T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 27-12-2011, n. 10216

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Premette il ricorrente dr. R., magistrato della Corte dei Conti in servizio nella Regione Puglia, di aver presentato domanda di partecipazione all’interpello, come sopra indetto, ai fini del conferimento degli incarichi in precedenza specificati, riservato ai magistrati contabili in servizio nella Regione Siciliana.

L’organo di autogoverno della magistratura contabile, nell’adunanza del 78 luglio 1997, designava a tali fini i Vice Procuratori Generali dott.ri G.C., A.D. e G.C..

L’istanza del ricorrente veniva invece dichiarata inammissibile in quanto la sede di servizio del dott. R. non si trovava nella Regione Siciliana.

Ciò posto, il ricorrente avversa gli atti impugnati con il presente mezzo di tutela deducendo le seguenti censure:

1) Violazione dell’art. 58 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 e dell’art. 2 del d.p.r. 27 luglio 1995, n. 388 – Violazione dell’art. 13 della legge 27 aprile 1982 n. 186.

La "riserva" di conferimento degli incarichi in questione ai soli magistrati contabili in servizio nella Regione Siciliana confligge con le disposizioni indicate in epigrafe, atteso che fra i requisiti previsti a tali fini non rientra la sede di servizio dell’interessato.

Ammettere tale condizione invera una violazione del principio di equa ripartizione degli incarichi, atteso che il conferimento degli stessi si troverebbe necessariamente "limitato" ai magistrati con sede di servizio nella Regione interessata;

2) Eccesso di potere per inosservanza di circolare, per contraddittorietà della motivazione, per motivazione non rispondente ai fatti, per sviamento di potere.

I provvedimenti gravati si pongono in contrasto con i criteri disciplinanti la designazione dei magistrati contabili ai fini del conferimento degli incarichi, fissati con delibera del Consiglio di Presidenza n. 129/CP/96, adottata nelle adunanze dell’1112 marzo e del 2626 marzo 1996.

Tali criteri, in particolare, valorizzano – ai fini di che trattasi – l’anzianità di servizio, la professionalità, l’entità dei proventi, nulla prevedendosi quanto ad incarichi "infungibili per sede".

Tale "infungibilità", pur espressamente esclusa quanto alla fattispecie all’esame nella deliberazione 382/CP/96, conferirebbe ulteriore risalto alla contraddittorietà della determinazione con la quale, nel medesimo atto, è stata dichiarata l’inammissibilità dell’istanza presentata dall’odierno ricorrente.

Né sarebbero legittimamente evocabili pretese ragioni di "funzionalità" delle Amministrazioni regionali, ovvero dalla "perdurante pendenza di procedimenti giurisdizionali" aventi ad oggetto la limitazione del conferimento degli incarichi nella Regione Siciliana ai soli magistrati ivi in servizio;

3) Violazione della legge della Regione Siciliana 14 settembre 1979 n. 212.

L’epigrafata legge regionale non limita il conferimento degli incarichi nell’ambito dei Collegi dei revisori ai soli magistrati contabili con sede di servizio in ambito siciliano;

4) Violazione della legge 17 aprile 1988, n. 117 e del d. lgs. 3 febbraio 1993, n. 29.

Il nuovo sistema di garanzie del personale di magistratura contabile – di cui all’epigrafata legge 117/1988 ha abrogato ogni precedente disposizione (anche di rango regionale) con esso incompatibile: la "riserva" di conferimento degli incarichi in ragione della sede di servizio del magistrato si pone pertanto in contrasto con il sopra indicato corpo normativo;

5) Violazione degli artt. 3, 5, 16, 51, 100, 108, 116 e 120 della Costituzione.

L’art. 22 della legge regionale 212/1979 – laddove suscettibile di essere interpretata in senso difforme rispetto a quanto sopra illustrato – è costituzionalmente illegittima per contrasto con i canoni fondamentali indicati in epigrafe.

Esaurita l’illustrazione delle illegittimità rilevate a carico degli atti impugnati, il ricorrente ne domanda l’annullamento

2. L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio, domanda la reiezione dell’impugnativa, di cui illustra l’infondatezza.

3. Analoghe conclusioni sono rassegnate dai costituiti controinteressati dott.ri Carlino, Dagnino e Coppola, i quali, oltre a domandare la reiezione del gravame, perché infondato, eccepiscono l’incompetenza territoriale dell’adito Tar Lazio e la carenza di interesse a ricorrere del dr. R..

4. Costituitasi in giudizio quale interventore ad opponendum, l’Associazione Siciliana dei Magistrati della Corte dei Conti parimenti eccepisce l’incompetenza territoriale dell’adito Tar Lazio e la carenza di interesse a ricorrere del dr. R. e l’infondatezza del gravame.

5. Con ordinanza 31 marzo 2011, n. 2845, la Sezione ha disposto un incombente istruttorio a carico del Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti.

L’incombente è stato adempiuto come da deposito del 30 maggio 2011.

6. Parte ricorrente ha affidato a memorie lo sviluppo delle proprie tesi difensive.

7. Il ricorso è stato indi trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 9 novembre 2011.

8. Vanno, com’è d’uopo, prioritariamente affrontate le questioni di carattere pregiudiziale, nessuna delle quali, peraltro, si rivela idonea a paralizzare l’esame di merito del gravame.

9. Rammentato che, come sopra già rappresentato, sia i controinteressati resistenti sia l’Associazione Siciliana dei Magistrati della Corte dei Conti hanno spiegato questioni pregiudiziali, occorre ancora dare conto che il ricorrente, in replica, espone dubbi in ordine alla effettiva esistenza di un legittimo interesse ad intervenire in giudizio da parte dell’Associazione interveniente ad opponendum, la cui posizione, rileva il ricorrente, potrebbe non coincidere con quella di tutti i consociati

E’ bene affrontare immediatamente tale questione, ovvero chiarire innanzitutto se l’Associazione interveniente sia giudizialmente legittimata a contraddire nella qualità di interveniente alle tesi ricorsuali.

9.1. La risposta è positiva.

Invero, rammentato che, per pacifica giurisprudenza, nel giudizio amministrativo l’intervento volontario, sia esso adesivo o ad opponendum, può essere sorretto anche da un interesse di mero fatto, rileva il Collegio che l’obiezione mossa nell’eccezione si attaglia a questioni attinenti le associazioni a carattere nazionale.

Tale non è l’odierna interveniente.

Dalla denominazione dell’Associazione Siciliana dei Magistrati della Corte dei Conti, ed al di là degli scopi statutari che essa si prefigge (che, per vero, l’Associazione non si è neanche preoccupata di declinare), emerge, infatti, che trattasi di un organismo a carattere strettamente locale, costituito da magistrati contabili operanti nella regione ove si assume esistente a loro favore la "riserva" di conferimento di incarichi che viene contestata con il presente giudizio.

Onde non pare dubitabile che, così come il ricorrente ha interesse ad avversare la "riserva" in parola, la predetta Associazione è titolare di un interesse di fatto ad una pronuncia giurisdizionale favorevole alla categoria dei propri soci.

10. Passando all’esame dell’eccezione di incompetenza territoriale dell’adito Tar, il Collegio rileva che essa non può condurre ai fini sperati.

Ed invero, nel regime processuale antecedente al nuovo codice del processo amministrativo, di cui al d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, entrato in vigore il 16 settembre 2010, l’incompetenza territoriale del Tribunale Amministrativo Regionale adito dal ricorrente non poteva essere denunciata – come fanno le eccepenti – mediante una mera eccezione processuale, dedotta senza l’indicazione del diverso Tribunale ritenuto competente per territorio, senza la richiesta che sulla questione si pronunzi il Consiglio di Stato, e con memoria neppure notificata alla controparte (quanto ai controinteressati), essendo invece necessario, ai fini della delibazione inerente la competenza territoriale, l’instaurazione del procedimento di regolamento di competenza nelle forme e nei termini stabiliti dall’art. 31 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034.

Né può assumere valore la circostanza per cui detta controversia viene trattata nel vigore del nuovo regime processuale, in cui è delineato un diverso regime di competenza territoriale inderogabile, il cui difetto è rilevabile anche d’ufficio in primo grado.

Ed infatti, secondo l’insegnamento di C. Stato, Ad. Plen., 7 marzo 2011, n. 1, la nuova disciplina della competenza, ivi compresi i modi di rilevabilità di cui all’art. 15 del c.p.a., è applicabile, in forza di un generale principio di certezza giuridica e di affidamento legislativo (desumibile dall’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale) solo ai processi instaurati sotto la sua vigenza, e cioè a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, dovendosi intendere "instaurati" i ricorsi per i quali a tale data sia intervenuta la prima notifica alle controparti con cui si realizza la "proposizione del ricorso".

11. I controinteressati e l’Associazione Siciliana dei Magistrati della Corte dei Conti eccepiscono, ancora, l’inammissibilità del gravame per carenza di interesse, esponendo che il ricorrente, in relazione all’attribuzione di punteggio effettuata dalla competente Commissione consiliare della Corte dei Conti, avrebbe conseguito una collocazione nella graduatoria degli aspiranti comunque non utile ai fini del conferimento degli incarichi in precedenza indicati.

Sostengono, in altri termini, i resistenti che – impregiudicata la declaratoria di inammissibilità della domanda di partecipazione agli interpelli indetti dal Consiglio di Presidenza della magistratura contabile, pronunziata da quest’ultimo nei confronti del dott. R. in quanto non residente nella Regione Siciliana – l’utilità sostanziale della quale parte ricorrente assume di essere portatrice non sarebbe stata, comunque, conseguibile, in quanto l’interessato, in ragione della maggiore anzianità vantata da altri colleghi aspiranti al conferimento degli incarichi di che trattasi, non avrebbe in ogni caso potuto ottenere questi ultimi.

Tale circostanza è stata, in particolar modo, circostanziata precisandosi che, mentre il dott. R. occupava il 379° posto in ruolo, i dott.ri Carlino, Dagnino e Coppola si trovavano in esso collocati in posizione poziore (rispettivamente, al 238°, al 269° ed al 272° posto).

11.1. Per svolgere l’esame dell’eccezione in discorso la Sezione ha ritenuto necessario disporre un approfondimento istruttorio.

In particolare, con la già sopra citata ordinanza n. 2845 del 2011 la Sezione ha onerato il Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti al deposito in atti di giudizio delle evidenze documentali relative alla formazione, da parte della competente Commissione consiliare, della graduatoria degli aspiranti al conferimento degli incarichi precedentemente indicati.

Gli esiti dell’incombente sono stati depositati il 30 maggio 2011.

Dalla documentazione versata in atti dall’amministrazione e dalla connessa relazione illustrativa emerge che:

– per due delle procedure concorsuali sub iudice (Presidente del Collegio dei revisori dell’Azienda Siciliana Trasporti; Presidente del collegio dei revisori dell’Ente di sviluppo Agricolo) "anche ove il ricorrente cons. R. fosse stato ammesso alla procedura concorsuale, e anche ove avesse ricevuto il voto discrezionale di tutti i componenti del Consiglio, per un totale di 13,60 punti, non avrebbe comunque superato, per alcuno degli incarichi messi a concorso, la posizione ricoperta, sulla base del solo punteggio fisso, dal candidato risultato vincitore";

– per la ulteriore procedura (Presidente del Collegio dei revisori dell’Ente acquedotti siciliani), invece, "appare assai remota la possibilità che il cons. R. avrebbe avuto di conseguire il suddetto incarico con preferenza sugli altri candidati, in favore dei quali insisteva, comunque, un punteggio fisso più alto, in virtù della maggiore anzianità, nonché il possesso di specifici requisiti professionali, quali il diploma biennale universitario di perfezionamento in diritto regionale, posseduto dal cons. Coppola, risultato assegnatario dell’incarico in questione, requisito che avrebbe presumibilmente orientato la valutazione discrezionale del Consiglio in favore del candidato stesso".

11.2. Ad avviso del Collegio l’eccezione di carenza di interesse ad agire non può essere favorevolmente valutata.

Al riguardo, occorre tener conto, per un verso, che se è vero che l’interesse ad agire nel giudizio amministrativo, con le caratteristiche della concretezza e dell’attualità, deve consistere in un’utilità pratica che il ricorrente può ottenere con la pronuncia giurisdizionale, è altresì vero che tale utilità può non derivare immediatamente dal provvedimento richiesto, potendo consistere anche in una semplice utilità strumentale, consistente nella rimessione in discussione del rapporto controverso.

In altre parole, l’ interesse ad agire nel giudizio amministrativo sussiste non solo quando l’annullamento dell’atto lesivo è di per sè idoneo a realizzare l’ interesse diretto ed immediato del singolo, ma anche quando detto annullamento comporti per l’amministrazione l’obbligo di riesaminare la situazione e di adottare provvedimenti eventualmente idonei a garantire ad un determinato soggetto un risultato favorevole (tra tante, C. Stato, IV, 10 novembre 1999, n. 1671; V, 9 giugno 2008, n. 2878; IV, 22 marzo 2007, n. 1389; Tar Lombardia, Brescia, II, 19 novembre 2009, n. 2238; Tar Campania, Napoli, VII, 10 maggio 2007, n. 4910; Tar Calabria, Catanzaro, II, 3 ottobre 2006, n. 1095).

Per altro verso, va osservato che l’interesse sostanziale azionato dal ricorrente con il presente giudizio è quello di non vedersi escluso dalla partecipazione ad un novero di procedure concorsuali per il conferimento di incarichi in forza di determinazioni di cui assume l’illegittimità.

E allora, coniugando le sopra citate coordinate, ne consegue che, al di là delle concrete possibilità del ricorrente di ottenere alcuno degli incarichi in parola, sussiste, comunque, il suo interesse al riconoscimento giudiziale della sua legittimazione a partecipare alle relative procedure e ad essere valutato ed incluso nella relativa graduatoria.

Vieppiù, per la procedura volta al conferimento dell’incarico di Presidente del Collegio dei revisori dell’Ente acquedotti siciliani, alla luce degli elementi rappresentati dall’amministrazione, non può neanche escludersi con la necessaria certezza che il ricorrente non potesse ottenere una collocazione in graduatoria utile al conferimento dell’incarico, atteso che la contraria ipotesi esposta dall’amministrazione si basa su una previsione (come la competente Commissione del Consiglio di Presidenza della Corte dei Conti avrebbe esercitato la sua discrezionalità) la cui realizzazione è del tutto indimostrabile.

12. Esaurito l’esame delle questioni pregiudiziali, può quindi passarsi all’esame del merito del gravame.

13. Il ricorso è fondato.

Emerge dalla documentazione versata in atti dall’amministrazione in data 20 settembre 1997 (All.1, deliberazione del Consiglio di Presidenza 11 luglio 1997, relativa all’adunanza del 78 luglio 1997; All.5, Consiglio di Presidenza, Anno 1997, Sintesi della discussione e delle determinazioni assunte nell’adunanza del 1213 maggio 1997; All.6, verbale di adunanza del Consiglio di Presidenza, sedute del 1213 maggio 1997) che la "riserva" per cui è causa trae origine dalla Regione Sicilia, che ha richiesto la designazione di magistrati in servizio nei locali uffici della Corte dei Conti, cui conferire incarichi presso amministrazioni regionali, ai sensi della propria legge regionale 212/97.

Sempre dalla stessa documentazione emerge che in ordine alla legittimità di siffatta richiesta la Corte dei Conti non era scevra da dubbi.

Tant’è che lo stesso Consiglio di Presidenza rilevava, nell’adunanza del 78- luglio 1997, deliberazione 11 luglio 1997, che i criteri per le designazioni di magistrati contabili per il conferimento di incarichi (delibera n. 129/CP/96 e successive integrazioni) "non consentono di qualificare incarichi come "infungibili per sede".

Purtuttavia, la Corte dei Conti si è determinata ad aderire alla predetta richiesta "in attesa della definizione delle problematiche di carattere generale connesse al conferimento di incarichi regionali", e per ragioni di funzionalità delle amministrazioni interessate, "escludendo pertanto qualsiasi acquiescenza alle tesi limitative della propria competenza" (deliberazione 11 luglio 1997).

Non può pertanto non rilevarsi che lo stesso Istituto procedente era ben consapevole che la determinazione assunta non trovava alcun supporto giuridico nella normativa di riferimento della materia della Corte dei Conti.

Purtuttavia, l’Istituto ha ritenuto far prevalere, ai fini di cui si discute, le disposizioni della legge regionale Sicilia 212/97.

Ma tale normativa regionale non poteva allora né può oggi supportare legittimamente le decisioni avversate con il presente giudizio.

Infatti, all’atto dell’adozione delle impugnate determinazioni, lo stesso Consiglio di Presidenza rilevava che la "riserva" per cui è causa contrastava con l’impianto regolatorio della materia della designazione di magistrati contabili per incarichi presso amministrazioni.

All’attualità, poi, ogni questione è da ritenersi definitivamente superata per effetto della sentenza 3 giugno 1999, n. 224, della Corte Costituzionale.

Con la citata statuizione la Corte si è, infatti, pronunziata sia sull’art. 15 della legge della Regione Siciliana 14 settembre 1979, n. 212, recante "Norme riguardanti l’Ente di sviluppo agricolo (ESA), l’Istituto regionale della vite e del vino (IRVV), l’Azienda siciliana trasporti (AST), l’Istituto regionale per il credito alla cooperazione (IRCAC), la Cassa regionale per il credito alle imprese artigiane (CRIAS), e l’Ente acquedotti siciliani (EAS)", nella parte in cui prevede l’attribuzione degli incarichi di presidente del collegio dei revisori dei conti di alcuni enti regionali a magistrati della Corte dei conti, che dovrebbero essere scelti fra quelli in servizio in Sicilia, sia sull’art. 22 della stessa legge regionale, ai cui sensi "i dipendenti di amministrazioni o enti pubblici chiamati a far parte di organi collegiali di controllo di enti pubblici regionali debbono essere nominati, previa intesa con l’Amministrazione di competenza, tra il personale in servizio nel territorio della Regione".

In particolare, la Corte ha esaminato la legittimità costituzionale dell’opzione, prevista dalle predette disposizioni, che vincola a scegliere tra i magistrati della Corte dei conti in servizio nel territorio regionale i chiamati a far parte degli organi di controllo degli enti di cui trattasi.

Tralasciando, ma solo per economia espositiva, altri interessanti passaggi fondanti del ragionamento seguito dal Giudice delle leggi, non direttamente incidenti sulla questione qui controversa – la Corte Costituzionale:

– ha ritenuto che la delimitazione territoriale di cui trattasi, per il contesto normativo in cui si colloca, e per le caratteristiche degli incarichi in questione, contrasta con le esigenze di salvaguardia dell’indipendenza e dell’imparzialità dei magistrati contabili (espresse fondamentalmente nell’art. 100, terzo comma, e nell’art. 108, secondo comma, della Costituzione), le quali governano anche la materia degli incarichi extraistituzionali, e sono affidate, per la loro cura in concreto, alle determinazioni del Consiglio di Presidenza della Corte dei conti;

– ha osservato che le sezioni regionali siciliane della Corte dei Conti svolgono, in posizione di indipendenza, nei confronti dell’amministrazione regionale, comprensiva degli enti pubblici dipendenti dalla Regione, e degli amministratori e dei funzionari che operano presso di essa, tutte le funzioni di controllo e giurisdizionali proprie della Corte stessa: ivi comprese le funzioni di riscontro a posteriori sulla gestione delle pubbliche amministrazioni, disciplinate dall’art. 3, commi 4, 5, 6 e 7, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, nel cui ambito, fra l’altro, la Corte verifica il perseguimento degli obiettivi stabiliti dalle leggi regionali (comma 5), riferisce all’assemblea regionale sull’esito del controllo eseguito, anche con valutazioni sul funzionamento dei controlli interni, e formula alle amministrazioni interessate le proprie osservazioni (commi 6 e 7);

– ha rilevato che i collegi dei revisori dei conti degli enti regionali in questione svolgono le funzioni tipiche del controllo interno, essendo dunque a loro volta soggetti alle valutazioni "esterne" della Corte dei conti;

– ha concluso, per quanto sopra, che "è palese il rischio di un intreccio fra i due ordini di funzioni, suscettibile di tradursi in una menomazione dell’indipendenza e dell’imparzialità dei magistrati delle sezioni regionali della Corte, a causa della necessaria presenza istituzionale di magistrati, appartenenti alle stesse sezioni, nell’ambito, e addirittura alla presidenza, degli organi degli enti regionali";

– ha precisato che, a ben vedere, la previsione dell’affidamento di siffatti incarichi ai soli magistrati delle sezioni siciliane della Corte, contenuta nelle disposizioni impugnate, non ha il senso e la portata di una semplice scelta di opportunità per ragioni organizzative, ma esprime una linea di coinvolgimento istituzionale di dette sezioni, attraverso i magistrati ad esse addetti, in un’attività di controllo interno nell’ambito di amministrazioni regionali, a loro volta poi soggette ai poteri istituzionali di controllo esercitati dalle stesse sezioni. Non è un caso, infatti, secondo il Giudice delle leggi, che non si tratti di una scelta isolata ed occasionale, ma corrisponda ad una linea di politica istituzionale applicata sistematicamente nella disciplina dell’organizzazione degli enti regionali in Sicilia: la disposizione, impugnata, dell’art. 5 della legge regionale n. 25 del 1976 si riferisce ad una categoria di enti (i centri interaziendali per l’addestramento professionale nell’industria); la disposizione, pure impugnata, dell’art.15, primo comma, della legge regionale n. 212 del 1979 si riferisce a quattro enti regionali; nello stesso senso dispone, per altri due enti regionali, il terzo comma dello stesso art. 15; identica previsione si trova, a proposito di altri enti, in altre leggi regionali (cfr. ad esempio art. 6, primo comma, della legge regionale 21 dicembre 1973, n. 50, a proposito dei collegi dei revisori di tre enti);

– ha osservato che siffatta linea, ancorchè possa corrispondere all’intento del legislatore regionale, di per sé lodevole, di imprimere caratteri di serietà e di "neutralità" al controllo interno agli enti, attraverso la presenza della professionalità tipica dei magistrati contabili, non elimina la "contaminazione" fra controlli interni ed esterni, che si può realizzare attraverso la sistematica attribuzione di incarichi di controllo interno, conferiti e remunerati dalla Regione o da enti regionali, a molti degli stessi magistrati che, per i compiti di istituto, operano, nel medesimo ambito territoriale, nell’organo di controllo esterno. La limitazione territoriale, in questo caso, si traduce in un ostacolo all’esercizio dei compiti di salvaguardia dell’indipendenza e dell’imparzialità dei magistrati, affidati al Consiglio di Presidenza, cui spetta, proprio a questi fini, deliberare sugli incarichi, e che non potrebbe impedire, non tanto in singole occasioni (per le quali esso potrebbe sempre esercitare la sua potestà di rifiutare in concreto la designazione), ma sistematicamente, che si crei l’accennato rischio di intreccio, pericoloso per l’indipendenza della Corte e dei suoi magistrati.

Conclusivamente, la Corte Costituzionale ha ritenuto la illegittimità costituzionale, per contrasto con gli articoli 100, terzo comma, e 108, secondo comma, della Costituzione, delle disposizioni denunciate, nella parte in cui limitano ai magistrati in servizio presso le sezioni regionali siciliane la scelta dei magistrati contabili cui possono essere conferiti gli incarichi in questione.

La dichiarazione di illegittimità ha riguardato, in particolare, l’art. 5, primo comma, lettera a, della legge regionale n. 25 del 1976, nella parte in cui enuncia detta limitazione; l’art. 22 della legge regionale n. 212 del 1979 nella parte in cui prevede che anche i magistrati della Corte dei conti, chiamati a far parte di organi collegiali di controllo di enti pubblici regionali, debbono essere nominati tra il personale in servizio nel territorio della Regione.

14. Meritano, pertanto, condivisione le censure ricorsuali con le quali è stata denunziata la contrarietà alle norme della Corte dei Conti regolanti la materia della determinazione del Consiglio di Presidenza di riservare, ai sensi della l.r. 212/1979, la procedura concorsuale di designazione dei magistrati contabili per il conferimento degli incarichi per cui è causa ai magistrati in servizio in Sicilia e, conseguentemente, di pervenire alle relative designazioni sulla base del predetto criterio, dichiarando, al contempo, inammissibili le istanze di partecipazione alle procedure concorsuali de quibus presentate dal ricorrente, magistrato contabile non in servizio in Sicilia.

Né può soccorrere a rimedio della predetta illegittimità la pur commendevole esigenza, palesata dalla Corte dei Conti, secondo quanto sopra riferito, di tener conto di ragioni di funzionalità delle amministrazioni regionali interessate dalle designazioni.

Infatti, nessun elemento degli atti di causa consente di ritenere che a carico delle stesse, qualora la Corte dei Conti si fosse attenuta esclusivamente alla propria normativa di riferimento in relazione alla designazione dei magistrati cui affidare gli incarichi di cui trattasi, sarebbe derivata una paralisi di attività.

15. Conseguentemente, in accoglimento delle predette censure, di natura assorbente, va accolta la domanda demolitoria avanzata in gravame.

Per l’effetto, deve essere disposto l’annullamento delle gravate determinazioni, che riservano il conferimento degli incarichi di cui trattasi ai magistrati della Corte dei Conti in servizio nella Regione Siciliana, e pervengono alle relative designazioni sulla base del predetto criterio.

16. Tenuto conto della summenzionata sentenza 3 giugno 1999, n., 224, della Corte Costituzionale, sopravvenuta nelle more del presente giudizio, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 22 della legge della Regione Siciliana 14 settembre 1979, n. 212, recante "Norme riguardanti l’Ente di sviluppo agricolo (ESA), l’Istituto regionale della vite e del vino (IRVV), l’Azienda siciliana trasporti (AST), l’Istituto regionale per il credito alla cooperazione (IRCAC), la Cassa regionale per il credito alle imprese artigiane (CRIAS), e l’Ente acquedotti siciliani (EAS)", nella parte in cui prevede che anche i magistrati della Corte dei conti chiamati a far parte di organi collegiali di controllo di enti pubblici regionali debbono essere nominati tra quelli in servizio nel territorio della Regione, non vi è luogo a statuire sulla questione di costituzionalità dello stesso art. 22 della legge regionale 212/ 79, pure sollevata nell’ambito del gravame.

17. Resta ancora da rilevare che il ricorrente ha formulato domanda di risarcimento del danno, ma nell’ambito di due memorie difensive (10 ottobre e 12 marzo 2011), neppure notificate alle parti resistenti.

La stessa, pertanto, si profila inammissibile.

18. Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione, disponendo, per l’effetto, l’annullamento degli atti impugnati.

Compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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