Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 26-10-2011) 22-11-2011, n. 42990

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 9 aprile 2010, il Tribunale di Reggio Calabria, sezione per il riesame, in parziale riforma del provvedimento del GIP del Tribunale di Palmi impugnato da F.F., con il quale nei suoi confronti era stata disposta la misura cautelare della custodia in carcere perchè gravemente indiziato di concorso nei delitti di rapina aggravata ai danni di S.L. e N.A. nonchè di detenzione e porto in luogo pubblico di arma comune da sparo fatti commessi il (OMISSIS), sostituiva la detta misura con quella dell’obbligo di presentazione quotidiana presso la Stazione Carabinieri del luogo di residenza e per l’effetto disponeva l’immediata liberazione dell’indagato, se non detenuto per altra causa.

Il Tribunale, rammentato che le indagini, archiviate il 12.11.2007 in assenza di risultati utili alla identificazione dei rapinatori, erano state riaperte perchè gli accertamenti dattiloscopici sull’impronta della mano sinistra, rilevata sul portellone posteriore del furgone a bordo del quale viaggiavano le persone offese, avevano portato all’identificazione del F., osservava che sotto il profilo della gravità indiziaria l’ordinanza genetica meritava conferma;

diversamente in ordine alle esigenze cautelari, il decorso del tempo consentiva di ritenere misura idonea quella dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso il Pubblico Ministero, che ne ha chiesto l’annullamento per manifesta illogicità della motivazione per avere il Tribunale ritenuto che il decorrere del tempo abbia automaticamente escluso l’attualità e concretezza delle condizioni di cui all’art. 274 c.p.p., comma 1, lett. C).

Ed invero l’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. C) non introduce un automatismo in forza del quale il semplice decorrere del tempo determini il venir meno del potere-dovere di applicare misura cautelare ma si limita ad imporre un’ adeguata motivazione. A tanto aveva provveduto il GIP che aveva giustificato il convincimento di concreto ed attuale pericolo di reiterazione in ragione non solo della gravità dei fatti ma anche della condotta serbata nel periodo intercorso fra la consumazione della rapina e il momento di emissione della misura cautelare, secondo quanto risultante sia dal certificato penale sia da quello dei carichi pendenti.

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Ed invero "in tema di misure cautelari, il riferimento in ordine al "tempo trascorso dalla commissione del reato" di cui all’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. c), impone al giudice di motivare sotto il profilo della valutazione della pericolosità del soggetto in proporzione diretta al tempo intercorrente tra tale momento e la decisione sulla misura cautelare, giacchè ad una maggiore distanza temporale dai fatti corrisponde un affievolimento delle esigenze cautelari. (Cass. SU 24.9-20.10.2009 n. 40538).

L’ordinanza genetica aveva adempiuto a tale onere motivazionale, con indicazione specifiche delle ragioni per le quali, nonostante il considerevole lasso temporale decorso dalla commissione dei reati (circa cinque anni), doveva ritenersi perdurante e concreto il pericolo di reiterazione in ragione della condotta serbata non solo anteriormente (per come risultante dal certificato penale) ma anche successivamente ai fatti per i quali è procedimento (per come risultante dai carichi pendenti).

In tal modo si era data corretta attuazione ai canoni ermeneutici, che il collegio condivide, secondo cui, in tema di ordinanza dispositiva di misura cautelare personale, il dato del tempo trascorso rappresenta esclusivamente uno dei parametri a cui il giudice deve ispirarsi nella formazione del convincimento in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari. Ne deriva che, perchè possa ritenersi soddisfatto l’obbligo di motivazione sul punto, è sufficiente che dal testo del provvedimento possa evincersi la minusvalenza attribuita al dato temporale rispetto agli altri elementi che controbilanciano l’eventuale notevole decorso del tempo.

(Cass. Sez. 1, 6.11.1997-28.1.1998 n. 6237).

Ed invero il riferimento al decorso del tempo, introdotto nel testo dell’art. 292 c.p.p., comma 2, lett. c), dalla L. 8 agosto 1995, n. 332, art. 1, non ha valenza semantica autonoma ed indipendente dalla disposizione nella quale è inserito, ma ne specifica il contenuto con riferimento alla dimensione indiziaria degli elementi acquisiti ed alla configurazione delle esigenze cautelari (cfr. Cass. Sez. 1, 17.12.2009-28.1.2010 n. 3634). Il Tribunale, per giustificare il diverso convincimento, ha trascurato ogni valutazione sulla condotta serbata medio tempore dall’indagato; in particolare non ha tenuto conto dell’elemento specificamente valorizzato dal GIP, costituito dai dati desunti dal certificato dei carichi pendenti, dimostrativi del "perdurante collegamento dell’imputato (recte: indagato, n.d.e.) con l’ambiente criminale in cui il delitto è maturato".

L’ordinanza impugnata deve in conseguenza essere annullata, con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria, che, nella piena libertà di valutazione propria del giudice di merito, proceda a nuovo esame, attenendosi ai principi di diritto enunciati e colmando il vuoto motivazionale evidenziato.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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