T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 27-12-2011, n. 10209

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 4 marzo 2009, con delibera adottata a maggioranza, ha dichiarato la dott.ssa F.M., magistrato di cassazione attualmente in servizio presso il Tribunale di Viterbo, con funzione di giudice, non idonea, a decorrere dal 30 giugno 2007, ad essere ulteriormente valutata ai fini della nomina alle funzioni direttive superiori e del contestuale conferimento di un ufficio corrispondente a tali funzioni, ai sensi della l. 831/1973, e di non riconoscere alla stessa, ad ogni effetto giuridico ed economico, il positivo conseguimento della settima valutazione di professionalità a far data dal 30 giugno 2007.

Di talché, la dott.ssa M. ha proposto il presente ricorso, articolato nei seguenti motivi:

Violazione e falsa applicazione l. 241/1990. Violazione e falsa applicazione l. 831/1973. Eccesso di potere per illogicità, difetto di motivazione, contraddittorietà, irragionevolezza, disparità di trattamento, errata valutazione dei presupposti, travisamento, carenza di istruttoria. Sintomi di sviamento di potere.

La ricorrente sarebbe in possesso di tutti i requisiti per essere valutata idonea dal CSM allo svolgimento di funzioni direttive superiori in quanto: è magistrato di cassazione dal 30 giugno 1999; ha sempre dimostrato i requisiti richiesti in termini di professionalità, laboriosità e diligenza, come dimostrano i relativi pareri; è stata valutata in possesso di tutti i requisiti richiesti anche nell’ambito della procedura per il conseguimento dell’idoneità allo svolgimento di funzioni direttive superiori.

Il CSM, pur in presenza di un parere positivo alla progressione espresso globalmente dal Consiglio Giudiziario di Roma in data 26 marzo 2008 nonché dal dirigente dell’Ufficio Giudiziario ove la ricorrente presta servizio in data 24 luglio 2007, avrebbe ritenuto la dott.ssa M. non idonea sulla base della presunta mancanza di un solo requisito, quello della capacità tecnicoprofessionale.

La motivazione in ordine alla professionalità della ricorrente si paleserebbe contraddittoria ed insufficiente in quanto prima si affermerebbe la laboriosità e la diligenza della dott.ssa M. e poi le sarebbe negata una adeguata professionalità sulla base della valutazione di sole 4 sentenze la cui parte motiva era redatta contestualmente al dispositivo; l’amministrazione avrebbe preso in considerazione esclusivamente sentenze "minori" e con motivazione contestuale, insuscettibili di fondare un adeguato giudizio sulla professionalità di un magistrato.

Né il giudizio di non idoneità potrebbe dipendere dal fatto che la ricorrente è stata sottoposta a due procedimenti disciplinari e ad uno penale in quanto è stata assolta da ogni addebito disciplinare perché i fatti non costituivano un illecito disciplinare ed è stata esonerata da qualsiasi responsabilità penale perché il fatto non sussiste.

L’autorelazione non sarebbe stata presa in adeguata considerazione dall’organo di autogoverno.

L’interessata avrebbe diretto, per vari periodi, l’ufficio centrale III dell’Ispettorato Centrale del DAP presso il Ministero della Giustizia durante le assenze del titolare ottenendo sempre giudizi lusinghieri.

La ricorrente, con motivi aggiunti, ha dedotto l’illegittimità derivata, per tutti i motivi proposti nel ricorso introduttivo del giudizio, del D.M. del Ministro della Giustizia del 31 marzo 2009 che, recependo il contenuto della delibera del CSM, ha dichiarato la ricorrente non idonea a decorrere dal 30 giugno 2007 ad essere ulteriormente valutata ai fini della nomina alle funzioni direttive superiori e di non riconoscere alla stessa, ad ogni effetto giuridico ed economico, il positivo conseguimento della settima valutazione di professionalità di cui alla l. 831/1973.

L’Avvocatura Generale dello Stato ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.

La ricorrente ha prodotto altre memorie a sostegno delle proprie ragioni.

All’udienza pubblica del 23 novembre 2011, la causa è stata trattenuta per la decisione.

2. Il ricorso è infondato e va di conseguenza respinto.

Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 4 marzo 2009, con delibera adottata a maggioranza, ha dichiarato la dott.ssa F.M., magistrato di cassazione attualmente in servizio presso il Tribunale di Viterbo, con funzione di giudice, non idonea, a decorrere dal 30 giugno 2007, ad essere ulteriormente valutata ai fini della nomina alle funzioni direttive superiori e del contestuale conferimento di un ufficio corrispondente a tali funzioni, ai sensi della l. 831/1973, e di non riconoscere alla stessa, ad ogni effetto giuridico ed economico, il positivo conseguimento della settima valutazione di professionalità a far data dal 30 giugno 2007.

Nell’ambito della cospicua motivazione sottesa alla determinazione adottata, il CSM ha fatto presente come "deve anzitutto evidenziarsi che il lavoro svolto dal magistrato nel periodo in esame non raggiunge un sufficiente livello qualitativo". Tale motivazione, soggiunge il CSM, emerge anche dalla motivazione del parere del Consiglio giudiziario di Roma, a maggioranza favorevole alla progressione, che esprime un giudizio di "sufficienza" in relazione al profilo professionale "complessivamente considerato" e solo all’esito di un bilanciamento tra gli elementi positivi e quelli giudicati "negativi". In specie, con riferimento ai parametri della preparazione e capacità, il parere riferisce che "i provvedimenti acquisiti d’ufficio risultano non pienamente in linea con tali informazioni; essi appaiono talvolta di fattura modesta, sia sotto il profilo formale che sotto il profilo sostanziale". La rilevanza di tale dato, sottolinea l’organo di autogoverno, "è indubbia se si considera che la dott.ssa M. – in tutto il periodo in valutazione – ha svolto le funzioni di Gip e di giudice monocratico e la sua capacità professionale, pertanto, deve essere valutata anzitutto attraverso l’analisi dei suoi provvedimenti giudiziari e, più specificamente, attraverso l’esame della sua attitudine ad esporre, mediante una compiuta esplicitazione delle ragioni individuate a fondamento dell’attendibilità o della inattendibilità delle fonti di prova acquisite agli atti del giudizio, il percorso logicogiuridico che l’ha guidata di volta in volta nel ricostruire i fatti processualmente rilevanti".

L’esame dei provvedimenti in atti, rileva il CSM, conferma le riserve espresse dal Consiglio giudiziario.

Infatti, "pur se relative a fattispecie penali di scarso allarme sociale o a casi di particolare evidenza probatoria, non poche sentenze sono caratterizzate da un insufficiente impegno nel dar conto – sia pure sinteticamente – degli elementi di fatto acquisiti, da un apprezzamento scarsamente rigoroso delle prove e del tutto acritico rispetto a quelle fonti di acquisizioni probatorie che impongono un giudizio di attendibilità, sicché – nel complesso – tali provvedimenti si caratterizzano per modalità argomentative sommarie e superficiali".

A tal fine, il CSM ha fatto riferimento alle sentenze n. 333/2006, relativa alla realizzazione senza permesso di costruire di un manufatto in zona sottoposta a vincolo ambientale, n. 168/2003, relativa ad una imputazione per furto e tentato furto aggravato, n. 334/2006, relativa alla ricettazione di un assegno denunciato smarrito, n. 363/2006, relativa alla detenzione per la vendita e alla ricettazione di CD musicali, cassette di film e CD Rom per la play station privi del timbro SIAE, n. 568/2002, relativa all’omesso versamento di contributi previdenziali e assistenziali e all’appropriazione indebita di somme trattenute sui compensi dei lavoratori.

La motivazione della delibera ha dato conto che "una volta accertata l’inadeguatezza della capacità professionale della dott.ssa M. desumibile dai provvedimenti giudiziari, deve escludersi che questo profilo negativo possa essere bilanciato da una valutazione positiva in ordine ai parametri della laboriosità e della diligenza" ed ha specificato che "la dichiarazione di idoneità alle funzioni direttive superiori che… abilita a dirigere uffici giudiziari apicali o comunque di grande importanza e delicatezza, presuppone un patrimonio professionale di livello particolarmente elevato con riferimento a tutti i parametri che concorrono a definirlo".

Il CSM ha ancora ricordato che, nel periodo in valutazione, "ricade il precedente disciplinare relativo a gravi e reiterati ritardi nel deposito dei provvedimenti, che il parere del Consiglio giudiziario segnala come "elementi negativì nel giudizio sui parametri della laboriosità e diligenza. Tali ritardi, pur se ritenuti non disciplinarmente censurabili, assumono rilevanza in questa sede dovendosi escludere che la minore accuratezza nella stesura delle motivazioni possa attribuirsi ad una preponderante attenzione del magistrato, nel lavoro svolto, al dato quantitativo", non mancando peraltro di precisare "è pur vero che il fascicolo personale e i provvedimenti della sezione disciplinare in atti danno conto di una situazione personale della dott.ssa M. non priva di difficoltà, derivanti dalla necessità di dedicarsi con particolare cura alla sofferta situazione personale di un suo diretto nipote. Di tale esigenza si è tenuto conto… in sede disciplinare, ove si discuteva dell’applicazione di sanzioni. La stessa situazione non può però assumere valore esimente in sede di valutazione della professionalità, ove vengono in rilievo profili di preparazione, equilibrio e capacità, sui quali la vicenda personale non può avere avuto alcuna incidenza: profili certamente apprezzabili a prescindere da questa".

Il CSM ha altresì posto in rilievo che "deve poi adeguatamente valutarsi anche il più risalente precedente disciplinare per l’alterazione dei dispositivi di due sentenze: trattandosi di progressione per l’accesso ad incarichi direttivi apicali, non può infatti non rilevare una condotta di contraffazione di provvedimenti giudiziari che, anche questa ritenuta non penalmente né disciplinarmente perseguibile, è stata storicamente accertata. Mette conto in questa sede ricordare che il Gip di Perugia, nel prosciogliere la dott.ssa M., ha aderito alla tesi del falso innocuo e che la sentenza disciplinare, nel richiamare le risultanze del processo penale, ha ritenuto "indiscutibile la materialità della condotta contestata alla dott.ssa M.’, escludendone la rilevanza disciplinare per la presenza di una causa di giustificazione integrata da gravi ragioni familiari".

Tale condotta, ha specificato l’organo di autogoverno, "pur se non risalente ad epoca diversa dal periodo in valutazione, costituisce un precedente significativo nella carriera del magistrato e, per la rilevanza dei fatti, storicamente accertati e oggettivamente gravi, ha un’attuale incidenza sul livello di fiducia e di prestigio di cui deve godere chi accede ad incarichi direttivi".

Infine, il CSM ha considerato i rilievi formulati dal Consiglio giudiziario in relazione al contenuto dell’autorelazione, atteso che "l’aver citato quali momenti significativi della propria storia professionale gli inviti ricevuti per le "più alte celebrazionì dell’Arma dei Carabinieri e della Banca d’Italia e la risposta, all’evidenza meramente protocollare, ricevuta ad una lettera personale inviata al Presidente della Repubblica, è sintomatico di una carenza di maturità, che è elemento costitutivo dell’equilibrio e della ponderazione necessari per l’esercizio delle funzioni giurisdizionali e per lo svolgimento, sia pure potenziale, di funzioni dirigenziali apicali, circostanza questa che conferma la valutazione di inadeguatezza fondata sui riscontri dell’attività svolta dalla dott.ssa M.".

In conclusione, il CSM ha ritenuto "che la dott.ssa M. non abbia dimostrato di possedere adeguate capacità professionali e che le carenze – sotto questo profilo – si esprimono essenzialmente nella tendenza a non esplicitare adeguatamente il percorso logicogiuridico seguito al fine di addivenire alle statuizioni di volta in volta adottate e ad assumere decisioni senza manifestare sufficiente ponderazione con riferimento agli atti acquisiti ed alle questioni affrontate. La stessa difetta dunque di un requisito autonomamente indispensabile per la progressione in carriera e, anche in ragione di precedenti condotte commesse nell’esercizio delle proprie funzioni – contrarie ai principi di correttezza e di astratta rilevanza penale – risulta altresì carente del prestigio e della fiducia necessari perché si possa conseguire l’idoneità a svolgere le funzioni direttive superiori".

Il Collegio rileva in primo luogo che l’impugnata delibera del Consiglio Superiore della Magistratura si presenta esaurientemente motivata e dà pienamente conto delle ragioni che hanno indotto a dichiarare la ricorrente non idonea ai fini della nomina alle funzioni direttive superiori ed al positivo conseguimento della settima valutazione di professionalità.

La valutazione dell’organo di autogoverno, inoltre, si rivela del tutto indenne dalle dedotte censure di violazione di legge ed eccesso di potere in quanto ha ritenuto non solo che, sulla base dell’esame, a campione ma significativo, dei provvedimenti giudiziari in atti redatti dall’interessata, il lavoro svolto dal magistrato nel periodo preso in considerazione non raggiunge un sufficiente livello qualitativo (lo stesso Consiglio Giudiziario di Roma nel proprio parere ha evidenziato che i provvedimenti acquisiti d’ufficio appaiono talvolta di fattura modesta, sia sotto il profilo formale che sotto il profilo sostanziale), ma ha anche escluso che la minore accuratezza nella stesura delle motivazioni possa attribuirsi ad una preponderante attenzione del magistrato, nel lavoro svolto, al dato quantitativo.

Tale considerazione è svolta in ragione del fatto che, nel periodo in considerazione, ricade il precedente disciplinare relativo a gravi e reiterati ritardi nel deposito dei provvedimenti che lo stesso parere del Consiglio Giudiziario di Roma, a maggioranza favorevole alla progressione, ha segnalato come "elementi negativi" nel giudizio sui parametri di laboriosità e diligenza ed è del tutto logico che tali ritardi, pur se non disciplinarmente censurabili, abbiano rilevanza nella valutazione in discorso.

A tali argomentazioni, che, a ben guardare, non attengono al solo profilo della capacità tecnicoprofessionale, ma anche a quello della laboriosità e diligenza dimostrate nell’esercizio delle funzioni, il CSM ha aggiunto pure la valutazione del più risalente precedente disciplinare per l’alterazione dei dispositivi di due sentenze, evidenziando che tale condotta, pur se risalente ad epoca diversa dal periodo in valutazione, per la rilevanza dei fatti, storicamente accertati ed oggettivamente gravi, ha un’attuale incidenza sul livello di fiducia e di prestigio di cui deve godere chi accede ad incarichi direttivi.

L’organo di autogoverno, ad abundantiam, ha infine valutato anche talune asserzioni contenute nell’autorelazione, ritenendole sintomatiche di una carenza di maturità, elemento costitutivo dell’equilibrio e della ponderazione necessari per l’esercizio delle funzioni giurisdizionali e per lo svolgimento, sia pure potenziale, di funzioni dirigenziali apicali.

In definitiva, il percorso logico compiuto dall’amministrazione procedente per giungere alla determinazione impugnata è estremamente chiaro e non si basa, come prospettato dalla ricorrente, sulla sola mancanza del requisito della capacità tecnicoprofessionale, ma – tenuto conto che la dichiarazione di idoneità alle funzioni direttive superiori abilita a dirigere uffici giudiziari apicali o comunque di grande importanza e delicatezza, per cui presuppone un patrimonio professionale di livello particolarmente elevato con riferimento a tutti i parametri che concorrono a definirlo – anche sulla carenza del prestigio e della fiducia necessari perché si possa conseguire l’idoneità a svolgere le funzioni direttive superiori.

In altri termini, rilevato che il difetto del requisito della capacità professionale già di per sé sarebbe sufficiente ad escludere l’idoneità ad essere ulteriormente valutata ai fini della nomina alle funzioni direttive superiori, il CSM ha comunque considerato, in ragione di precedenti condotte commesse nell’esercizio delle funzioni, anche la carenza di altri requisiti indispensabili, quali il prestigio e la fiducia di cui deve godere il magistrato dichiarato idoneo a svolgere le funzioni direttive superiori.

Va da sé che, a fronte di un provvedimento così esaurientemente e logicamente motivato, non può assumere alcun rilievo la circostanza che l’interessata ha diretto, per vari periodi, l’ufficio centrale III dell’Ispettorato Centrale del DAP presso il Ministero della Giustizia durante le assenze del titolare ottenendo sempre giudizi lusinghieri.

3. Le spese seguono la soccombenza e, liquidate complessivamente in Euro 2.000,00 (duemila/00), sono poste a carico della ricorrente ed a favore, in parti uguali, delle amministrazioni resistenti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate complessivamente in Euro 2.000,00 (duemila/00), in favore, in parti uguali, delle amministrazioni resistenti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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