Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con ordinanza in data 26 aprile 2011, il Tribunale di Perugia, sezione, per il riesame, confermava il provvedimento del GIP del Tribunale di Terni impugnato da G.R., con il quale nei suoi confronti era stata disposta la misura cautelare degli arresti domiciliari perchè gravemente indiziato dei delitti di partecipazione ad associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti di appropriazione indebita aggravata di danaro di società acquisite tramite la Novalis srl nonchè concorso nei delitti di falso in bilancio, false fatturazioni e truffa ai danni dello Stato (capo A), truffa aggravata (capo B), appropriazione indebita aggravata (capo C), falso in bilancio e false comunicazioni sociali (capi D ed E). Il Tribunale, rammentato che le indagini avevano preso le mosse dalla verifica della Guardia di Finanza sulle ragioni della crisi del "Gruppo Meraklon" (facente parte del Polo Chimico Ternano) ritenute riconducibili non a difficile congiuntura aziendale ma ad episodi distrattivi a vantaggio della proprietà e degli amministratori delle varie società coinvolte (HOLDING NOVALIS srl, acquirente nel 2007 dell’intero capitale sociale della MERAKLON spa, THE EARTH HOLDING srl, subentrata alla NOVALIS nel febbraio 2009 nella proprietà dell’intero capitale sociale della MERAKLON spa e, nel successivo dicembre, divenuta proprietaria anche della MERAKLON YARN srl; R. PERFORFORMACE FIBRES srl; IL PALAZZO srl), rigettata l’eccezione di nullità per pretesa inesistenza giuridica della richiesta del PM per mancanza dell’attestato dell’avvenuto deposito, nel merito riteneva sussistente la gravità indiziaria in relazione al delitto di appropriazione indebita aggravata perchè la circostanza che i movimenti finanziari fossero avvenuti all’interno del "gruppo" non scriminava le condotte distrattive accertate (in particolare attraverso l’impossessamento dell’esborso da parte di MERAKLON per il pagamento della falsa fornitura di macchinari da parte di R. PERFORMANCE nonchè delle somme apparentemente restituite a NOVALIS, finanziatrice di MERAKLON spa); in relazione al delitto di truffa aggravata ai danni dell’INPS, perchè il ricorso alla CIG era frutto dell’induzione in errore dell’ente previdenziale (al quale era stato, dolosamente celata l’esistenza di un importante portafoglio commesse-ordinativi, che, se evaso, avrebbe dato lavoro alle maestranza) nell’ambito di procedimento amministrativo caratterizzato dalla discrezionalità (non da automatismo) nell’accoglimento della domanda di integrazione salariale; in relazione al delitto di cui all’art. 416 c.p. per il sodalizio costituito fra la proprietà (riconducibile a L.M., socio unico e unico proprietario del capitale sociale della NOVALIS e poi anche della THE EARTH) gli amministratori ( F.G., marito della L. e legale rappresentante della NOVALIS e quindi della THE EARTH nonchè procuratore speciale dal 7.10.2008 della MERAKLON Spa e della MERAKLON YARN srl; G.R., legale rappresentante di queste due ultime società nonchè della R. PERFORMACE FIBRES) e componenti dei collegi sindacali ( Gi., Mo., O. e B., nomi ricorrenti per tutte le dette società), sodalizio riscontrato anche in altra vicenda in cui NOVALIS ha acquistato SISTEMI COMPOSITI srl (della quale G. era nominato amministratore) in relazione alla quale è stato disposto il rinvio a giudizio dinanzi al Tribunale di Frosinone sezione distaccata di Anagni per il delitto di appropriazione indebita.
Le esigenze cautelari nei confronti del G. erano ritenute sussistenti sia per salvaguardare la genuina acquisizione delle fonti di prova sia per evitare la reiterazione di analoghe condotte. Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’indagato, a mezzo del difensore, che ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi:
– inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 272 c.p.p., e segg. perchè in ordine al delitto associativo difetta la gravità indiziaria in ordine alla sussistenza del dolo specifico non essendo possibile ravvisare nell’ordinanza impugnata argomenti che valgano a distinguere l’ipotesi di concorso nei reati di appropriazione indebita, falso in bilancio, false fatturazioni, truffa ai danni dello Stato da quella di cui al reato di associazione per delinquere; in ordine al delitto di truffa aggravata per difetto degli elementi costitutivi, perchè il ricorso alla CIG è stato legittimo e perchè l’insussistenza dei presupposti, riguardando la legittimità del provvedimento concessivo, è deducibile soltanto dinanzi al giudice amministrativo;
in ordine al delitto di appropriazione indebita aggravata, per insussistenza di elementi, ancorchè indiziari, dimostrativi della sussistenza dell’elemento oggettivo del reato. Peraltro la stessa ordinanza genetica da atto della condotta eventualmente solo omissiva del ricorrente, che non ha mai partecipato fattivamente alla gestione della Meraklon;
– inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 274 c.p.p. perchè il pericolo di reiterazione è già salvaguardato con la misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare determinate attività professionali o imprenditoriali, misura proporzionata all’esigenza di cautela; perchè il pericolo di inquinamento della prova è affidata ad asserzioni astratte, senza indicazione di situazioni obiettive tali da determinare la concretezza del pericolo.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
La consapevolezza del ricorrente della conoscenza delle plurime condotte gestionali illecite è giustificata dal Tribunale con dettagliata motivazione che ripercorre le vicende appropriative non solo all’interno del gruppo di società gravitanti attorno a Meraklon spa ma anche, individuato come cardine la società Novalis, quelle che hanno riguardato la società Sistema Compositi. Tale parte della motivazione non è stata oggetto specifico di critica e quindi resiste come iter argomentativo idoneo a giustificare la decisione adottata sul punto.
Sostiene ancora la difesa che, avendo gli indagati agito per il tramite di compagine sociale creata per il perseguimento di uno scopo lecito risultante dallo statuto, non sarebbe ipotizzabile, in base alla giurisprudenza di questa Corte, il delitto associativo. Ed invero "Deve escludersi la confIgurabilità del reato di associazione per delinquere allorquando i singoli componenti di una organizzazione – creata per il perseguimento di uno scopo lecito risultante anche dal suo statuto – pongano in essere attività illecite e manchi del tutto la prova di un collegamento tra tali fatti illeciti e le direttive generali impartite dai responsabili dell’organizzazione stessa." (Cass. Sez. 2, 9.2.1995 n. 5838) Ma nel caso in esame della ricostruzione offerta dal Tribunale (non contestata dal ricorrente) è risultata sotto il profilo della gravità indiziaria, la piena condivisione del progetto criminale proprio da parte degli amministratori legali o di fatto delle società coinvolte, in contrasto con il perseguimento dello scopo sociale previsto. Quanto al delitto di truffa aggravata in danno dell’INPS il ricorso è ancora infondato.
Va confermato in canone ermeneutico secondo il quale "Ricorre il delitto di truffa, e non l’ipotesi contravvenzionale di cui al D.Lgs.Lgt. n. 788 del 1945, art. 16, comma 3, relativa all’indebita percezione delle prestazioni di cassa integrazione, se la condotta tenuta per conseguire l’indebita integrazione salariale si qualifica per particolari accorgimenti, per speciali astuzie, quindi per un "quid pluris" rispetto al "mendacio", capaci di eludere le comuni e normali possibilità di controllo dell’ente previdenziale. (Cass. Sez. 2, 16.01.09 n. 9773; nella fattispecie la Corte ha ravvisato la truffa nella predisposizione, ai fini del raggiro, di modelli già firmati in bianco dal lavoratore, per la percezione illegittima del beneficio). L’illegittimità del provvedimento concessivo della CIG è stato ritenuto incidenter tantum dal Tribunale, con valutazione che (ferma restando la competenza del giudice amministrativo) è consentita in sede penale.
Il Tribunale non ha disapplicato l’atto amministrativo, ma ha valutato la condotta posta in essere dagli indagati finalizzata all’induzione in errore, cui è conseguita l’emissione del provvedimento amministrativo. Non si è quindi sostituito all’accertamento del giudice amministrativo ma ha compiuto un accertamento tipico della verifica della condotta posta in essere in danno di ente pubblico finalizzata al conseguimento di erogazioni pubbliche.
Relativamente al delitto di appropriazione indebita e degli altri reati contestati, la critica, secondo la quale difetterebbero elementi indiziari della sussistenza dell’elemento oggettivo, è mossa in maniera generica e quindi inammissibile, perchè in violazione dell’art. 581 c.p.p., lett. c), che impone che ogni richiesta sia giustificata dall’indicazione specifica delle ragioni di diritto (e degli elementi in fatto) a sostegno della richiesta stessa, violazione sanzionata con l’inammissibilità dall’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c). Ad analoghe conclusioni deve pervenirsi in relazione all’asserita insussistenza dell’elemento soggettivo da parte del ricorrente, perchè la doglianza si limita ad estrapolare dal contesto argomentativo dell’ordinanza genetica un unico passaggio motivazionale (relativo all’accertamento per il quale la Meraklon spa era di fatto amministrata da F., in quanto nominato procuratore speciale proprio da G.) senza tenere conto che quest’ultimo era legale rappresentante della R. Performance Fibres apparente fornitore (tramite Novalis) di macchinari (inesistenti) del valore di Euro 4 milioni mai pervenuti alla Meraclon, somma da Perfomance mai ricevuta, perchè rimasta nei conti correnti di Novalis.
2. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato, perchè il pericolo di reiterazione è stato desunto da specifica condotta addebitata al ricorrente, posta in essere il 15.3.2011 (bonifico disposto quale legale rappresentante della Meraklon Iarn a favore di altra società facente capo a F.. Tale passaggio della motivazione non è stato criticato, essendosi il ricorrente limitato ad affermare che le esigenze cautelari erano già adeguatamente salvaguardate da misura interdittiva, di cui peraltro in questa sede si ignora la vigenza.
3. IL ricorso deve in conseguenza essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.