposta dalla controricorrente appare pertanto eccentrica rispetto alla ratio decidendi della sentenza impugnata, imperniata non già sulla regola di giudizio sancita dall’art. 2697 cod. civ., che pone a carico della parte tenuta a fornire la prova dei fatti posti a fondamento della domanda o dell’eccezione le conseguenze dell’inadempimento di tale onere, ma sul principio, ad essa complementare, in virtù del quale le risultanze istruttorie, comunque ottenute e quale che sia la parte ad iniziativa o ad istanza della quale sono formate, concorrono tutte, indistintamente, alla formazione del convincimento del giudice, con la conseguenza che l’inottemperanza dell’onere probatorio posto a carico dell’attore ne comporta la soccombenza soltanto nell’ipotesi in cui le risultanze istruttorie, comunque acquisite al processo, non siano sufficienti a provare i fatti che costituiscono il fondamento del diritto fatto valere (cfr. Cass., Sez. 5^, 19 gennaio 2010, n. 739; Cass.,. Sez. 3^, 10 ottobre 2008. n. 25028; Cass., Sez. lav., 9 giugno 2008. n. 15162).

6. – Il ricorso principale va pertanto rigettato, mentre il ricorso incidentale va dichiarato inammissibile. La soccombenza reciproca giustifica la dichiarazione dell’integrale compensazione delle spese processuali tra le parti.

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale, e dichiara interamente compensate tra le parti le spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *