Cass. civ. Sez. V, Sent., 01-06-2012, n. 8827 Imposta reddito persone giuridiche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Commissione tributaria della regione Marche con sentenza 2.10.2009 n. 158 ha rigettato l’appello proposto dall’Ufficio di Ancona della Agenzia delle Entrate avverso la decisione di prime cure che aveva riconosciuto spettante alla Università Politecnica delle Marche il rimborso della somma complessiva di Euro 275.687,97 indebitamente corrisposta a titolo IRPEG per gli anni d’imposta 2002 e 2003.

I Giudici territoriali hanno ritenuto che l’autonoma soggettività giuridica della Università, ente pubblico non economico, non era di impedimento alla fruizione della originaria agevolazione, accordata dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 5, e quindi della esenzione dall’IRPEG successivamente disposta dal D.P.R. 22 dicembre 19876, n. 917, art. 88 ( T.U.I.R.) espressamente a favore anche di organi od amministrazioni statali sebbene "dotati di personalità giuridica", rilevando altresì che la L. n. 168 del 1989, non aveva immutato il rapporto organizzativo tra Università e Stato -come affermato nel precedente di questa Corte n. 16169/2000- ed inoltre che, diversamente opinando, si sarebbe determinata un’aporia tra le disposizioni del comma 1 e comma 2, art. 88 cit. T.U.I.R., in quanto, ritenendo la Università soggetto estraneo allo Stato, la stessa sarebbe stata assoggettata, ai sensi del comma 1, alla imposta per quanto concerneva i redditi fondiari, mentre in quanto competente a svolgere funzioni statali, ai sensi del secondo comma, sarebbe andata esente dalla imposta (IRPEG).

Avverso la sentenza di appello ha proposto tempestivo ricorso per cassazione la Agenzia delle Entrate deducendo tre motivi.

Ha resistito la Università statale con controricorso.

Motivi della decisione

1. La Agenzia delle Entrate ha impugnato la sentenza di appello censurandola con tre mezzi, corredati dei quesiti di diritto ex art. 366 bis c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5) c.p.c. e deducendo:

– violazione della L. n. 168 del 1989, art. 6, comma 1, e art. 53 Cost. nonchè falsa applicazione dell’art. 88 cit. T.U.I.R. (primo motivo) -falsa applicazione dell’art. 88, comma 2, lett. a) T.U.I.R. (secondo motivo) -omessa motivazione (terzo motivo).

Con il primo motivo la ricorrente denuncia l’errore interpretativo in cui è incorsa la CTR sostenendo -in contrasto con la normativa che disciplina le competenze degli enti universitari e la più recente giurisprudenza di legittimità che afferma la autonomia soggettiva delle Università statali- che queste ultime debbano ancora considerarsi inserite nell’apparato organizzativo statale; con il secondo motivo sostiene che la CTR ha inesattamente sussunto la fattispecie inerente la produzione del reddito fondiario nella disciplina della esenzione d’imposta riservata all’esercizio delle funzioni statali; con il terzo motivo -che è logicamente condizionato all’eventuale mancato accoglimento del secondo- censura, in quanto priva di supporto argomentativo adeguato, la affermazione della sentenza secondo cui il reddito degli immobili non sarebbe assoggettabiie ad imposta in quanto tali beni devono intendersi destinati alla funzione didattica, senza tuttavia svolgere alcun accertamento in concreto in ordine all’impiego del bene immobile.

2. La Università statale resistente ha chiesto il rigetto del ricorso in quanto infondato.

La resistente facendo leva sulla rilevanza costituzionale della funzione didattica ( art. 33 Cost.) deduce la doppia conseguenza dell’inserimento dell’ente universitario nella organizzazione dello Stato e la non assoggettabilità ad imposta delle funzioni "statali" esercitate da tali enti in quanto espressamente definite dalla legge come attività non commerciali. Deduce inoltre che la questione relativa alla effettiva destinazione dell’immobile all’attività didattica non era mai stata contestata dalla Amministrazione finanziaria.

3. Il primo ed il secondo motivo di ricorso appaiono fondati.

3.1 Le norme di legge -nel testo vigente al tempo dei fatti- che vengono in esame ai fini della risoluzione della questione di diritto sottoposta alla Corte sono le seguenti:

– del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 22 e 23 T.U.I.R., secondo cui costituiscono redditi fondiari quelli inerenti a terreni e fabbricati siti nel territorio dello Stato iscritti od iscrivendi nel catasto con attribuzione di rendita; tali redditi concorrono – indipendentemente dalla effettiva percezione- a formare il reddito imponibile dei soggetti che, nel periodo di imposta, possiedono gli immobili a titolo di proprietà od altro diritto reale;

– D.p.r. 29 settembre 1973, n. 601, art. 5 (recante: "Disciplina delle agevolazioni tributarie"), rubricato "Immobili degli enti pubblici territoriali": "1. I redditi dei terreni e dei fabbricati appartenenti allo Stato, alle regioni, alle province, ai comuni e ai relativi consorzi, destinati ad usi o servizi di pubblico interesse, sono esenti dall’imposta sul reddito delle persone giuridiche e dall’imposta locale sui redditi. 2. Nel D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, art. 2, comma 2, è aggiunto il seguente numero: "3) degli immobili appartenenti allo Stato, alle province, ai comuni e ai relativi consorzi destinali ad usi o servizi di pubblico interesse".

– D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 88 T.U.I.R. (attuale art. 74), collocato sotto il Titolo 2^ "Imposta sul reddito delle persone giuridichè", rubricato "Stato ed enti pubblici": "1. Gli organi e le amministrazioni dello Stato, compresi quelli ad ordinamento autonomo anche se dotati di personalità giuridica, i comuni, i consorzi tra enti locali, le associazioni e gli enti gestori di demani collettivi, le comunità montane, le province e le regioni non sono soggetti all’imposta. 2. Non costituiscono esercizio di attività commerciali:

a) l’esercizio di funzioni statali da parte di enti pubblici;

b) l’esercizio di attività previdenziali, assistenziali, e sanitarie da parte di enti pubblici istituiti esclusivamente a tal fine, comprese le Unità sanitarie locali". 3.2 Relativamente alla questione concernente l’assoggettamento ad imposta (IRPEG) dei redditi fondiari degli immobili appartenenti agli enti universitari destinati allo svolgimento delle funzioni didattiche, l’esame delle norme richiamate impone alcune premesse di carattere metodologico ed alcune considerazioni preliminari volte a circoscrivere il thema decidendum:

a) in seguito alla abolizione dell’ILOR disposta dal D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 36, comma 1, lett. b), a decorrere dall’1 gennaio 1998, deve ritenersi venuto definitivamente meno un ambito differenziato di operatività della norma agevolati va di cui al D.P.R. n. 601 del 1973, art. 5 (riferita ai soli redditi fondiari ed in funzione della concreta destinazione ad uso o servizio pubblico del bene immobile) rispetto alla norma di esenzione generale dall’IRPEG di cui all’art. 88, comma 1 T.U.I.R. (che trova applicazione esclusivamente in relazione alla qualificazione della figura giuridica soggettiva, indipendentemente dalla attività svolta -e per quanto interessa, dalla concreta destinazione dell’immobile all’uso o servizio pubblico-). Deve infatti ritenersi escluso che la norma del 1973 possa ancora continuare ad esplicare una propria funzione agevolativa in relazione alla diversa imposta (IRAP) introdotta dal D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, atteso che tale decreto legislativo reca una disciplina specifica in ordine ai medesimi soggetti indicati nell’art. 88 TUIR (considerati soggetti passivi IRAP dal del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 3, comma 1, lett. c)), prevedendo all’art. 10 comma 1 e 3 -con riferimento allo svolgimento di attività non commerciale- un particolare criterio di determinazione della base imponibile;

b) le norme in esame in quanto prevedono agevolazioni od esenzione d’imposta (ovvero, secondo parte della dottrina, una esclusione dalla applicazione del tributo) sono di stretta interpretazione, con conseguente impedimento alla estensione dei benefici in via analogica a casi diversi da quelli in esse espressamente contemplati (art. 14 disp. prel. c.c.): ne consegue che essendo entrambe le norme agevolativa e di esenzione rivolte esclusivamente a favore di soggetti di diritto pubblico connotati dal requisito costitutivo della territorialità, le Università, in tanto possono fruire dei benefici, in quanto vengano ricondotte nell’ambito della medesima organizzazione dell’ente territoriale (nella specie dello Stato- persona).

3.3 Tanto premesso la questione relativa alla configurazione giuridica come organi dell’Amministrazione statale, dotati di ampia autonomia ordinamentale, gestionale e di bilancio, ovvero come enti pubblici (c.d. istituzionali) delle Università è stata ripetutamente esaminata da questa Corte (con riferimento prevalentemente alla questione della rappresentanza processuale obbligatoria o facoltativa della Avvocatura dello Stato) che, originariamente si era espressa per la qualificazione della Università statale come organo dello Stato dotato di autonoma personalità giuridica (cfr. Corte Cass. SU 28.6.1975 n. 2546. Gli argomenti addotti a sostegno di tale tesi venivano mutuati da alcuni indicatori normativi quali la imputazione degli effetti giuridici di parte dell’attività provvedimentale, lo status giuridico del personale, la dotazione di bilancio costituita in assoluta prevalenza dal finanziamento statale, l’assoggettamento alla normativa statale sugli appalti pubblici: cfr. Corte cass. 1 sez. 12.1.1981 n. 256), essendo, successivamente insorto contrasto, nelle sezioni semplici della Corte, a seguito della riforma dell’ordinamento universitario introdotta con L. 9 maggio 1989, n. 168, istitutiva del Ministero dell’università, della ricerca scientifica e tecnologica (che agli artt. 6 e 7 reca la disciplina della autonomia universitaria, conferendo, tra l’altro, alle Università poteri di assunzione e gestione del personale non docente, potestà regolamentare organizzativa, autonomia contrattuale contabile anche in deroga alle norme dell’ordinamento contabile dello Stato e degli enti pubblici) e degli interventi di riforma dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e del pubblico impiego attuati con il D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 (che delineando i confini della nozione di "amministrazioni pubbliche" distingue tra "le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative" e "le istituzioni universitarie": la definizione è stata riprodotta nell’art. 1, comma 2, del TU sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, approvato con D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165), tra chi riteneva di aderire ancora al precedente orientamento, sostenendo che le riforme in questione non aveva immutato il rapporto tra Sto ed Università (cfr. Corte cass. 1^ sez. 2.3.1994 n. 2061; id. 1^ sez. 10.9.1997 n. 8877; id. sez. lav. 27.11.1999 n. 13292; id. 5^ sez. 23.12.2009 n. 16169), e chi, invece, riteneva che il mutato quadro normativo, imponesse una diversa qualificazione giuridica degli enti universitari come "amministrazioni pubbliche non statali" (cfr. Corte cass. sez. lav. 5.1.1999 n. 12346 secondo cui "o decorrere dall’entrata in vigore del D.Lgs. n. 29 del 1993, le istituzioni universitarie – pur facendo parte della pubblica amministrazione – non sono annoverabili fra le amministrazioni dello Stato, con la conseguenza che per esse non può trovare applicazione la regola del foro erariale di cui al R.D. n. 1661 del 1933, art. 7, comma 2", id.

1^ sez. 26.1.2001 n. 1086; id. 1^ sez. ord. 5.12.2002 n. 17311).

Tale contrasto è stato risolto dalle SS.UU. con la sentenza 10.5.2006 n. 10700 (seguita dalle sez. semplici: cfr. Corte cass. Sez. lav. 29.7.2008 n. 20582; id. 1^ sez. 3.9.2009 n. 19128; id. 5^ sez. 21.4.2010 n. 9495) che hanno individuato nelle Università un ente di diritto pubblico distinto dalle Amministrazioni dello Stato.

Le Sezioni Unite hanno, in proposito, rilevato che "la L. 9 maggio 1989, n. 168, con la quale è stato istituito il Ministero dell’università e della ricerca scientifica, ha dettato, nel titolo 2^, nuove norme sulla autonomia delle Università. La legge, all’art. 6, comma 1, dispone che le Università sono dotate di personalità giuridica e, in attuazione dell’art. 33 Cost., hanno autonomia didattica, scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile, e si danno ordinamenti autonomi con propri statuti e regolamenti; all’art. 7, nel comma 1, prevede che le entrate delle università sono costituite da trasferimenti dello Stato, da contributi obbligatori e da altre forme di autonome di finanziamento (contributi volontari, proventi di attività, rendite, frutti e alienazioni del patrimonio, atti di liberalità e corrispettivi di contratti e convenzioni); nel comma 7, dispone che le università possono adottare un regolamento di ateneo per l’amministrazione, la finanza e la contabilità, anche in deroga alle norme sull’ordinamento contabile dello Stato e degli enti pubblici, ma comunque nel rispetto dei relativi principi.

Si tratta di una disciplina che, mentre conferma la soggettività giuridica delle Università statali, già riconosciuta dal R.D. n. 1592 del 1933, art. 1, ne rafforza significativamente l’autonomia, con l’attribuzione, oltre a quella didattica e scientifica, già presente nel citato R.D., di quella organizzativa, finanziaria e contabile, e soprattutto della autonomia normativa statutaria e regolamentare. Potestà, quest’ultima, idonea a caratterizzare le Università come ente pubblico autonomo, e non più come organo dello Stato. Ed in tal senso depone anche la mutata natura del rapporto di lavoro dei dipendenti, dal momento che sia gli impiegati tecnici ed amministrativi ( D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 6, comma 5), sia anche i docenti e ricercatori (L. 24 dicembre 1993, n. 937, art. 5, commi 9 e 10) sono da considerare non più dipendenti statali bensì dipendenti dell’Ente-Università. Viene così meno, infatti, uno dei principali elementi considerati dalla sentenza n. 2546/75 a sostegno della tesi che qualificava le università come organi dello Stato.

Nè vale in contrario la persistenza del prevalente finanziamento da parte dello Stato (anch’esso valorizzato dalla citata decisione), che, mentre è coerente con la confermata qualificazione dell’Ente – Università come amministrazione pubblica, non è di per sè determinante ai fini della pretesa natura di ente-organo dello Stato…..". Tali argomenti, condivisi dal Collegio e non incrinati dagli argomenti svolti dalla Università resistente -meramente reiterativi di quelli addotti dal precedente orientamento giurisprudenziale e sottoposti a critica dalle SS.UU., consentono di dirimere la questione di diritto sottoposta alla Corte, dovendo pertanto escludersi una estensione agli enti universitari dei benefici previsti dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 5 e dall’art. 88, comma 1 T.U.I.R..

Conclusioni analoghe a quelle cui sono pervenute le SS.UU. erano state raggiunte anche dal Giudice delle Leggi con la sentenza emessa il 4.6.1992 n. 281 che -in relazione alla L. 2 dicembre 1991, n. 390 concernente la disciplina de diritto agli studi universitari, attuativa degli artt. 3 e 34 Cost., aveva rilevato che la legge mira al reciproco contemperamento dei diversi interessi di rilievo costituzionale che entrano in gioco nel settore del diritto agli studi universitari, quali quello dello Stato (volti alla realizzazione, in condizione di parità sull’intero territorio nazionale, del diritto dei capaci e meritevoli di raggiungere i gradi più alti degli studi, art. 34 Cost., commi 3 e 4), quelli delle Regioni (connessi alla competenza in tema di assistenza universitaria. quale parte dell’assistenza scolastica, ex art. 117 Cost.) e quelli delle Università (relativi al diritto di disciplinare, in condizioni di autonomia ed entro i soli limiti fissati dalla leggi statali, le attività didattiche e formative, ai sensi dell’art. 33 Cost., u.c.) ed a tali fini ha affidato -in un quadro di reciproca collaborazione tra i diversi soggetti- allo Stato l’indirizzo, il coordinamento e la programmazione degli interventi in materia di diritto agli studi universitari, alle Regioni l’attivazione di tali interventi e alle Università l’organizzazione dei propri servizi, destinati a rendere effettivo e proficuo lo studio universitario, con ciò evidenziando chiaramente come a ciascuno di tali soggetti di diritto pubblico fosse attribuita, proprio in considerazione dei rispettivi fini istituzionali, la cura di un diverso interesse pubblico che, in quanto potenzialmente suscettibile di entrare in conflitto con gli interessi degli altri soggetti – in relazione all’ambito di estensione delle rispettive competenze e funzioni, richiedeva un impegno diretto al coordinamento delle attività riservate a ciascuno di tali soggetti, venendo la Corte costituzionale, quindi, a considerare "istituzionalmente" distinti gli enti universitari, portatori di propri autonomi interessi, dalla Amministrazione dello Stato.

Il primo motivo risulta, pertanto, fondato essendo incorsa in errore di diritto la CTR marchigiana interpretando le norme che disciplinano la autonomia universitaria, indicate in rubrica, in modo difforme dal significato ad esse attribuito da questa Corte con la pronuncia risolutiva del contrasto di giurisprudenza.

3.4 Anche il secondo motivo è fondato.

Diversamente da quanto ritenuto dalla CTR delle Marche la questione concernente la esenzione della Università dall’IRPEG relativamente ai redditi fondiari, non trova soluzione nella riconducibilità della funzione didattica delle Università tra le "funzioni statali" esercitate da "enti pubblici" ai sensi dell’art. 88, comma 2, lett. a) T.U.I.R..

L’argomento svolto dalla CTR delle Marche secondo cui la disposizione indicata, sottraendo alla imposta sulle persone giuridiche le funzioni "statali" svolte dall’Università, non potrebbe non ripercuotersi sulla applicazione alle medesime Università della generale esenzione dall’IRPEG prevista dal comma 1 dell’art. 88 T.U.I.R. per le Amministrazioni dello Stato (e gli enti pubblici territoriali) che svolgono funzioni pubbliche non costituenti esercizio di attività commerciali, risulta capzioso in quanto volto ad individuare nella disposizione del secondo comma un significato eccedente quello che alla disposizione deve essere riconosciuto al stregua del criterio ermeneutico letterale ( art. 12 preleggi, comma 1). La disposizione non intende, infatti, "aggiungere altre figure soggettive" a quelle già individuate (in relazione all’elemento delle territorialità) al comma 1 in base al criterio della qualificazione giuridica del soggetto, ma utilizza il diverso criterio della natura oggettiva dell’attività (funzioni statali) per sottrarre tali attività alla categoria di reddito, quello d’impresa, altrimenti imponibile anche per gli enti pubblici non commerciali (art. 87, comma 1, lett. c) e art. 108, comma 1 T.U.I.R.).

Ne consegue che la assenza di commercialità delle funzioni pubbliche esercitate dalle Università (in quanto enti pubblici), consente a queste di non assoggettare ad IRPEG i redditi prodotti in conseguenza della attività didattica (non considerati redditi di impresa), ma non consente anche di sottrarre dal reddito imponibile individuato dall’art. 108 T.U.I.R., le altre categorie reddituali, e specificamente i redditi fondiari, non potendo trovare applicazione, proprio in difetto della natura commerciale dell’attività svolta, la presunzione legale assoluta, ex art. 40 T.U.I.R., di assorbimento nel reddito di impresa del reddito fondiario degli immobili "strumentali" all’esercizio delle attività commerciali (cfr. Corte cass. 5^ sez. 30.12.2009 n. 28023 secondo cui "In tema di IRPEG, una fondazione avente natura di ente pubblico, istituita esclusivamente per l’esercizio di attività assistenziali in favore di minori abbandonati (nella specie, la "Fondazione Banco di Napoli per l’assistenza all’infanzia abbandonata"), rientra fra i soggetti non imponibili, ai sensi del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 88, comma 2, avendo ad oggetto lo svolgimento di attività non commerciale;

pertanto, il reddito fondiario degli immobili strumentali, utilizzati in relazione a tale attività, non subisce, neppure parzialmente, la trasformazione in reddito d’impresa, ex art. 40 del D.P.R. cit., con la conseguenza che il reddito complessivo va determinato sommando i vari redditi, compresi quelli fondiari, come espressamente dispone l’art. 103 del D.P.R. cit., non essendo essi assimilabili ai redditi di impresa": id. 5^ sez. 5.5.2011 n. 9875).

Pertanto è incorsa in errore di diritto la CTR delle Marche ritenendo che la disposizione dell’art. 88, comma 2, lett. a) T.U.I.R., riferita agli enti pubblici (evidentemente diversi dai soggetti pubblici contraddistinti dal requisito della territorialità di cui al comma 1, che beneficiano già della completa esenzione dall’IRPEG) potesse estendersi a ricomprendere, oltre le attività non commerciali (escluse dal reddito di impresa altrimenti imponibile ai sensi dell’art. 108 T.U.I.R.), anche i redditi fondiari derivanti dalla titolarità di un diritto reale sull’immobile, che vengono a confluire nell’imponibile indipendentemente dalla qualità di ente pubblico non commerciale che deve essere riconosciuta alle Università statali.

4. In conseguenza dichiarati fondati il primo ed il secondo motivo, assorbito il terzo, il ricorso deve essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e, non dovendosi procedere ad ulteriori accertamenti in fatto, la Corte può decidere la causa nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto del ricorso introduttivo proposto in primo grado. La risoluzione del contrasto giurisprudenziale relativo alla qualificazione giuridica delle Università statali, intervenuta soltanto in pendenza del giudizio, configura i giusti motivi che legittimano la integrale compensazione delle spese dell’intero giudizio tra le parti.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione:

– accoglie il ricorso (quanto al primo e secondo motivo, assorbito il terzo), per l’effetto cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso proposto dall’ente universitario in primo grado, dichiarando interamente compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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