Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 25-10-2011) 22-11-2011, n. 42966

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza in data 12/11/2010, la Corte di Appello di Bari confermava la sentenza pronunciata in data 22/07/2008 nella parte in cui il Tribunale di Foggia aveva ritenuto P.A. responsabile dei delitti di cui ai capi a) ( art. 640 c.p.), b) ( art. 648 c.p.), d) ( art. 612 c.p. così diversamente qualificato il fatto).

2. Avverso la suddetta sentenza, l’imputato, in proprio, ha proposto ricorso per cassazione, deducendo contraddittorietà della motivazione avendo la Corte territoriale affidato "il giudizio di responsabilità ad elementi erratamente valutati oltre che elevare unicamente al rango di prova piena e completa la narrazione della persona offesa secondo uno schema logico affetto da vizio di motivazione, rinveniente dalla contraddittorietà della medesima persona offesa nell’esposizione storica del fatto sin dall’atto di querela". La Corte, poi, non aveva considerato che l’istruttoria dibattimentale non aveva offerto elementi univoci e concordanti in ordine alla responsabilità di esso ricorrente. 3. La censura, è manifestamente infondata. Come, si è detto, il ricorrente è stato condannato per tre reati. La Corte territoriale, con amplissima motivazione, ha ricostruito il fatto e ritenuto la colpevolezza del ricorrente, non solo sulla base delle dichiarazioni della persona offesa (ritenuta attendibile con giudizio congruo ed aderente alla stregua degli indicati elementi fattuali: cfr pag. 7-8 sentenza impugnata) ma anche sulla base di numerosi riscontri di natura oggettiva (cfr pag. 5-6 sentenza impugnata). Il ricorso, pertanto – nei termini in cui la censura è stata dedotta – deve ritenersi generico ed aspecifico rispetto alla motivazione addotta dalla Corte territoriale non illustrando il ricorrente le ragioni delle proprie doglianze e non consentendone, quindi, lo scrutinio.

4. In conclusione, l’impugnazione deve ritenersi inammissibile a norma dell’art. 606 c.p.p., comma 3, per manifesta infondatezza: alla relativa declaratoria consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento in favore della Cassa delle Ammende di una somma che, ritenuti e valutati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara Inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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