Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 26-10-2011) 22-11-2011, n. 42991Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 21 giugno 2011, il Tribunale di Terni rigettava l’istanza di riesame proposta dal difensore di P.A., nella qualità di legale rappresentante della società "Il Palazzo srl", con conseguente conferma del provvedimento del GIP in sede con il quale era stato disposto il sequestro preventivo per equivalente di beni mobili ed immobili della società.

Il Tribunale osservava che il decreto, seppur succintamente, era motivato (tenuto conto anche degli ulteriori elementi apportati dal PM in sede di discussione); che sussisteva il fumus del reato addebitato al capo F; che, seppure il delitto di appropriazione indebita aggravata (capo C) non consentiva il sequestro per equivalente, nei fatti potrebbe ravvisarsi (dopo la dichiarazione di fallimento o equivalente) il più grave delitto di bancarotta fraudolenta; che comunque sussisteva il fumus del delitto di cui all’art. 640 bis c.p. per essere stata la sussistenza delle crisi aziendale gonfiata artatamente con le operazioni di cui alle imputazioni; che sussisteva l’equivalenza dei valori dei beni (per gli immobili dovendo tenersi conto della rendita catastale) con l’entità del profitto, per come quantificato nel capo d’imputazione e rammentato dal PM in udienza; che il sequestro per equivalnte nelle ipotesi dell’associazione per delinquere (capo A) deve tener conto anche del complesso dei vantaggi del reati fine; che, nonostante il difetto di specifica contestazione, in relazione al delitto di cui all’art. 416 c.p. è configurabile la sua natura trasnazionale, perchè le società coinvolte hanno un ampio e stabile collegamento con l’estero ed anche se la società "Il Palazzo srl" non è implicata per il capo A ma solo per il capo F, la vicenda si inserisce in una complessa attività illecita con conseguente possibile estensione di responsabilità anche in relazione al capo A. Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso il legale rappresentante della società "Il Palazzo srl", a mezzo del difensore, che ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi: – violazione di legge processuale penale e segnatamente dell’art. 321 c.p.p. e art. 322 ter c.p. con connesso vizio di motivazione per palese carenza e/o illogicità della stessa, perchè, nonostante con i motivi a sostegno della richiesta di riesame si fosse dedotta la nullità del sequestro per equivalente per insussistenza dei presupposti, perchè disposto solo in relazione al delitto di appropriazione indebita aggravata, il Tribunale, in considerazione del principio di fluidità dell’incolpazione, ha inammissibilmente ipotizzato diverse ipotesi di reato e così ha finito con l’emettere un diverso e nuovo sequestro;

– violazione di legge processuale penale e segnatamente dell’art. 322 ter c.p. sotto il diverso profilo in ordine alla mancata individuazione del profitto con connesso vizio di motivazione, perchè l’unico profitto che può legittimare il sequestro per equivalente è quello correlato al reato di truffa di cui al capo B (sicchè la nuova quantificazione indicata dal PM in udienza è irrilevante perchè relativa al profitto ipotizzato in relazione al delitto di cui al capo C) , senza peraltro indicare, al fine di verificare il rispetto della proporzionalità, il valore dei beni assoggettati al vincolo cautelare;

– vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del fumus per mancanza assoluta della stessa (sotto il profilo della sua inconsistenza) in relazione alle deduzioni difensive con le quali si era evidenziato che le uniche condotte descritte nei capi di incolpazione alle quali avrebbe partecipato la "Palazzo srl" si erano stanziate in "operazioni" di finanziamento infruttifero "infragruppo" prive di vantaggi economici ovvero di profitti, l’unica operazione avendo riguardato un finanziamento di Euro 466.000,00, infermante restituito, come risultante dalla contabile bancaria prodotta in udienza, deduzioni in ordine alle quali non vi è neppure un rigo di motivazione.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso è infondato. A prescindere dai riferimenti che l’impugnata ordinanza formula sulla fluidità dell’incolpazione provvisoria e sulla ipotizzata configurabilità dei diversi reati di bancarotta fraudolenta ovvero di estensibilità dell’incolpazione all’ipotesi associativa e alla sua natura di reato transnazionale, è dato certo che la condotta di cui è chiamata a rispondere la società ricorrente è quella indicata al capo F) e cioè l’illecito amministrativo di cui alla L. n. 231 del 2001, art. 24 in relazione all’art. 640 bis c.p..

L’ordinanza genetica ha correttamente richiamato tale capo d’incolpazione ed in relazione ad esso è stato disposto il sequestro per equivalente per quel che attiene alla posizione della società Palazzo s.r.l..

2. Il secondo motivo di ricorso è infondato perchè il profitto del delitto di cui all’art. 640 bis c.p. è quantificato nel capo B) dell’incolpazione provvisoria (cui rimanda l’addebito del capo F ascritto alla società ricorrente).

Il Collegio condivide il canone ermeneutico secondo il quale "Va annullato con rinvio il provvedimento del tribunale del riesame che, nel confermare un sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, non contenga alcuna valutazione sul valore dei beni sequestrati, necessaria al fine di verificare il rispetto del principio di proporzionalità tra il credito garantito ed il patrimonio assoggettato a vincolo cautelare, non essendo consentito differire l’adempimento estimatorio alla fase esecutiva della confisca" (Cass. Sez. 3, 7.10.2010 n. 41731).

Ma nel caso in esame tale valutazione non difetta, essendo stata parametrata alle rendite catastali dei singoli cespiti immobiliari, con conseguente affermazione da parte del Tribunale della insussistenza della critica difensiva al rilievo che l’approssimazione di tale valore rispetto a quello del profitto sarebbe addirittura per difetto (quindi non eccedente il profitto del reato: Cass. Sez. 6, 23.11-27.12.2010 n. 45404; Cass. Sez. 6, n. 2101/2010).

A fronte di tale assunto (che attenendo al merito non può essere oggetto di autonoma e ulteriore considerazione in questa sede), il ricorrente si limita a denunciarne l’incongruenza, senza contestare in maniera specifica l’inidoneità del parametro valutativo adottato (ad esempio attraverso la produzione dei contratti di acquisto dei singoli cespiti immobiliari), in tal modo incorrendo nella sanzione di cui all’art. 591 c.p.p., comma 2, lett. c) in relazione all’art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c).

3. Anche il terzo motivo di ricorso è infondato. L’ordinanza impugnata ha correttamente rammentato che in tema di misure cautelari reali la verifica attiene solo alla sussistenza del fumus, verifica che non è stata elusa, tanto che in ordine all’ipotizzabilità del delitto di cui all’art. 640 bis c.p. il ricorrente non formula critica alcuna. L’osservazione difensiva, secondo la quale le condotte addebitabili alla Palazzo srl sarebbero consistite in "operazioni" di finanziamento infruttifero "infragruppo", sollecita una verifica che attiene alla sussistenza della gravità indiziaria della colpevolezza, vale a dire della responsabilità dell’ente, come tale estranea alla natura reale della misura cautelare adottata.

In conseguenza nessuna risposta era dovuta a quella che nello stesso ricorso si afferma essere stata una successiva restituzione, perchè, in quanto successiva, non poteva essere oggetto di considerazione in sede di riesame ma, eventualmente, dinanzi al giudice delle indagini preliminari.

4. Il ricorso deve in conseguenza essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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