Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 26-10-2011) 22-11-2011, n. 42983

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 30 settembre 2010, il GUP del Tribunale per i Minorenni di Torino dichiarava non doversi procedere nei confronti di L.O. e P.S.R. in ordine al delitto di rapina aggravata di danaro per un totale di Euro 115,00 ai danni di F.G., C.E., B.E. e A. F., per immaturità al momento del fatto.

Il Giudice, dato atto che il PM, dopo aver chiesto il rinvio giudizio, successivamente chiedeva sentenza di non doversi procedere, giustificava la decisione al rilievo che L. era incensurato, appena (OMISSIS) e in condizioni familiari e sociali di difficoltà; che P. aveva ammesso le sue responsabilità e spiegato di aver agito con volontà emulativa rispetto al gruppo; che in conseguenza difettava la prova della capacità di intendere e di volere, non accertabile in dibattimento a distanza di quattro anni dai fatti. Contro tale decisione ha proposto tempestivo ricorso il Procuratore Generale della Repubblica, che ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi: – inosservanza ed erronea applicazione di norme processuali stabilite a pena di nullità, perchè il GUP, dopo aver ricevuto la richiesta di rinvio a giudizio non può provvedere de plano ex art. 129 c.p.p. ma deve dare corso all’udienza preliminare e solo nell’ambito di questa emettere la declaratoria di non luogo a procedere; – violazione della legge penale ( art. 98 c.p.) e manifesta carenza ed illogicità della motivazione per non aver nulla scritto sui fatti oggetto dell’imputazione se non "rapina di un cellulare ai danni di coetanei", mentre nell’imputazione è contestato un fatto diverso ovvero la rapina a quattro giovani di varie somme di danaro e per avere ritenuto il difetto di prova, in particolare per P., senza tenere conto delle modalità del fatto e della scelta delle vittime nonchè la sua età, prossima ai diciotto anni al momento del fatto.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso è fondato ed assorbente. Come rammentato dal P.G. ricorrente, la questione della immediata declaratoria ex art. 129 c.p.p. va calata nella realtà processuale e adeguata alla fase di pronuncia.

L’intervento delle Sezioni Unite di questa Corte ha risolto il preesistente contrasto giurisprudenziale. Le ragioni addotte a sostegno della pronuncia n. 12283 del 2005 sono condivise dal Collegio, e vengono di seguito riprodotte.

3c – E’ sintomatico che l’art. 129 c.p.p. si limita a prevedere la citata regola di condotta o di giudizio e ne impone al giudice l’osservanza "in ogni stato e grado del processo", senza nulla disporre in ordine al rito da seguire per la "immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità", Ciò conferma che tale norma, sotto il profilo dei tempi e dei modi di applicazione, deve trovare attuazione nel corso delle fasi e dei gradi del processo e nell’ambito della corrispondente disciplina prevista, alla quale deve uniformarsi.

Ciò posto, a seguito della richiesta del P.M. di rinvio a giudizio dell’imputato, si passa dalla fase procedimentale a quella processuale e il giudice può senz’altro adottare, ricorrendone le condizioni, la declaratoria ex art. 129 c.p.p., ma ciò non può fare con provvedimento de plano, bensì osservando il rito tipico a sua disposizione, che è quello camerale dell’udienza preliminare. Il contrario assunto, che ravvisa nell’art. 129 c.p.p., la fonte per il giudice di un generale potere di proscioglimento, ulteriore rispetto a quello ordinariamente previsto dalle specifiche norme di giudizio relative ai vari momenti processuali, e che individua, stante il silenzio della norma, nel procedimento de plano lo strumento più idoneo a soddisfare le esigenze di celerità e snellezza delle forme, fa leva su due argomenti: uno di carattere letterale, rappresentato dall’uso dell’espressione "immediata declaratoria", che viene interpretata come "immediatezza temporale", nel senso di "subito", "senza indugio", sì da legittimare l’iniziativa autonoma del giudice ("di ufficio") di porre termine, in un qualsiasi momento della sequenza processuale ("in ogni stato e grado del processo"), alla controversia; l’altro di carattere logico, costituito dal rilievo dell’asserita superfluità della disposizione, ove interpretata nel senso di potere rilevare la causa di non punibilità nella fase dell’udienza preliminare, nel dibattimento di primo grado o di secondo grado o di cassazione, posto che sarebbe una inutile ripetizione di forme e poteri decisori già previsti dal sistema per ognuna di tali fasi.

Tali argomenti non sono, però, convincenti.

Considerato, infatti, che l’art. 129 c.p.p. si limita ad imporre al giudice una "regola di condotta", è agevole comprendere che tale regola deve essere modellata e adeguata, di volta in volta, ai caratteri e alle peculiarità delle fasi processuali in cui essa è chiamata ad operare e non può legittimarsene l’applicazione tout court, svincolata dalle forme e dai principi che presidiano il processo e in spregio alla fondamentale garanzia del contraddittorio.

L’espressione "immediata declaratoria", presente soltanto nella rubrica dell’art. 129 c.p.p., assume una valenza diversa da quella percepibile prima facie: non denuncia una connotazione di "tempestività temporale" assoluta, fino a legittimare, pur nel silenzio della norma, il rito c.d. de plano, per il quale il legislatore adotta – in genere – l’espressione "senza formalità" (per es., art. 667 c.p.p., comma 4); ma evidenzia la precedenza che tale declaratoria deve avere, ove ne ricorrano le condizioni, su altri eventuali provvedimenti decisionali adottabili dal giudice, il quale, individuata – allo stato degli atti – la causa di non punibilità, non deve dare corso a nessuna, ulteriore attività istruttoria, e quindi neppure per accertare la sussistenza di un’altra eventuale causa di proscioglimento che possa essere preliminare o addirittura più favorevole all’imputato. Il meccanismo liberatorio prefigurato dall’art. 129 c.p.p. deve inserirsi nelle regole che disciplinano il vaglio giurisdizionale in sede preliminare (o dibattimentale), deve "saldarsi con la specificità della sede processuale in cui lo stesso si iscrive, così da assegnare al giudice una sfera di attribuzioni coerente rispetto al momento in cui il relativo munus deve essere esercitato" (C.Cost. sent. n. 91/92), e si concreta.

In una previsione che impone, in via prioritaria, la definizione anticipata e, quindi, immediata del processo, sempre che il decidente venga a trovarsi nella condizione di potere decidere allo stato degli atti.

Ne consegue che, a seguito della richiesta del P.M. di rinvio a giudizio dell’imputato, aprendosi la fase processuale informata al principio del contraddittorio, diventa ineludibile la fissazione dell’udienza preliminare, imposta dalle precise scansioni di cui all’art. 418 c.p.p., e il giudice, se rileva – nel corso di tale udienza – una causa di non punibilità emergente dagli atti, non potrà avvalersi dei poteri istruttori conferitigli dall’art. 422 c.p.p. e neppure di quelli che gli sono trasmessi dall’art. 421 bis c.p.p., con l’effetto che l’ambito della sua cognizione deve rimanere cristallizzato allo stato degli atti esistente al momento processuale della rilevata causa di non punibilità, con preclusione di un ulteriore approfondimento del thema decidendum (stesso discorso, con gli opportuni adattamenti, vale per la fase dibattimentale).

La condizione per la pronuncia ex art. 129 c.p.p. è la cristallizzazione dell’accertamento – tipica dei provvedimenti allo stato degli atti la quale si caratterizza o per la individuazione dell’esistenza di una causa di non punibilità di rito (non procedibilità) o estranea al merito della vicenda (prescrizione, amnistia) ovvero per la specifica evidenza probatoria di una ragione di merito. Non è, quindi, superflua la previsione di cui all’art. 129 c.p.p., che non è ripetitiva di forme e poteri decisori previsti, nella sede specifica ( artt. 425, 469, 529 c.p.p. e ss.), dal sistema e funzionali all’opzione proscioglitiva che può definire la fase o il grado del processo, ma è integrativa – sotto il profilo modale – di tali forme e poteri, che, pur nel contemperamento di valori concorrenti, devono tendenzialmente assicurare la semplificazione del processo e il favor rei.

Interpretata nel senso precisato l’immediatezza della pronuncia de qua, la stessa non può e non deve penalizzare il principio del contraddittorio, apprezzato come esigenza preminente sul piano dei valori da tutelare e inteso non solo come metodo di formazione della prova, ma anche come diritto delle parti all’ascolto. E’ certamente l’esigenza dell’ascolto che impone la fissazione dell’udienza preliminare, atteso che è soltanto in tale contesto che potranno trovare sfogo pretese di diverso tipo, non azionabili prima: si pensi all’esigenza dell’imputato, in presenza di cause estintive rinunciabili, di essere posto in grado di manifestare la volontà di vedere valutata nel merito la propria posizione, al diritto del medesimo imputato di chiedere il giudizio abbreviato o il giudizio immediato, alla facoltà di tutte le parti di presentare memorie e produrre documenti ( artt. 121 c.p.p., art. 419 c.p.p., commi 2 e 3, art. 421 c.p.p., comma 3), di richiedere un incidente probatorio (sent. n. 77/94 C.Cost.), di sollecitare una sia pure limitata integrazione probatoria su temi nuovi o incompleti al fine di meglio precisare il thema decidendum, nonchè all’esclusiva potestà del P.M. di modificare l’imputazione. Prescindere dall’udienza preliminare significherebbe anche privare la persona offesa, della quale è legislativamente prevista la citazione ( art. 419 c.p.p., comma 1), della possibilità di costituirsi parte civile in tale udienza, di rappresentare la propria valutazione della vicenda per fare valere le sue legittime aspettative.

E’ la particolare forza propulsiva della richiesta di rinvio a giudizio a rendere incompatibile una pronuncia di non luogo a procedere adottata de plano. Detta richiesta, infatti, prima che domanda di instaurazione del giudizio, è domanda di fissazione dell’udienza preliminare, quale momento di garanzia per tutte le parti e, in particolare, per l’imputato, unico soggetto abilitato, ex art. 419 c.p.p., comma 5, a rinunciarvi (Cass. Sez. 6, 20/1/1998, Palpacelli).

In un sistema processuale modellato sullo schema accusatorio, il confronto tra le diverse parti processuali assume un’importanza centrale e deve essere garantito soprattutto quando si tratta di emettere un provvedimento definitorio, come la sentenza ex art. 129 c.p.p., che non può prescindere dal necessario contributo dialettico delle parti nel processo.

Non è superfluo, peraltro, sottolineare che la sesta subdirettiva del n. 52 della L.D. n. 81 del 1987, art. 2, nel prevedere le modalità con cui il Gup definisce il processo davanti a sè, dispone che la sentenza di non luogo a procedere, che è un mezzo di definizione del processo, è emessa "sentite le parti comparse". 4 – La conferma che la regola di cui all’art. 129 c.p.p. deve essere – di norma – veicolata nel rito tipico della fase o del grado in cui il processo si trova e che la sua operatività prioritaria (immediata) non può in ogni caso eludere il contraddittorio è offerta da alcune previsioni normative per casi particolari.

L’art. 469 c.p.p. consente, in via eccezionale e tassativa, il "proscioglimento prima del dibattimento" soltanto nell’ipotesi in cui sussista una causa d’improcedibilità dell’azione penale o di estinzione del reato, e sempre che il P.M. e l’imputato, sentiti in camera di consiglio, non si oppongano (anche in tale ipotesi eccezionale, si garantisce il contraddittorio). Non residua altro spazio per una sentenza predibattimentale di proscioglimento, allo stato degli atti, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., norma che, con riferimento ai più ampi poteri di declaratoria di cause di non punibilità estesi anche al merito, deve trovare – dopo l’avvenuto rinvio a giudizio fisiologicamente applicazione nella fase dibattimentale, ove ben altra è la capacità cognitiva del giudice (cfr. SS.UU. 19/12/2001, Angelucci).

4a – Significativa è anche l’attribuzione al Gip del potere-dovere di pronunciare, ex art. 444 c.p.p., comma 2, sentenza di proscioglimento immediato quando la richiesta di applicazione della pena concordata viene formulata nel corso delle indagini preliminari ( art. 447 c.p.p.). Tale richiesta, contrariamente a quello che può apparire, "finisce per determinare l’apertura di una fase incidentale con i caratteri della giurisdizionalità e, pertanto, si deve affermare che l’art. 129 opera, anche in questo caso, in ambito esclusivamente processuale", con conseguente garanzia del contraddittorio, attraverso la fissazione di apposita udienza camerale ( art. 447 c.p.p., commi 1 e 2). Ed invero, a norma degli art. 60 c.p.p., comma 1, artt. 405 e 447 c.p.p., la richiesta concordata di applicazione della pena, pur se formulata nel corso delle indagini preliminari, implica l’esercizio dell’azione penale e dunque l’inizio del processo.

4b – Nè va sottaciuta la previsione di cui agli artt. 68 e 69 c.p.p., secondo cui, in caso di errore sull’identità fisica dell’imputato o di morte di costui, il giudice "sentiti il P.M. e il difensore, pronuncia sentenza a norma dell’art. 129". Il tenore letterale delle citate norme, pur inducendo a ritenere che, per le particolari ipotesi citate, il proscioglimento possa essere pronunciato hic et mine, interrompendo perentoriamente lo svolgimento dell’attività processuale in corso, garantisce comunque il contraddittorio tra le parti processuali ed esclude, anche in questi casi, l’adozione di un provvedimento senza formalità. 4c – Soltanto la disposizione dell’art. 459 c.p.p., comma 3 consente al giudice per le indagini preliminari di pronunciare sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 con procedura de plano.

Trattasi chiaramente di eccezione al sistema, giustificata dalla particolare tipologia del rito che governa il procedimento per decreto, contrassegnato dall’assenza di contraddittorio (soltanto eventuale, in caso di opposizione) per il provenire la richiesta dal P.M. senza la partecipazione di altri soggetti processuali. Tale previsione, per altro, è stata più volte sottoposta all’attenzione della Consulta, che ha ritenuto non in contrasto con la Carta Fondamentale gli artt. 459 e 460 c.p.p. anche sotto il profilo della mancanza del contraddittorio in ordine alla sussistenza delle condizioni di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p. e, richiamando l’indirizzo in precedenza espresso, ha ribadito che "il dettato costituzionale, da un lato, non impone che il contraddittorio si esplichi con le medesime modalità in ogni tipo di procedimento e, soprattutto, che debba essere collocato nella fase iniziale del procedimento stesso, dall’altro non esclude che il diritto dell’indagato di essere informato nel più breve tempo possibile dei motivi dell’accusa a suo carico possa essere variamente modulato in relazione alla peculiare struttura dei singoli riti alternativi" (ord, n. 8 del 2003 C.Cost.). 5 – Alla luce delle esposte argomentazioni e in applicazione del disposto dell’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 3, vanno enunciati i seguenti principi di diritto:

" L’art. 129 c.p.p. non attribuisce al giudice un potere di giudizio ulteriore ed autonomo rispetto a quello già riconosciutogli dalle specifiche norme che regolano l’epilogo proscioglitivo delle varie fasi e dei diversi gradi del processo ( artt. 425, 469, 529, 530 e 531 c.p.p.), ma enuncia una regola di condotta rivolta al giudice, il quale, di fronte ad una riconosciuta causa di non punibilità, deve adottare la corrispondente decisione allo stato degli atti, senza che possa trovare spazio una qualsiasi altra attività non essenziale".

"La regola di cui all’art. 129 c.p.p., operando in ogni stato e grado del processo, presuppone un esercizio della giurisdizione con effettiva pienezza del contraddittorio tra le parti e trova attuazione secondo le forme e i tempi di volta in volta previsti dal codice per la fase in corso".

"Nella fase interinale che va dalla ricezione della richiesta di rinvio a giudizio allo svolgimento dell’udienza preliminare, non può il giudice adottare con prowedimento de plano l’immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità ex art. 129 c.p.p., ma deve dare impulso al rito tipico della fase in corso che è quello camerale dell’udienza preliminare e solo nell’ambito di questa può emettere, ricorrendone le condizioni, la detta declaratoria".

Conseguentemente, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio e gli atti vanno trasmessi al Tribunale per i minorenni di Torino per l’ulteriore corso: il Gup di detto Tribunale, in persona diversa da quella che ha pronunciato la decisione che si annulla, dovrà procedere agli adempimenti di cui all’art. 418 c.p.p. e ss. e, nell’ambito dell’udienza preliminare, adotterà, in piena libertà di giudizio, il provvedimento che riterrà più opportuno.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale per i Minorenni di Torino per l’ulteriore corso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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