T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 27-12-2011, n. 10203

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con il gravame in trattazione la S. s.r.l. espone di svolgere nel territorio del Comune di Marcianise attività di autotrasporti e logistica conto terzi, sulla scorta di tutte le autorizzazioni necessarie sotto il profilo della compatibilità ambientale, senza che la relativa attività sia mai stata sede di eventi accidentali o non, comportanti condizioni di imminente potenziale pericolo di inquinamento della falda acquifera sotterranea, del suolo o del sottosuolo, e senza che la società si sia mai trovata nella condizione di dover eseguire un intervento di messa in sicurezza di emergenza.

Tanto premesso, rappresenta la ricorrente:

– che con la legge 426/98 l’area definita "Litorale Domitio Flegreo ed Agro Aversano" è stato individuata Sito di interesse nazionale – SIN, poi perimetrato con d.m. 10 gennaio 2000;

– che con d.m. 468/01 sono state approvate le modalità operative del programma di bonifica, anche individuando per ogni SIN le cause dell’inquinamento;

– che, per quanto concerne l’area di interesse, come emerge dall’All. 2 al d.m. 468/01, trattasi di inquinamento derivante dallo smaltimento abusivo di rifiuti, per la presenza di numerose discariche di rifiuti urbani ed industriali.

Ciò posto, l’azienda impugna l’ordinanza n. 6158/CD/MP/U del 13 giugno 2007, adottata dalla struttura commissariale di Governo per le bonifiche e la tutela delle acque nella Regione Campania, ex o.p.c.m. 2425/96 e successive, che le ha ordinato di provvedere ad horas alla messa in sicurezza di emergenza ed alla caratterizzazione dell’intera area dello stabilimento.

L’impugnazione è rivolta anche avverso gli altri atti indicati in epigrafe.

Avverso tale ordinanza la ricorrente rappresenta in generale che essa è stata adottata sul falso presupposto che tutte le aree rientranti nel perimetro di un SIN debbano essere riconosciute come potenzialmente contaminate, eppertanto assoggettate a interventi di MISE e caratterizzazione, a prescindere dalle forme di inquinamento e da istruttoria sulle relative responsabilità. Espone ancora la ricorrente di aver inviato a tutti gli enti competenti la comunicazione inerente il già avvenuto compimento delle attività di caratterizzazione all’esito delle quali non era risultato alcun fenomeno di inquinamento.

In dettaglio, la ricorrente deduce:

1) violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 239 e 240 del d. lgs. 152/06 e degli artt. 3 e 7 della l. 241/90 – eccesso di potere per motivazione illogica, contraddittoria ed apodittica – mancato bilanciamento dell’interesse pubblico concreto e degli interessi privati coinvolti – violazione del principio di proporzionalità e di quello di precauzione – eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e per difetto di istruttoria.

Non sussistono le condizioni di cui all’art. 240 del d. lgs. 152/06 per ordinare la messa in sicurezza di emergenza, non essendo mai stata accertata non solo la responsabilità del proprietario dell’area, ma neanche la presupposta situazione di emergenza ambientale, né essendo mai accaduti episodi tali da far scaturire il relativo obbligo. Il sito non è neanche inserito nell’anagrafe dei siti contaminati di cui al Piano regionale di bonifica. La condizione di inquinamento viene apoditticamente presupposta sulla sola scorta della localizzazione dell’azienda all’interno dell’area perimetrata come SIN, ciò che determina un palese abuso dello strumento della MISE, evidente anche per l’assenza del requisito dell’urgenza di provvedere. Il provvedimento non rispetta il principio comunitario di precauzione che apparentemente lo ispira, atteso che tale principio non legittima interventi privi di informazioni particolareggiate ed obiettive di carattere scientifico, sulla base delle quali adottare decisioni proporzionate, coerenti e non discriminanti. Il provvedimento non rispetta i principi generali dell’azione amministrativa in ordine all’obbligo di motivazione ed alle garanzie di partecipazione procedimentale degli interessati;

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 252 del d. lgs. 152/06 – eccesso di potere per sviamento – violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della l. 241/90 – eccesso di potere per motivazione illogica ed apodittica – violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. 241/90 – errore sui presupposti – eccesso di potere per difetto di istruttoria – violazione e falsa applicazione degli artt. 174 (ex 130R), 175 (ex 130S), 176 (ex 130T) Trattato UE – violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 4 del Piano regionale delle bonifiche – violazione del d.m. 16 maggio 1989 e del d. lgs. 471/99 – eccesso di potere per ingiustizia, arbitrarietà, illogicità manifeste.

Il provvedimento è illegittimo anche laddove impone, oltre alla MISE, l’obbligo di caratterizzazione in danno indiscriminato sull’intera area, e ciò senza garantire la previa partecipazione dell’interessato ed a prescindere dall’attività svolta dall’azienda e dei relativi processi produttivi. L’inserimento dell’azienda nel SIN "Litorale Domitio Flegreo ed Agro Aversano" non rende l’area automaticamente e potenzialmente contaminata. Le aree non sono state fatte neanche oggetto del censimento di cui all’art. 4 del piano regionale delle bonifiche, attività prodromica all’inserimento del sito tra quelli potenzialmente contaminati. In ogni caso, l’area non rientra tra le tipologie dei siti oggetto di censimento né è stata compiuta qualche attività volta ad appurare lo stato di potenziale contaminazione. Anche applicando la disciplina previgente (d.m. 16 maggio 1989 e d.m. 471/99) il sito non potrebbe mai essere qualificato come potenzialmente contaminato, stante l’assenza di riscontri analitici. Il "Litorale Domitio Flegreo ed Agro Aversano" è stato qualificato SIN per lo sversamento incontrollato dei rifiuti e non per il carattere inquinante delle attività industriali ivi svolte.

Il motivo è rivolto anche avverso la sconosciuta subperimetrazione Arpac, ove in essa fosse inserita l’area di cui trattasi;

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 252, comma 3, del d.lgs. 152/06 e degli artt. 7, 8, 9 e 10 della l. 241/90.

Il provvedimento commissariale, ancorchè adottato dopo l’entrata in vigore del d. lgs. 152/06, interamente applicabile alla fattispecie, ha illegittimamente applicato la disciplina previgente.

Il d. lgs. 152/06, all’art. 252, prescrive che ai fini della perimetrazione del sito devono essere sentiti i comuni, le province le regioni e gli altri enti locali interessati, e che deve essere assicurata la partecipazione dei responsabili e dei proprietari delle aree. Tali garanzie partecipative, che avrebbero dovuto trovare applicazione anche in fase di subperimetrazione, non sono state osservate.

Anche tale motivo è rivolto avverso la subperimetrazione Arpac;

4) eccesso di potere per sviamento e carenza assoluta di istruttoria.

La caratterizzazione in danno e la messa in sicurezza è stata ordinata senza il compimento di alcuna attività di accertamento, sulla scorta della sola equazione: attività industriale=attività inquinante;

5) incompetenza.

Ai sensi delle ordinanze 2425/1996 e 3011/1999, i poteri conferiti al Commissario delegato sono circoscritti alle aree oggetto di discariche nonché ai siti inquinati dall’amianto e non risultano estesi a tutti i fenomeni di inquinamento esistenti in area perimetrata come sito di interesse nazionale.

La bonifica delle aree inquinate è soggetta ad individuazione specifica, ai sensi dell’art. 17, comma 1 bis del d. lgs. 22/97 (e dei relativi provvedimenti attuativi), il quale non viene derogato dall’ordinanza 2948/99.

Ogni altra attività di bonifica non espressamente indicata nelle ordinanze che individuano i poteri commissariali va compiuta dal Ministero dell’ambiente nel rispetto della normativa nazionale, che non risulta in alcun modo derogata dalla individuazione ex lege 426/98 del SIN;

6) violazione e falsa applicazione dell’art. 14 ter commi 6 bis e 9 della l. 241/90.

Nel provvedimento impugnato si fa riferimento ad una conferenza di servizi svoltasi presso il Ministero dell’ambiente il 28 febbraio 2006, avente ad oggetto la subperimetrazione del sito, la quale non si è conclusa con un provvedimento;

7) violazione e falsa applicazione degli artt. 240, 242, 244, 250, 252 e 253 del d. lgs. 152/2006.

A fronte del d. lgs. 152/06, che prevede due soglie di contaminazione ("csc" e "csr"), per qualificare un sito come potenzialmente contaminato va necessariamente espletata indagine volta ad accertare il superamento della prima ed in attesa della procedura di caratterizzazione va espletata indagine volta ad accertare il superamento della seconda: nella fattispecie, nella quale comunque sono state violate tutte le garanzie partecipative, non è stata compiuta né la caratterizzazione né indagini volte ad accertare l’eventuale spandimento di sostanze inquinanti.

8) violazione e falsa applicazione dell’art. 311 del d. lgs. 152/06 e dell’art. 3, comma 1, l. 689/81 – violazione del principio del "chi inquina paga".

L’ordine di messa in sicurezza e di caratterizzazione è rivolto al proprietario dell’area e non al responsabile del preteso comportamento inquinante.

Esaurita l’illustrazione delle illegittimità rilevate a carico degli atti impugnati, la ricorrente ne ha domandato l’annullamento, avanzando anche domanda di risarcimento del danno.

2. Costituitisi in resistenza, il Commissario di Governo per le bonifiche e la tutela delle acque nella Regione Campania e il Ministero dell’ambiente eccepiscono la carenza di legittimazione passiva del Ministero dell’ambiente e domandano il rigetto del ricorso, perché infondato.

3. Costituitosi in resistenza, il Comune di Marcianise, oltre a sostenere l’infondatezza del gravame, di cui domanda il rigetto, eccepisce l’inammissibilità del ricorso, per non essere stato notificato né all’Arpac né a tutti i partecipanti alla conferenza di servizi, e per non aver la ricorrente impugnato il Piano regionale di bonifica della Regione Campania.

3. Con ordinanza 9 gennaio 2008, n. 144, la Sezione ha respinto la domanda di sospensione interinale degli atti impugnati, incidentalmente formulata dalla parte ricorrente.

4. Parte ricorrente ha affidato a breve memoria, depositata il 21 ottobre 2011, lo sviluppo delle proprie tesi difensive.

In relazione a tale memoria, il resistente Comune di Marcianise, con atto depositato il 2 novembre 2011, ha eccepito la tardività dei documenti depositati in uno con la stessa.

5. Il gravame è stato indi trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 23 novembre 2011.

6. In via pregiudiziale, va respinta l’eccezione di carenza di legittimazione passiva formulata dal Ministero dell’ambiente, atteso che, come del resto riconosce la stessa parte eccepente, la "individuazione e perimetrazione di un sito contaminato di rilievo nazionale…involge anche l’attività istituzionale del Ministero dell’ambiente" (pag. 1 memoria depositata il 5 ottobre 2011), di talchè il Ministero non può dirsi estraneo alle questioni dibattute in controversia, ed ulteriormente considerato che tra gli atti impugnati figura anche il verbale conclusivo della conferenza dei servizi decisoria del 28 febbraio 2006, indetta e tenuta dal Ministero stesso.

6.1. Neanche le eccezioni spiegate dal resistente Comune di Marcianise risultano idonee a paralizzare l’esame di merito del gravame, quanto meno in relazione alla impugnata ordinanza commissariale.

Infatti:

– quanto alle prima (mancata notifica del ricorso all’Arpac), il gravame risulta notificato all’Arpac a mezzo posta, con data di spedizione 15 novembre 2007, R.A.R. n. 42082, e data di ricezione 22 novembre 2007, come da avviso di ricevimento n. 763080827219 depositato dalla ricorrente l’11 dicembre 2007;

– quanto alla seconda (mancata notifica del ricorso a tutti i partecipanti alla conferenza di servizi) rileva il Collegio che se è vero che la parte ricorrente non risulta aver notificato il gravame a tutti i partecipanti alla conferenza, è altresì vero che né il verbale conclusivo della conferenza dei servizi decisoria del 28 febbraio 2006 indetta e tenuta dal Ministero dell’ambiente sulle attività svolte dall’Arpac per la subperimetrazione del Litorale Domitio Fregreo ed Agro Aversano, né l’eventuale provvedimento conforme alla determinazione conclusiva della Conferenza risultano suscettibili di incidere sul ripristino dell’integrità del bene della vita, leso in via diretta ed immediata dalla ridetta ordinanza commissariale, cui principalmente tende il presente giudizio, ed in relazione al quale il ricorso è stato ritualmente proposto.

Quanto, invece, alla mancata impugnazione del Piano regionale di bonifica della Regione Campania, il Collegio non ravvisa (né l’eccepente spiega) in qual modo il consolidamento di tale atto condizioni l’interesse ad agire della ricorrente avverso l’ordinanza commissariale gravata, che presenta indubbi effetti autonomamente e direttamente lesivi della sfera giuridica della società.

6.2. L’occasione è propizia per rilevare, sempre in relazione alle eccezioni spiegate dal Comune di Marcianise, che i "documenti" depositati dalla parte ricorrente con memoria del 21 ottobre 2011 si sostanziano in un precedente giurisprudenziale amministrativo, del tutto insuscettibile di rientrare, anche in forza dell’operatività del principio iura novit curia, nelle preclusioni di cui all’art. 73 c.p.a..

Non vi è luogo, pertanto, per dichiarare la tardività del deposito.

7. Ciò posto, il ricorso è fondato.

La Sezione, invero, intende uniformarsi, non ravvisando alcuna contraria ragione, alle statuizioni rese dal Consiglio di Stato nell’ambito dei numerosi ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica proposti da altre numerose aziende ubicate nel sito di interesse nazionale "Litorale Domitio Flegreo ed Agro Aversano", destinatarie di ordini di caratterizzazione e messa in sicurezza dell’area aziendale identici a quello di cui qui si discute, che hanno trovato accoglimento (si confronti, per tutti, il D.P.R. 26 aprile 2010, su parere C. Stato, II, n. 4026/2008, reso nell’Adunanza 18 marzo 2009).

8. Ne consegue:

– che va respinta la censura di incompetenza di cui al quinto motivo di gravame.

Con il ridetto parere il Consiglio di Stato ha infatti chiarito che l’ordinanza n. 2425 del 18 marzo 1996 del Presidente del Consiglio dei ministri, che ha nominato nella Regione Campania il Presidente della Giunta regionale della Campania quale Commissario di Governo per l’emergenza rifiuti, le bonifiche e la tutela delle acque, si riferisce anche alle "aree a qualsiasi titolo divenute discariche abusive" e, quindi, include quelle che, indipendentemente dai fattori causativi dell’inquinamento, sono comprese nei "siti di interesse nazionale", individuati secondo i "principi e criteri direttivi" indicati nell’art. 252 del d. lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (in precedenza, nello stesso senso, con riferimento agli "interventi di interesse nazionale", l’art. 15 del d.m. 15 ottobre 1999, n. 471).

Il Consiglio di Stato rileva anche, a conferma, che la successiva o.m. del Ministero dell’interno n. 2948, del 25 febbraio 1999, attribuisce in modo specifico al Commissario la potestà di disporre "la caratterizzazione, la messa in sicurezza, la bonifica, il ripristino ambientale ed il monitoraggio dei siti da bonificare compresi nel perimetro definito, in deroga alla normativa vigente in materia, dal Ministero dell’ambiente d’intesa con il commissario delegato;

– che va accolta la censura, di carattere assorbente, di difetto di istruttoria, che in più parti del ricorso la ricorrente rivolge all’ordinanza impugnata.

L’ordinanza di cui si discute è stata adottata nell’esplicito presupposto che la ricorrente "abbia svolto e/o svolga la propria attività nel territorio di competenza del Comune in indirizzo, e ciò fin dalla data di perimetrazione" e che "tutte le aree anche di proprietà privata rientranti nei siti di interesse nazionale siano e debbano essere riconosciute come potenzialmente inquinate e, pertanto, ai sensi della normativa vigente, siano assoggettate a interventi di mise e di caratterizzazione".

Al riguardo, si rileva, così come nel precedente giudiziale assunto a riferimento, che l’ordinanza non fornisce alcun elemento dal quale risulti, con riferimento all’area nella quale è insediata l’attività della ricorrente, se sia stato accertato e, nel caso affermativo, quale sia stato l’evento potenzialmente in grado di contaminare il sito, né se sia stato accertato e, nel caso affermativo, quali siano i parametri rispetto ai quali è stato riscontrato il superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione ("csc").

Con la conseguenza che la società destinataria delle prescrizioni si trova obbligata ad effettuare in via preventiva complesse e onerose ricerche per appurare se il terreno sia inquinato, e l’incongruenza risulta ancora più palese ove si consideri che gli adempimenti imposti (messa in sicurezza di emergenza e caratterizzazione) presuppongono entrambi, secondo la normativa vigente, che sia stato accertato in concreto l’avvenuto superamento delle concentrazioni soglia di contaminazione (art. 242, commi 2 e 3, d. lgs. 152/2006)

9. Per quanto precede, la domanda demolitoria avanzata in ricorso va parzialmente accolta, disponendosi, per l’effetto, l’annullamento della impugnata ordinanza del commissario n. 6158/CD/MP/U del 13 giugno 2007, con la quale si ordina la caratterizzazione e la messa in sicurezza dell’area della ricorrente.

Quanto, invece, agli altri atti impugnati si osserva:

– che la ricorrente, come già sopra esposto, non risulta aver notificato il ricorso alle altre amministrazioni interessate dalla conferenza di servizi;

– che il verbale conclusivo della conferenza dei servizi decisoria del 28 febbraio 2006 indetta e tenuta dal Ministero dell’ambiente sulle attività svolte dall’Arpac per la subperimetrazione del Litorale Domitio Fregreo ed Agro Aversano, l’eventuale provvedimento conforme alla ignota determinazione conclusiva della Conferenza, la nota n. 9738/CD/U del 6 dicembre 2005 del Commissario di Governo (che non sono stati neanche versati in atti dalle parti in causa), non risultano – come già parzialmente sopra anticipato, ed in disparte ogni altra questione, ivi compresa l’integrità del contraddittorio – comunque suscettibili di incidere in alcun modo sul ripristino dell’integrità del bene della vita per cui è stato azionato il presente giudizio, totalmente assicurato dall’annullamento dell’ordinanza commissariale di cui sopra, in relazione alla quale – si ribadisce – il gravame è stato ritualmente proposto;

– che la nota n. 12398 del 16 ottobre del Comune di Marcianise, presente in atti, non assume alcun autonomo contenuto lesivo.

Infine, la domanda di risarcimento del danno avanzata dalla ricorrente, come si rileva dalla parte finale del gravame, nella quale è stata inserita, presenta un tenore di assoluta genericità, e va, pertanto, respinta.

10. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite tra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione, disponendo, per l’effetto, l’annullamento dell’impugnata ordinanza del sub commissario n. 6158/CD/MP/U del 13 giugno 2007.

Compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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