Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 19-10-2011) 22-11-2011, n. 43105 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Le difese di A.R., S.E.M. e C.S. propongono ricorso avverso la sentenza del 2 febbraio 2010 della Corte d’appello di Bologna che ha confermato la loro affermazione di responsabilità pronunciata dal giudice di primo grado per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e art. 80, n. 2. 1.1. Nell’interesse dei primi due si eccepisce violazione di norme penali e processuali e difetto di motivazione assumendo che il giudice di merito non abbia motivato riguardo l’impossibilità di attribuzione di responsabilità per la detenzione dell’intero quantitativo rinvenuto in auto, invece di limitarla alla parte della sostanza che gli interessati avevano cercato di trasferire da una vettura all’altra, non risultando dagli elementi acquisti la consapevolezza della presenza dell’intero carico.

1.2. In relazione al ricorrente A. si contesta che la Corte non abbia tratto conseguenze favorevoli all’interessato, che ha fornito spontanee informazioni sulla base delle quali si è giunti al contestuale fermo del fornitore della sostanza ed alla scoperta della sua abitazione, come nascondiglio di un ulteriore, significativo, quantitativo di sostanza stupefacente, poichè il giudice di merito, ingiustificatamente, non ha ravvisato la ricorrenza della pur invocata diminuente di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 7. 2.1. Nell’interesse di C.S. si eccepisce difetto di motivazione osservando che nella sentenza si pone in luce la circostanza della pacifica rilevanza delle indicazioni dell’agente provocatore al fine di provare la responsabilità del reato, per giustificare la conferma della sentenza impugnata mentre il giudice ha omesso di valutare che nell’atto d’appello è stata contestata la sussistenza dell’aggravante, sollecitata la concessione dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p., nonchè lamentata la mancata quantificazione della riduzione per le attenuanti generiche nella misura massima, motivi di gravame tutti sui quali si ritiene che la sentenza non abbia fornito motivazione sufficiente.

2.2. Con il secondo motivo si eccepisce violazione di legge penale per la qualificazione giuridica del fatto, ritenendo illegittima l’attribuzione all’interessato del reato di acquisto a fini di spaccio del complessivo quantitativo di sostanza stupefacente sequestrato, pari a 285 kg; si assume invece che a questi potrebbe al più ascriversi la fattispecie tentata, che si realizza quando, come nella specie, l’azione delittuosa si svolge sotto la diretta osservazione delle forze dell’ordine.

Richiamata la giurisprudenza in tema di tentativo di acquisto, si rileva che solo per una minima parte dello stupefacente è stata perfezionata la traditio, essendo stati trasferiti nel possesso dell’odierno ricorrente solo 70 chili di sostanza stupefacente, mentre la rimanente parte è rimasta sull’autovettura del coimputato;

quest’ultimo ha acquistato, senza il coinvolgimento di C., l’intero quantitativo da un connazionale, nei cui confronti si è agito separatamente.

Alla luce di tali elementi avrebbe potuto attribuirsi la detenzione dell’intero quantitativo a C. solo nell’ipotesi in cui fosse stato dimostrato il previo accordo in relazione all’acquisto dell’intero quantitativo, situazione che nella specie non risulta ravvisabile.

2.3. Con il terzo motivo si lamenta l’erronea applicazione della legge penale circa la valutata sussistenza dell’aggravante di cui al cit. D.P.R., art. 80, comma 2.

Si assume sotto il profilo soggettivo che risulta del tutto plausibile che tre persone siano state reclutate in maniera estemporanea all’insaputa l’una dell’altra, lettura avvalorata dalla circostanza che nessuno dei coimputati ha dichiarato di aver conosciuto in precedenza C..

Sotto il profilo oggettivo il quantitativo rinvenuto non sembra annoverabile tra quelli cui la giurisprudenza di legittimità consente di ritenere applicabile la circostanza che è riferibile a quantitativi di elevatissima entità, valutabile anche alla luce del territorio di riferimento, che nel caso di specie è costituito dalla zona milanese, che per la sua ampiezza, non può condurre ad inquadrare l’azione tra quelle che costituiscono espressione di un rilevante pericolo per la salute della collettività. 2.4. Con il quarto motivo si lamenta il mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p., denunziando sul punto violazione di legge e omessa motivazione.

Motivi della decisione

1. Il ricorso risulta fondato.

Gli atti di appello proposti nell’interesse dei ricorrenti A. e S. contestavano la sufficienza di prove in ordine alla loro consapevolezza dell’esistenza di un carico più ampio di quello già trasbordato sull’autovettura nella disponibilità del coimputato.

Analogamente i motivi di appello proposti nell’interesse di C. prospettavano la qualificazione giuridica dell’azione quale tentativo, per essersi questa costantemente svolta sotto il controllo dell’autorità di polizia, rendendo impossibile l’effettiva disponibilità della merce da parte degli imputati.

Rispetto a tali doglianze, che incidevano sull’affermazione di responsabilità, anche con riferimento alla possibile delimitazione dell’illecito ascrivibile agli imputati ad una sola parte del carico, il giudice del gravame è giunto ad una conferma dell’affermazione di responsabilità pronunciata in primo grado, accertando conseguentemente la detenzione da parte degli odierni ricorrenti dell’intero carico di stupefacente, senza svolgere alcuna specifica argomentazione di segno contrario rispetto ai rilievi operati in appello; nè tale motivazione può ricavarsi dal richiamo alle valutazioni espresse in argomento dal primo giudice, sulla base di un rinvio che permetta di ritenere valutata, in senso conforme a quanto già operato in quella sede, l’infondatezza delle prospettazioni giuridiche o di fatto espresse nei motivi d’appello proposti, non essendo stato operato alcun riferimento a tali deduzioni. Nella sentenza il giudice d’appello si è limitato a riportare il giudizio finale, relativo all’intervenuta consumazione dell’azione, che riguarda il quantitativo di droga complessivo, senza aggiungere alcuna osservazione sulle modalità di svolgimento dei fatti tesa a corroborare gli elementi di valutazione posti a fondamento di tale giudizio. Nè risulta idoneo a sopperire a tale esigenza il richiamo alla frequenza con la quale si giunge all’affermazione di responsabilità sulla base di indicazioni fornite dal militare che abbia svolto il ruolo di agente provocatore, sia perchè si tratta di osservazione non pertinente rispetto al caso concreto, in cui vi è stata solo un’osservazione degli agenti, che non risultano essere intervenuti nelle trattative, sia in quanto tale richiamo nulla permette di aggiungere sulle modalità di svolgimento del fatto, non consentendo di ricostruire la correttezza della valutazione di responsabilità per il quantitativo complessivo con riferimento alla specifica condotta realizzata dai tre ricorrenti.

2. Ad analoga conclusione deve giungersi riguardo alla motivazione attinente la determinazione della pena, di cui le difese sollecitavano, sotto plurimi aspetti, la diversa quantificazione; in particolare la difesa di A. aveva sollecitato in atto d’appello il riconoscimento dell’attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 7 richiamando una condotta di collaborazione che assumeva prestata, mentre la difesa di C., oltre a contestare l’applicabilità dell’aggravante per la quota di stupefacente alla quale riteneva di circoscrivere la propria responsabilità, richiedeva al giudice del gravame l’applicazione dell’attenuante di cui all’art. 114 c.p..

La fondatezza di tali argomenti nella pronuncia impugnata risulta globalmente contrastata con richiamo alla congruità della sanzione, che nella sua genericità, soprattutto ove valutata in riferimento alle specifiche attenuanti di cui si invocava l’applicazione, non appare sufficiente a fornire contezza della correttezza della soluzione adottata.

3. Valutato presente, per i motivi esposti, il deficit motivazionale lamentato nei ricorsi, si dispone l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Bologna, per nuovo giudizio.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata, e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Bologna.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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