T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 27-12-2011, n. 10199

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con il gravame in trattazione la C. s.r.l. espone di operare, nel Comune di Marcianise, munita delle necessarie autorizzazioni sotto il profilo della compatibilità ambientale, nella attività di progettazione e costruzione elettromeccaniche e della loro manutenzione, che non produce inquinanti né tantomeno rifiuti, trattandosi prevalentemente di progettazione, tant’è che il relativo stabilimento non è mai stato sede di eventi determinanti condizioni di imminente potenziale pericolo di inquinamento della falsa acquifera sotterranea, del suolo o del sottosuolo, né la società si è mai trovata nella condizione di dover eseguire interventi di messa in sicurezza.

Tanto premesso, narra la società:

– che con la legge 426/98 l’area definita "Litorale Domitio Flegreo ed Agro Aversano" è stato individuata Sito di interesse nazionale – SIN, poi perimetrato con d.m. 10 gennaio 2000;

– che con d.m. 468/01 sono state approvate le modalità operative del programma di bonifica, anche individuando per ogni SIN le cause dell’inquinamento;

– che, per quanto concerne l’area di interesse, come emerge dall’All. 2 al d.m. 468/01, trattasi di inquinamento derivante dallo smaltimento abusivo di rifiuti, per la presenza di numerose discariche di rifiuti urbani ed industriali.

Ciò posto, la ricorrente impugna l’ordinanza n. 6137/CD/MP/U del 13 giugno 2007, adottata dalla struttura commissariale di Governo per le bonifiche e la tutela delle acque nella Regione Campania, ex o.p.c.m. 2425/96 e successive, con le quali si ordina alla società di provvedere ad horas alla caratterizzazione e alla messa in sicurezza dell’area dell’azienda.

L’impugnazione è rivolta anche avverso gli altri atti indicati in epigrafe.

Avverso l’ordinanza impugnata la ricorrente rappresenta in generale che essa è stata adottata sul falso presupposto che tutte le aree rientranti nel perimetro di un SIN debbano essere riconosciute come potenzialmente contaminate, eppertanto assoggettate a interventi di MISE e caratterizzazione, a prescindere dalle forme di inquinamento e da istruttoria sulle relative responsabilità.

In dettaglio, la ricorrente deduce:

1) violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 239 e 240 del d. lgs. 152/06 e degli artt. 3 e 7 della l. 241/90 – eccesso di potere per motivazione illogica, contraddittoria ed apodittica – mancato bilanciamento dell’interesse pubblico concreto e degli interessi privati coinvolti – violazione del principio di proporzionalità e di quello di precauzione – eccesso di potere per errore sui presupposti di fatto e per difetto di istruttoria.

Non sussistono le condizioni di cui all’art. 240 del d. lgs. 152/06 per ordinare la messa in sicurezza di emergenza, non essendo mai stata accertata non solo la responsabilità del proprietario dell’area, ma neanche la presupposta situazione di emergenza ambientale, né essendo mai accaduti episodi tali da far scaturire il relativo obbligo. Il sito non è neanche inserito nell’anagrafe dei siti contaminati di cui al Piano regionale di bonifica. La condizione di inquinamento viene apoditticamente presupposta sulla sola scorta della localizzazione dell’azienda all’interno dell’area perimetrata come SIN, ciò che determina un palese abuso dello strumento della MISE, evidente anche per l’assenza del requisito dell’urgenza di provvedere. Il provvedimento non rispetta il principio comunitario di precauzione che apparentemente lo ispira, atteso che tale principio non legittima interventi privi di informazioni particolareggiate ed obiettive di carattere scientifico, sulla base delle quali adottare decisioni proporzionate, coerenti e non discriminanti. Il provvedimento non rispetta i principi generali dell’azione amministrativa in ordine all’obbligo di motivazione ed alle garanzie di partecipazione procedimentale degli interessati;

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 252 del d. lgs. 152/06 – eccesso di potere per sviamento – violazione e falsa applicazione dell’art. 7 della l. 241/90 – eccesso di potere per motivazione illogica ed apodittica – violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. 241/90 – errore sui presupposti – eccesso di potere per difetto di istruttoria – violazione e falsa applicazione degli artt. 174 (ex 130R), 175 (ex 130S), 176 (ex 130T) Trattato UE – violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 4 del Piano regionale delle bonifiche – violazione del d.m. 16 maggio 1989 e del d. lgs. 471/99 – eccesso di potere per ingiustizia, arbitrarietà, illogicità manifeste.

Il provvedimento è illegittimo anche laddove impone, oltre alla MISE, l’obbligo di caratterizzazione in danno indiscriminato sull’intera area, e ciò senza garantire la previa partecipazione dell’interessato ed a prescindere dall’attività svolta dall’azienda e dei relativi processi produttivi e agenti chimici utilizzati. L’inserimento dell’azienda nel SIN "Litorale Domitio Flegreo ed Agro Aversano" non rende l’area automaticamente e potenzialmente contaminata. Le aree non sono state fatte neanche oggetto del censimento di cui all’art. 4 del piano regionale delle bonifiche, attività prodromica all’inserimento del sito tra quelli potenzialmente contaminati. In ogni caso, l’area non rientra tra le tipologie dei siti oggetto di censimento né è stata compiuta qualche attività volta ad appurare lo stato di potenziale contaminazione. Anche applicando la disciplina previgente (d.m. 16 maggio 1989 e d.m. 471/99) il sito non potrebbe mai essere qualificato come potenzialmente contaminato, stante l’assenza di riscontri analitici. Il "Litorale Domitio Flegreo ed Agro Aversano" è stato qualificato SIN per lo sversamento incontrollato dei rifiuti e non per il carattere inquinante delle attività industriali ivi svolte.

Il motivo è rivolto anche avverso la sconosciuta subperimetrazione Arpac, ove in essa fosse inserita l’area di cui trattasi;

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 252, comma 3, del d.lgs. 152/06 e degli artt. 7, 8, 9 e 10 della l. 241/90.

Il provvedimento commissariale, ancorchè adottato dopo l’entrata in vigore del d. lgs. 152/06, interamente applicabile alla fattispecie, ha illegittimamente applicato la disciplina previgente.

Il d. lgs. 152/06, all’art. 252, prescrive che ai fini della perimetrazione del sito devono essere sentiti i comuni, le province le regioni e gli altri enti locali interessati, e che deve essere assicurata la partecipazione dei responsabili e dei proprietari delle aree. Tali garanzie partecipative, che avrebbero dovuto trovare applicazione anche in fase di subperimetrazione, non sono state osservate.

Anche tale motivo è rivolto avverso la subperimetrazione Arpac;

4) eccesso di potere per sviamento e carenza assoluta di istruttoria.

La caratterizzazione in danno e la messa in sicurezza è stata ordinata senza il compimento di alcuna attività di accertamento, sulla scorta della sola equazione: attività industriale=attività inquinante;

5) incompetenza.

Ai sensi delle ordinanze 2425/1996 e 3011/1999, i poteri conferiti al Commissario delegato sono circoscritti alle aree oggetto di discariche nonché ai siti inquinati dall’amianto e non risultano estesi a tutti i fenomeni di inquinamento esistenti in area perimetrata come sito di interesse nazionale.

La bonifica delle aree inquinate è soggetta ad individuazione specifica, ai sensi dell’art. 17, comma 1 bis del d. lgs. 22/97 (e dei relativi provvedimenti attuativi), il quale non viene derogato dall’ordinanza 2948/99.

Ogni altra attività di bonifica non espressamente indicata nelle ordinanze che individuano i poteri commissariali va compiuta dal Ministero dell’ambiente nel rispetto della normativa nazionale, che non risulta in alcun modo derogata dalla individuazione ex lege 426/98 del SIN;

6) violazione e falsa applicazione dell’art. 14 ter commi 6 bis e 9 della l. 241/90.

Nel provvedimento impugnato si fa riferimento ad una conferenza di servizi svoltasi presso il Ministero dell’ambiente il 28 febbraio 2006, avente ad oggetto la subperimetrazione del sito, la quale non si è conclusa con un provvedimento;

7) violazione e falsa applicazione degli artt. 240, 242, 244, 250, 252 e 253 del d. lgs. 152/2006.

A fronte del d. lgs. 152/06, che prevede due soglie di contaminazione ("csc" e "csr"), per qualificare un sito come potenzialmente contaminato va necessariamente espletata indagine volta ad accertare il superamento della prima ed in attesa della procedura di caratterizzazione va espletata indagine volta ad accertare il superamento della seconda: nella fattispecie, nella quale comunque sono state violate tutte le garanzie partecipative, non è stata compiuta né la caratterizzazione né indagini volte ad accertare l’eventuale spandimento di sostanze inquinanti;

8) violazione e falsa applicazione dell’art. 311 del d. lgs. 152/06 e dell’art. 3, comma 1, l. 689/81 – violazione del principio del "chi inquina paga".

L’ordine di messa in sicurezza e di caratterizzazione è rivolto al proprietario dell’area e non al responsabile del preteso comportamento inquinante.

Esaurita l’illustrazione delle illegittimità rilevate a carico degli atti impugnati, la ricorrente ne ha domandato l’annullamento, avanzando anche domanda di risarcimento del danno.

2. Costituitisi in resistenza, il Commissario di Governo per le bonifiche e la tutela delle acque nella Regione Campania e il Ministero dell’ambiente, eccepita la carenza di legittimazione passiva in capo al Ministero dell’ambiente, domandano il rigetto del ricorso.

3. Il Comune di Marcianise, parimenti costituito in giudizio, oltre a sostenere l’infondatezza del gravame, di cui domanda il rigetto, eccepisce l’inammissibilità del ricorso, per non essere stato notificato né all’Arpac né a tutti i partecipanti alla conferenza di servizi, e per non aver la ricorrente impugnato il Piano regionale di bonifica della Regione Campania.

4. Con ordinanza 9 gennaio 2008, n. 135 la Sezione ha respinto la domanda di sospensione interinale degli atti impugnati, incidentalmente formulata dalla parte ricorrente.

5. Il gravame è stato indi trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 23 novembre 2011.

6. Nel corso dell’udienza pubblica parte ricorrente ha dichiarato a verbale la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione della controversia, avendo provveduto ad effettuare nelle more del giudizio le attività portate dall’impugnata ordinanza commissariale.

7. Al Collegio non resta, pertanto, che dichiarare l’improcedibilità del gravame per sopravvenuta carenza di interesse della parte ricorrente.

Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite tra le parti costituite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in epigrafe, lo dichiara improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse alla decisione della controversia.

Compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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