Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 26-10-2011) 22-11-2011, n. 42985

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 28 aprile 2011, il Tribunale di Terni rigettava l’istanza di riesame proposta dal difensore di G.R. con conseguente conferma del provvedimento del GIP in sede con il quale era stato convalidato il sequestro preventivo per equivalente di beni mobili ed immobili dell’indagato.

Il Tribunale osservava che il decreto di convalida, seppur succintamente, era motivato e che doveva tenersi conto anche degli elementi ulteriori apportati dal PM in sede di discussione; che sussisteva il fumus dei reati contestati ai capi B e C; che, seppure il delitto di appropriazione indebita aggravata (capo C) non consentiva il sequestro per equivalente, nei fatti potrebbe ravvisarsi (dopo la dichiarazione di fallimento o equivalente) il più grave delitto di bancarotta fraudolenta; che comunque sussisteva il fumus del delitto di cui all’art. 640 bis c.p. (capo B) per essere stata la sussistenza delle crisi aziendale gonfiata artatamente con le operazioni di cui alle imputazioni; che sussisteva l’equivalenza dei valori dei beni (per gli immobili dovendo tenersi conto della rendita catastale) con l’entità del profitto, per come quantificato nel capo d’imputazione; che, relativamente all’entità del profitto per il delitto sub C, il PM in udienza lo aveva nuovamente quantificato; che non occorreva la dimostrazione della sussistenza del vincolo di pertinenzialità, trattandosi di sequestro per equivalente. Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso l’indagato, a mezzo del difensore, che ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi :

– inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 322 ter e 640 bis c.p. nonchè mancanza contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, posto che il decreto di sequestro ha specificato che la misura è adottata esclusivamente con riferimento al delitto di appropriazione indebita di cui al capo C, con conseguente illegittimità del sequestro preventivo, non sanabile dal Tribunale in sede di riesame al quale non può essere attribuito il potere di emettere un nuovo provvedimento di sequestro, tanto più che il profitto della truffa (individuato nella indebita erogazione della CIG quantificata in Euro 831.921,79), importo che, stante il carattere sanzionatolo del sequestro per equivalente, non può essere ampliato sulla base dei criteri enunciati dal tribunale;

– inosservanza ed erronea applicazione della legge penale in relazione all’art. 321 c.p.p. perchè, anche ad accettare l’ipotesi del più grave delitto avanzata dal Tribunale, per il reato di bancarotta fraudolenta non è comunque consentito il sequestro per equivalente. L’appartenenza dei beni caduti in sequestro ad un terzo estraneo comportava comunque l’onere di dimostrazione di collegamento tra gli stessi e le attività criminose dell’indagato;

– vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del fumus delicti e del periculum in mora per mancanza assoluta della stessa (sotto il profilo della sua inconsistenza) in relazione alle deduzioni difensive in ordine al delitto di truffa aggravata, tenuto conto della rigorosa disciplina che regola la C.I.G..

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso è fondato.

L’ordinanza genetica, riproduttiva della motivazione posta a fondamento della richiesta del P.M., ha spiegato che il sequestro veniva disposto solo in relazione al delitto di appropriazione indebita (il cui importo in Euro non veniva neppure indicato), sul presupposto che i beni sottoposti a vincolo potessero costituire immobilizzazione di somme illecitamente acquisite ovvero perchè gli stessi beni potevano essere utilizzati ai fini del recupero di valori equivalenti alle somme illecitamente acquisite.

Il Tribunale non poteva confermare il provvedimento di convalida attraverso l’individuazione di un nuovo "titolo", al rilievo che fra i delitti riportati nel capo di incolpazione provvisorio figurava anche quello di truffa aggravata di cui all’art. 640 bis c.p. (argomenta dalle sentenze di seguito riportate), posto che la richiesta dell’accusa era limitata al profitto conseguito dal delitto di appropriazione indebita.

Spetta invero solo al pubblico ministero l’individuazione dei fatti specifici in ordine ai quali condurre le indagini preliminari ed emettere i provvedimenti ritenuti utili, per cui ogni intervento, sul punto, da parte del tribunale del riesame non potrebbe che essere considerato esorbitante dalle competenze proprie di detto organo (cfr. Cass. Sez. 1, 22.4-18.6.1997 n. 2925; argomenta anche da Cass. Sez. 1, 3-22.06.2010 n. 23908).

Ne consegue che in relazione al delitto di appropriazione indebita il sequestro per equivalente non poteva essere disposto, in assenza di previsione normativa che lo consenta.

In ogni caso il Tribunale, avendo collegato il sequestro per equivalente al delitto di truffa, avrebbe dovuto verificare il presupposto della proporzionalità ex novo (essendo irrilevante i nuovi elementi addotti dal PM in udienza perchè modificativi dell’importo del profitto in relazione al delitto di appropriazione indebita). Ed invero "il sequestro preventivo, funzionale alla confisca "per equivalente", disposto nei confronti della persona sottoposta ad indagini per il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, non può avere ad oggetto beni per un valore eccedente il profitto del reato, sicchè si impone la valutazione relativa all’equivalenza tra il valore dei beni e l’entità del profitto sì come in sede di confisca. (Cass. Sez. 5, 9.10.2009-18.01.2010 n. 2101).

2. Anche il secondo motivo di ricorso è fondato. La qualificazione giuridica di bancarotta fraudolenta è solo ipotizzata e comunque, come rilevato dal ricorrente, anche tale delitto non consente il sequestro per equivalente.

Le deduzioni che attengono alla titolarità da parte di terzi estranei di alcuni degli immobili caduti sotto sequestro sono invece inammissibili per carenza di interesse.

3. Il terzo motivo di ricorso resta assorbito, posto che la richiesta del pubblico ministero è limitata al profitto del delitto di appropriazione indebita, per il quale è comunque consentito il sequestro preventivo, purchè risulti accertato che i beni in sequestro siano "immobilizzazione" delle somme in tesi accusatoria provento di tale delitto.

Va invero confermato il principio di diritto secondo il quale "il tribunale del riesame ha il potere di integrare la carente motivazione del provvedimento applicativo della misura cautelare anche per mezzo di elementi sfavorevoli sopravvenuti, che il pubblico ministero abbia addotto successivamente nel corso dell’udienza" (Cass. Sez. 3, 25.6-15.7.2010 n. 27592) 4. L’ordinanza deve in conseguenza essere annullata, con rinvio al Tribunale di Terni, il quale, nella piena libertà di valutazione propria del giudice di merito, dovrà procedere a nuovo esame, attenendosi ai principi di diritto enunciati.

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Terni per nuovo esame.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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