T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 27-12-2011, n. 10206

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con decreto del Presidente della Repubblica n. 46 del 27 luglio 2000, in conformità della delibera adottata dal Consiglio dei Ministri nella seduta del 23 giugno 2000, su motivata proposta del Ministro degli Affari Esteri, sono stati nominati 47 Consiglieri di Ambasciata al grado di Ministro Plenipotenziario a valere dal 23 giugno 2000.

Di talché, il dott. R.F., in quanto non incluso tra i Consiglieri di Ambasciata nominati al grado di Ministro Plenipotenziario, ha proposto il presente ricorso, articolato nei seguenti motivi:

Violazione di legge (artt. 105 e 109 d.P.R. 5 gennaio 1967 n. 18, come modificati dagli artt. 5 e 10 d.lgs. 85/2000; art. 97 Cost.). Eccesso di potere (difetto di istruttoria; erronea valutazione dei presupposti; incoerenza dei criteri di giudizio; sviamento; ingiustizia manifesta).

La circostanza che la nomina a Ministro Plenipotenziario costituisca la nomina ad un’alta carica dell’amministrazione statale non escluderebbe l’obbligo di un’adeguata motivazione del relativo provvedimento in ordine a tutti i soggetti interessati alla procedura.

L’illegittimità dell’esclusione del dott. F. dalla tornata di nomine in contestazione discenderebbe dai seguenti fatti: si è classificato al 10° posto nel ruolo dei Consiglieri di Ambasciata; sin dall’ingresso nella carriera diplomatica, risalente al 1963, ha sempre ricoperto incarichi di autonoma responsabilità sia nel servizio metropolitano sia all’estero; dopo la promozione a Consigliere di Ambasciata, nel 1982, ha ricoperto il ruolo di Console Generale a Boston e, ininterrottamente dal 1994, quello di Ambasciatore, dapprima in Guinea e poi negli Emirati Arabi Uniti.

Sia nella sede di Conakry sia nella sede di Abu Dhabi il ricorrente si sarebbe distinto per la qualità del servizio prestato nell’oneroso e prestigioso incarico di Ambasciatore.

Anche gli incarichi di Console a Rio de Janeiro e a Boston, seppure di livello inferiore a quello ambasciatoriale, non potrebbero essere obliterati nell’ambito del ricco curriculum posseduto dal ricorrente.

Uno scavalcamento da parte di Consiglieri che occupavano, nel relativo ruolo, una posizione anche di gran lunga inferiore sarebbe stato accettabile se il relativo stato di servizio fosse stato almeno di pari rilievo rispetto a quello del ricorrente, il che non è, ad esempio nei confronti del dott. M..

L’amministrazione, nel giudizio comparativo fra i candidati, non avrebbe adeguatamente considerato la durata della carriera e l’elevata responsabilità delle funzioni svolte dal ricorrente.

Se il solo ordine di anzianità non garantirebbe di per sé la scelta del più meritevole per il passaggio al grado superiore, non potrebbe neanche considerarsi demerito avere prestato servizio per un maggior numero di anni, laddove il criterio adottato nella tornata concorsuale ha di fatto privilegiato i più giovani.

A seguito della produzione in giudizio di documentazione da parte delle amministrazioni resistenti, il dott. F. ha proposto motivi aggiunti con cui ha dedotto che:

sulla base dei criteri valutativi riportati ed ai quali afferma essersi attenuto nella formulazione della proposta di nomina, il Ministro degli Affari Esteri avrebbe proceduto tramite un esame comparativo dei curricula dei vari candidati, concentrando la propria attenzione sugli incarichi svolti nel corso dell’intera carriera, sulla relativa importanza ed altresì sull’anzianità nel grado di Consigliere di Ambasciata, mentre non risulterebbe che tali criteri siano stati effettivamente seguiti al momento della formulazione delle proposte di nomina, atteso che il ricorrente sarebbe stato illegittimamente pretermesso a favore di concorrenti, come il dott. M., che non vantano uno stato di servizio, un’anzianità ed un’importanza di funzioni disimpegnate paragonabili alle sue;

non vi sarebbe nel fascicolo personale traccia delle pretese valutazioni "ben inferiori ai massimi livelli" conseguite dal ricorrente;

la capacità e la professionalità del dott. F., per certo di notevole livello, sarebbero testimoniate dal fatto che, per tre volte, sarebbe stato ritenuto idoneo al passaggio al grado di Ministro Plenipotenziario e la Commissione avrebbe omesso qualsiasi valutazione sulle relazioni biennali;

nel fascicolo personale non si rinverrebbero contestazioni sull’operato del ricorrente quale Ambasciatore a Conakry.

A seguito del deposito di ulteriore documentazione, il dott. F. ha proposto altro atto di motivi aggiunti, con cui ha contestato la motivazione resa dalla Commissione valutativa secondo cui durante il servizio reso al Ministero ed all’estero l’interessato avrebbe costantemente conseguito valutazioni e punteggi ben al di sotto dei massimi livelli.

L’Avvocatura Generale dello Stato ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.

All’udienza pubblica del 9 novembre 2011, la causa è stata trattenuta per la decisione.

Motivi della decisione

Il ricorrente ha dedotto l’illegittimità dell’azione amministrativa sostanzialmente dalla circostanza che il proprio complessivo profilo professionale sarebbe prevalente o comunque non inferiore rispetto a quello dei controinteressati, ed in particolare del dott. A.M., a fronte di un’anzianità maggiore e di una migliore collocazione in ruolo.

In definitiva, l’interessato ha dedotto la carenza di motivazione e di istruttoria nonché svariate figure sintomatiche dell’eccesso di potere.

Il ricorso è infondato e va di conseguenza respinto.

L’art. 109 d.P.R. 18/1967, sostituito dall’art. 10 d.lgs. 85/2000, ratione temporis vigente (la norma è stata poi modificata dall’art. 15 l. 109/2003 e quindi sostituita dall’art. 51, co. 1, lett. e), l. 96/2010), stabilisce che le nomine al grado di ministro plenipotenziario sono effettuate fra i consiglieri di ambasciata che nel loro grado abbiano maturato determinati requisiti.

Le nomine sono conferite con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta motivata del Ministro degli affari esteri. Le proposte devono tenere conto di tutti gli elementi di valutazione di cui l’amministrazione dispone in merito ai singoli funzionari, ed in particolare dei seguenti elementi: l’importanza e il modo di svolgimento delle funzioni nel corso dell’intera carriera, e soprattutto nel grado rivestito, con particolare riferimento alla titolarità degli uffici al Ministero o all’estero e ai risultati conseguiti rispetto agli obiettivi assegnati, nonché a sedi, uffici e circostanze che richiedano particolare impegno e responsabilità; la qualità del servizio prestato, la cultura e la personalità mostrate nel corso della carriera; la valutazione finale ottenuta a conclusione del corso di aggiornamento previsto dal primo comma, lett. c), dell’art. 102 del decreto; l’attitudine ad assolvere le alte funzioni corrispondenti al grado superiore; la durata complessiva e lo svolgimento della carriera; l’anzianità nel grado anche quale espressione dell’esperienza maturata. Questi elementi sono presi in considerazione per valutare unitariamente l’eminente idoneità alle nuove funzioni di ogni candidato.

Per formulare le proposte, il Ministero degli Affari Esteri si avvale della Commissione consultiva prevista dal primo comma, lett. c), dell’art. 105bis del decreto.

La proposta, da parte del Ministro degli affari esteri, e la conseguente nomina, mediante d.P.R., su conforme delibera del Consiglio dei Ministri, dei funzionari diplomatici al grado di ministro plenipotenziario è espressione di un potere qualificato da un consistente tasso di discrezionalità (ex multis: Cons. Stato, IV, 10 novembre 2003, n. 7137).

Le delicate funzioni diplomatiche, infatti, coinvolgono interessi nazionali di primo piano e ciò conferisce alle determinazioni di avanzamento ai gradi più alti della corrispondente carriera un carattere di obiettiva complessità: emergono in questo settore interessi pubblici particolarmente sensibili ed il procedimento di scelta è regolato in maniera da riservare all’amministrazione un potere valutativo che non solo esprime un giudizio positivo sul nome del candidato, ma che, diversamente da altri uffici pubblici, antepone spesso al dato oggettivo dell’anzianità di carriera una considerazione specifica delle qualità del funzionario, quali risultano dal complesso degli elementi indicati dalla disciplina vigente.

Di talché, non può ritenersi che la maggiore anzianità di un candidato rispetto ad altri renda di per sé sola più meritevole all’avanzamento l’aspirante più anziano e, d’altra parte, tra gli elementi di valutazione di cui all’art. 109 d.P.R. 18/1967, l’anzianità nel grado è indicata dopo diversi altri elementi.

La valutazione dei singoli elementi, invece, dà luogo ad un giudizio unitario sul profilo professionale del candidato che si risolve sul piano dell’idoneità a ricoprire, secondo gli interessi dell’amministrazione, l’ufficio di destinazione, tanto che il richiamato art. 109, co. 2, ultima parte, del D.P.R. 18/1967 indica espressamene che gli elementi sono presi in considerazione per valutare unitariamente l’idoneità alle nuove funzioni di ogni candidato.

I giudizi che confluiscono nella proposta motivata, in definitiva, sono caratterizzati sul piano strutturale da un certo grado di soggettività e ciò vale a circoscrivere il sindacato giurisdizionale, come in ogni caso di esercizio di potere discrezionale, nei limiti della manifesta irragionevolezza o illogicità ovvero del travisamento dei fatti.

Nella nomina a Ministro Plenipotenziario, quindi, non valgono per l’amministrazione i criteri di stretta comparazione, fondandosi tale nomina su presupposti che possono anche prescindere da semplici riferimenti a servizi prestati, ricollegandosi invece a giudizi attuali sul possesso delle doti necessarie ad accedere alla qualifica (ex multis: Cons. Stato, IV, 25 luglio 2002, n. 3957; T.A.R. Lazio, Roma, I, 10 ottobre 2006, n. 10203).

In particolare, non è contemplato che si rediga una graduatoria, non sono previsti dei punteggi e non è prevista alcuna forma alternativa ad essi che consenta di comparare in un quadro unitario le posizioni di tutti i candidati; tale scelta non è frutto del caso né può essere impropriamente corretta imponendo all’amministrazione un obbligo di particolare e dettagliata motivazione che, in concreto, tenga luogo di una vera graduatoria tra i funzionari in possesso dei requisiti di base, con inevitabili confusioni ed appesantimenti procedurali.

Così delineate le caratteristiche del potere esercitato dall’amministrazione, le argomentazioni prospettate dal dott. F. non possono essere condivise in quanto, pur trattandosi di un funzionario dal buon profilo professionale, non ha dedotto circostanze tali che possano configurare una manifesta irragionevolezza o illogicità nell’azione amministrativa conclusasi con il decreto impugnato.

D’altra parte, l’amministrazione ha corredato ogni singola proposta di nomina con una sintetica ma esauriente motivazione circa l’idoneità del candidato al disimpegno di compiti di ancora più elevata responsabilità di cui potrà essere investito nel grado di Ministro Plenipotenziario.

Nella fattispecie in esame, la documentazione depositata dall’amministrazione dà conto di come la Commissione consultiva istituita dall’art. 105 bis, co. 1, lett. c), d.P.R. 18/1967, sulla base dei criteri fissati in conformità alla normativa vigente in materia, è pervenuta al convincimento di ritenere "i più meritevoli" per l’avanzamento i 62 Consiglieri di Ambasciata indicati nello stesso verbale (tra cui sono stati scelti i 47 nominati e tra cui non figura il ricorrente).

Infatti, dall’estratto del verbale della Commissione consultiva, riunitasi in seduta nei giorni 12, 13, 14, 15 e 16 giugno 2000, emerge che l’organo collegiale, preso atto della normativa in materia, ha proceduto alla fissazione di criteri secondo cui il possesso, in modo pienamente positivo, delle qualità di carattere, intellettuali e di cultura, di preparazione e formazione professionali da parte dei soggetti esaminati, sarà riconosciuto quale espressione di un’attività di servizio resa, sia in Italia che all’estero, in modo da far emergere il profilo di un funzionario su cui l’amministrazione possa riporre la più totale fiducia per il disimpegno dei compiti di alta responsabilità connessi con il grado di Ministro Plenipotenziario. La Commissione ha poi rilevato che la propria valutazione per l’avanzamento in questione sarebbe stata riferita non soltanto alla piena positività del servizio reso, bensì anche in relazione a qualità maggiori o minori dell’uno rispetto all’altro dei funzionari considerati. La Commissione ha soggiunto che tale valutazione sarebbe stata espressa, per ciascuno dei candidati, tenuto conto: della qualità del servizio complessivamente prestato, in Italia e all’estero, dalla data di entrata in carriera ad oggi, ed in particolare con riferimento al servizio reso nel grado di Consigliere d’Ambasciata; della capacità e del rendimento dimostrato nell’esercizio delle funzioni via via rivestite, tenendo conto anche del rilievo degli incarichi corrispondenti svolti nel più generale contesto dell’attività dell’amministrazione degli affari esteri, rilievo variabile anche in funzione delle diverse condizioni politicoambientali in cui tali incarichi vengono svolti, della cultura professionale, delle doti intellettuali, morali e di carattere poste in evidenza nelle diverse circostanze; dell’anzianità nel grado anche quale espressione dell’esperienza maturata nonché, in particolare, dell’attitudine ad assumere le maggiori responsabilità connesse con il grado di Ministro Plenipotenziario.

Di talché, la Commissione, dopo avere esaminato i fascicoli personali di tutti i Consiglieri d’Ambasciata scrutinabili alla data del 12 giugno 2000, per la nomina al grado di Ministro Plenipotenziario, viste le risultanze cui è pervenuta in applicazione dei criteri enunciati, sulla base degli elementi di giudizio acquisiti sulla personalità globale di ciascun candidato e dopo avere effettuato una valutazione comparativa di tutti gli elementi di giudizio nel loro complesso, ha ritenuto "più meritevoli" 62 Consiglieri d’Ambasciata rispetto ai restanti candidati, distinguendo 24 candidati "meritevoli in modo eminente" e 38 candidati "pienamente meritevoli".

La Commissione ha evidenziato di essere pervenuta alle conclusioni riportate nel verbale tenendo conto di tutti gli elementi a sua disposizione circa la fisionomia professionale dei funzionari considerati e circa il loro valore comparativo ed al termine dell’operazione ha reso ostensivi gli elementi posti a fondamento della diversa valutazione operata nei confronti dei restanti candidati, tra cui il ricorrente, precisando che taluni di essi, pur manifestando un curriculum positivo, tuttavia non si attestano allo stesso livello rispetto a quello evidenziato dai funzionari giudicati "i più meritevoli" nello scrutinio.

In particolare, nei confronti del Consigliere R.F. ha posto in rilievo che "durante il servizio reso al Ministero e all’estero (durante il quale ha svolto anche le funzioni di Ambasciatore a Conakry e ad Abu Dhabi),… ha costantemente conseguito valutazioni e punteggi ben al di sotto dei massimi livelli. Con riferimento al grado di Consigliere di Ambasciata, va rilevato che durante il servizio prestato come Ambasciatore d’Italia a Conakry sono emersi elementi negativi sui suoi comportamenti, che hanno dato luogo a lettere di richiamo da parte del Direttore Generale del Personale, nonché a sostanziali critiche da parte dell’Ispettore Generale. Sebbene l’espletamento delle attuali funzioni di Ambasciatore d’Italia in Abu Dhabi meriti apprezzamento, il profilo professionale evidenziato nel suo insieme dal predetto funzionario nel corso dell’intera carriera, e soprattutto nel grado di Consigliere di Ambasciata, lo fa ritenere non meritevole dell’avanzamento al grado superiore".

Il Collegio, in primo luogo, rileva che "la piena positività del servizio reso", come è ragionevole che sia, ha rappresentato un elemento dirimente nella comparazione tra i candidati e nella conseguente individuazione dei più meritevoli all’avanzamento.

In tale ottica, si rivela immune dalle censure dedotte la scelta dell’amministrazione di non includere il ricorrente tra i "più meritevoli" per la nomina in quanto l’interessato, come risulta da quanto posto in rilievo in sede di scrutinio nonché dall’appunto della Direzione Generale del Personale del Ministero degli Affari Esteri depositato dall’Avvocatura Generale dello Stato il 26 giugno 2001, è incorso in mende comportamentali che hanno dato luogo a lettere di richiamo da parte del Direttore Generale pro tempore, segnatamente con riferimento al servizio reso come Ambasciatore a Conakry.

D’altra parte, la stessa relazione del 10 aprile 1996, redatta ai sensi dell’art. 2 d.P.R. 377/1995, allegata al ricorso, pur concludendo con il meditato giudizio che il ricorrente possiede l’idoneità ad assolvere le ancora più elevate responsabilità connesse al grado superiore, ha evidenziato che l’interessato, alla data del 13 settembre 1995 Ambasciatore d’Italia in Conakry, nell’assolvimento del proprio oneroso incarico ha dimostrato di essere in possesso di "buone" caratteristiche professionali ed ha svolto la propria azione a "discreti" livelli qualitativi e di rendimento, sia per le capacità di coordinamento che per l’abilità negoziale e di penetrazione nei diversi ambienti con cui è entrato in contatto in ragione del suo ufficio. Inoltre, la relazione ha fatto presente che "dando prova di un carattere non privo di qualche rigidità ma anche di una adeguata cultura professionale", il Consigliere F. ha goduto, nell’esercizio del suo incarico, così nei confronti dei propri collaboratori come degli interlocutori locali e di quelli in Italia, di stima e prestigio consoni a quanto è da attendersi da un rappresentante ufficiale del nostro Paese all’estero.

Ancora nella relazione redatta ai sensi dell’art. 2 d.P.R. 377/1995 del 30 giugno 2000, anch’essa allegata al ricorso, che pure ha concluso per l’idoneità del ricorrente ad assolvere le ancora più elevate responsabilità connesse al grado superiore, è dato leggere che, nell’assolvimento del proprio incarico il Consigliere F. ha dimostrato di possedere "soddisfacenti" caratteristiche professionali, svolgendo la propria azione ad "adeguati" livelli qualitativi e di rendimento, sia per le capacità di gestione e di coordinamento che per l’abilità negoziale e di penetrazione nei diversi ambienti con cui è entrato in contatto in ragione delle sue funzioni.

In definitiva, non è possibile ritenere che, a fronte delle spiccate caratteristiche professionali individuate in sede procedimentale in relazione ai controinteressati, tra cui il dott. M., il ricorrente abbia dimostrato di possedere un profilo professionale tale da rendere manifestamente illogica, irragionevole o basata su un travisamento dei fatti la scelta compiuta dall’amministrazione.

Né tale illogicità può discendere dalla maggiore anzianità del ricorrente nel grado di Consigliere di Ambasciata, atteso che tale elemento, come in precedenza evidenziato, non può essere di per sé determinante in un procedimento selettivo a carattere meritocratico.

Neppure idonea a dimostrare l’illegittimità della mancata promozione del dott. F. è la considerazione che egli ha svolto per due volte funzioni di capo missione all’estero, prima come Ambasciatore d’Italia a Conakry e poi quale titolare dell’Ambasciata di Abu Dhabi.

L’art. 101 d.P.R. 18/1967 (in vigore sino al 25 aprile 2000), infatti, prevedeva che le funzioni di Ambasciatore all’estero potessero essere disimpegnate anche dai Consiglieri di Ambasciata purché presenti nella prima metà dell’organico del grado e l’amministrazione, nella propria nota depositata in giudizio il 20 marzo 2001, ha fatto presente che tale circostanza si è verificata per l’interessato così come per altri pari grado, egualmente candidati alla nomina in discorso ma non perciò prescelti.

Il provvedimento impugnato, pertanto, si rivela scevro dai vizi di legittimità dedotti con il ricorso introduttivo del giudizio e con i due atti di motivi aggiunti in quanto adottato sulla base di un’articolata istruttoria, provvisto di adeguata motivazione e non manifestamente illogico, irragionevole o basato su un travisamento dei fatti.

All’infondatezza delle censure dedotte segue l’infondatezza del ricorso e la sua reiezione.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e, liquidate complessivamente in Euro 2.000,00 (duemila/00), sono poste a carico del ricorrente ed a favore, in parti uguali, delle amministrazioni resistenti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

respinge il ricorso in epigrafe.

Condanna il ricorrente alle spese del giudizio, liquidate complessivamente in Euro 2.000,00 (duemila/00), in favore, in parti uguali, delle amministrazioni resistenti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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