Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 26-10-2011) 22-11-2011, n. 42988

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.- Con la sentenza in epigrafe il GUP presso il Tribunale di Firenze ha dichiarato il non luogo a procedere nei confronti di B. G. e O.F. per i reati di sostituzione di persona, abuso di ufficio e truffa per avere indebitamente utilizzato un permesso per invalidi con abbinato telepass rilasciato in favore di D.S.C. esponendoli sui veicoli nella loro disponibilità, e per avere presentato ricorso contro una contestazione al codice della strada a carico di tale veicolo sostenendo falsamente di essere legittimati alla circolazione secondo il permesso in oggetto, traendo in inganno i funzionari prefettizi e comunali che procedevano all’annullamento delle multe.

Avverso detta pronunzia ricorre la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Firenze, lamentando la mancanza, la contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata nonchè violazione di legge in ordine alla non riscontrata sussistenza dei delitti di sostituzione di persona e truffa.

2. – Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.

Questa Corte ha già espresso la sua giurisprudenza sulla fattispecie in esame, escludendo che la condotta di uso indebito ed abusivo da parte di terzi della autorizzazione alla circolazione rilasciata a persona invalida possa determinare a carico del soggetto che indebitamente e anche illegalmente si avvale della autorizzazione medesima per fruire dei vantaggi connessi non integra, per evidente carenza degli elementi di fattispecie, nè il reato di sostituzione di persona nè il reato di truffa (cfr., recentemente, Cass. sez. 2, 8 giugno 2010, n. 35004; Cass. sez. 2, 24.3.2011, n. 24454). In particolare, deve osservarsi quanto segue.

Tanto l’art. 188 C.d.S., che l’art. 381 del relativo regolamento, fanno infatti espresso ed esclusivo riferimento, nel presupposto della prova di una sensibile riduzione della capacità di deambulazione dell’interessato, all’esigenza di consentire e agevolare la "mobilità" delle persone invalide.

E, come ricorda il requirente, la Corte Costituzionale, occupandosi dell’art. 188 C.d.S., ha avuto modo di affermare che la norma deve essere interpretata nel senso che le agevolazioni nella circolazione stradale siano limitate a quei veicoli che effettivamente trasportano la persona disabile e sono, quindi, in tal modo al servizio della stessa, anche quando si tratti di veicoli addetti al trasporto di cortesia dell’invalido (Cort. Cost. 328/2000). La pronuncia del giudice delle leggi e la retta interpretazione della normativa nel senso indicato dal requirente, non consentono però ugualmente di ravvisare gli estremi dei reati in contestazione.

Ed invero, per quel che riguarda l’ipotesi della sostituzione di persona, basti considerare che la condotta di reato non potrebbe essere integrata dalla semplice esibizione, sul parabrezza di un’autovettura, del contrassegno invalidi, perchè essa non implica una "dichiarazione" di attestazione della presenza del titolare del permesso a bordo dell’autovettura medesima, come presupposto dell’auto attribuzione della qualità di "accompagnatore" da parte del conducente.

Quanto al reato di truffa, varrebbe già la considerazione della specifica natura degli interessi patrimoniali coinvolti nella vicenda, e delle particolari modalità della condotta presuntivamente truffaldina, potendosi richiamare, al riguardo, l’ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte a proposito dell’analoga fattispecie dell’esposizione sul parabrezza di un’autovettura, di un contrassegno assicurativo materialmente falsificato (cfr. Corte di Cassazione Nr 23941 del 30/04/2009 Albani).

Anche nel caso in esame, infatti, manca, come requisito implicito della fattispecie tipica del reato di truffa, l’atto di disposizione patrimoniale che costituisce l’elemento intermedio derivante dall’errore ed è causa dell’ingiusto profitto con altrui danno. Ciò perchè, pur ammettendosi la configurabilità di un atto dispositivo di carattere omissivo, l’atto di disposizione patrimoniale non potrebbe essere ravvisabile nel fatto che gli organi comunali di controllo, indotti in errore, non abbiano contestato le infrazioni amministrative, nè nel fatto che l’ente comunale abbia subito l’inadempienza dell’agente. Il reato non sarebbe infatti comunque ipotizzatale, perchè manca in casi del genere la necessaria cooperazione della vittima. Inoltre, non ricorrerebbe la necessaria sequenza "artificio-induzione in errore – profitto", perchè, al contrario, il profitto della condotta contestata agli imputati sarebbe realizzato immediatamente, grazie all’elusione dei controlli, e al conseguente, mancato versamento delle somme che sarebbero state dovute in conseguenza delle violazioni amministrative, o per la sosta del veicolo all’interno di zone a traffico limitato.

Peraltro, tra i contravventori e la pubblica amministrazione non sussisteva, prima delle violazioni amministrative che costituirebbero il sostrato economico della truffa, alcun rapporto di "debito", tributario o di altra natura; sicchè il comportamento fraudolento in nessun modo poteva correlarsi ad un "danno" dell’ente territoriale interessato, neppure dilatando al massimo la nozione di atto di disposizione di carattere omissivo. Se il profitto conseguito dagli imputati, infatti, era quello derivante dalla circolazione "abusiva" dell’autovettura al servizio dell’invalido, esso era un fatto del tutto neutro agli effetti di un ipotetico danno del comune di Firenze, proprio perchè quella condotta non era destinata a spostare "risorse" economiche dal soggetto in ipotesi "truffato" all’autore di tale condotta. Simili principi, d’altra parte, ha applicato la giurisprudenza di questa Corte, anche quando ha affermato che non integra il delitto di tentata truffa la condotta costituita dalla produzione di falsa documentazione a sostegno di un ricorso al prefetto avverso l’ordinanza-ingiunzione di pagamento di una sanzione amministrativa per violazione delle norme sulla circolazione stradale.

Nel caso di specie, poi, occorre considerare che la condotta contestata agli imputati è oggetto di una specifica previsione normativa, che riconduce "senza residui" il fatto nell’ambito di un mero illecito amministrativo. Nel quarto e nell’art. 188 C.d.S., comma 5, sono infatti contemplate tutte le possibili ipotesi di abuso delle strutture stradali riservate agli invalidi, dalla loro utilizzazione in assenza di autorizzazione, o fuori delle condizioni e dei limiti dell’autorizzazione, all’uso improprio dell’autorizzazione.

Soprattutto il confronto tra "l’eccesso d’uso" e "l’uso improprio" dell’autorizzazione, è illuminante della volontà del legislatore di "coprire" con la norma speciale anche i casi di chi utilizzi indebitamente un permesso invalidi altrui, consentendo anche in questo caso l’operatività del principio di specialità di cui alla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 9, applicabile quando il medesimo fatto sia punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa (cfr., ad es., in tema di inottemperanza del conducente di un veicolo all’invito a fermarsi da parte di un ufficiale di polizia municipale Corte di Cassazione 17/09/2008 Beninati, che ha ritenuto ravvisabile in questo caso, l’illecito amministrativo previsto dall’art. 192 C.d.S., comma 1, e non il reato di inosservanza dei provvedimenti dell’autorità previsto dall’art. 650 c.p.).

3. – Ne consegue il rigetto del ricorso.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Seconda Penale, rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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