T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 27-12-2011, n. 10189

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Parte ricorrente ricorda che, con d.P.C.M. dell’11 febbraio 1994, veniva dichiarato lo stato di emergenza in ordine alla situazione determinatasi nel settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani nella Regione Campania, poi prorogato con successivi decreti fino al 31 dicembre 2009.

Con O.P.C.M. n. 2425 del 18 marzo 1996, il Presidente della Giunta Regionale della Campania veniva nominato Commissario di Governo delegato per la soluzione della succitata emergenza, con incarico, tra l’altro, dell’approntamento del Piano Regionale per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani.

Con successive O.P.C.M., l’incarico di Commissario Delegato per l’Emergenza, veniva attribuito negli anni a seguire, a diversi soggetti.

Da ultimo, con d.l. 23 maggio 1998, n. 90, convertito con l. 14 luglio 2008, n. 123, il coordinamento della complessiva azione di gestione dei rifiuti nella Regione Campania per il periodo emergenziale, veniva attribuito al Dipartimento della Protezione civile della Presidenza del Consiglio, ed alla soluzione di detta emergenza veniva preposto un Sottosegretario di Stato, presso la stessa P.C.M., nella persona del capo della Protezione civile.

Questi nominava più Capi Missione delegati ad esercitare compiti di amministrazione attiva, che subentravano ai Commissari Delegati in carica.

Con O.P.C.M. del 1 luglio 2008, n. 3686, veniva istituita, ai fini della definizione dei contenziosi e delle situazioni creditorie e debitorie della pregresse gestioni affidate ai Commissari Delegati, la Missione denominata "Gestione contenzioso e Situazione creditoria e debitoria pregressa".

Tra il 2001 e il 2008, Ecolog s.p.a. ed il Commissario Delegato per l’Emergenza Rifiuti del tempo, sottoscrivevano una prima convenzione avente ad oggetto il servizio di trasporto dei rifiuti.

Altri accordi (dettagliatamente elencati) seguivano nel tempo, da ultimo in data 31 gennaio 2008.

La società rappresenta di avere compiutamente adempiuto i propri obblighi contrattuali, mentre il Commissario delegato per l’Emergenza, si è reso gravemente inadempiente all’obbligo di pagare i corrispettivi dovuti. Allo stato, il credito maturato ammonta ad euro 101.079.236, 48, per sorte capitale e interessi.

Il succitato credito è già stato in gran parte espressamente riconosciuto dal Commissario Delegato per l’Emergenza, mediante atti di ricognizione di debito e c.d. "piani di rientro" nel tempo rilasciati.

La società soggiunge che, quando ha manifestato l’impossibilità di continuare la prestazione del servizio in difetto dei dovuti pagamenti da parte del Commissario, le è stato intimato dall’Autorità di eseguire le prestazioni senza interruzione alcuna del servizio, in tal modo sottraendole gli strumenti di autotutela previsti dal codice civile (ex art. 1460) che le avrebbero consentito di non aumentare la sua esposizione finanziaria.

In data 31 dicembre 1999, è terminato lo stato di emergenza rifiuti nella Regione Campania.

A tale fine, l’art. 2 del d.l. 30 dicembre 2009, n. 195, conv. con l. 26 febbraio 2010, n. 26, ha istituito una Unità Stralcio, deputa ad avviare le procedure per l’accertamento della massa attiva e passiva derivante dalle attività compiute durante lo stato di emergenza rifiuti ed imputabili alle strutture commissariali e del Sottosegretario di Stato all’emergenza rifiuti (art. 3)..

Soltanto in data 1 dicembre 2010, il Capo dell’Unità Stralcio ha emesso il decreto previsto dall’art. 5 del d.P.C.M. n. 7 del 2010.

Parte ricorrente ritiene, tuttavia, che gli artt. 5, comma 5, lett. B) e c), 6, commi 1 e 2, e 7, siano illegittimi e debbano essere annullati per i seguenti motivi:

1. Il Decreto, nella parte in cui esprime la prescrizione risultante dal combinato disposto dell’art. 5, comma 5, lett. b) e lett. c), e dell’art. 7, è stato adottato in violazione di legge ed è viziato da difetto assoluto di attribuzione o incompetenza ed eccesso di potere.

Le norme in rubrica stabiliscono che i piani di estinzione, debbano osservare il seguente ordine di priorità: "(…) b) crediti portati da titoli esecutivi definitivi, nei limiti degli importi determinati negli stessi titoli; c) crediti derivanti da atti transattivi sottoscritti dal Capo dell’Unità stralcio, tenendo conto nell’ambito delle transazioni della data di esigibilità del credito originario".

Quest’ultima disposizione si combina con quella del successivo art. 7, secondo cui "coloro che hanno prodotto istanza di ammissione alla massa passiva ai sensi del precedente art. 3, possono comunicare all’Unità Stralcio, entro il termine di cui al comma 1 del precedente art. 4, la propria disponibilità a concludere atti transattivi relativamente al credito vantato".

1.1.Violazione di legge. Eventuale incostituzionalità dell’art. 3, comma 4, del d.l. 195/2009.

Il provvedimento in oggetto contrasta con il principio della par condicio creditorum, e pretende di creare due nuove cause di prelazione non rientranti tra quelle previste dalla legge (art. 2741, c.c., art. 52 r.d. n. 267 del 1942).

Né può valere a salvare il provvedimento l’art. 3, comma 4, del d.l. 195/2009, il quale, ove interpretato nel senso voluto dal decreto, contrasta con l’art. 3 della Costituzione e con i principi cardine del diritto civile.

Non vi è, infatti, alcuna valida ragione per trattare in maniera deteriore i creditori che vantino crediti anteriori e incontestati (o addirittura riconosciuti) rispetto a creditori i cui crediti sono stati oggetto di contenzioso risolto con sentenza o decreto ingiuntivo o con transazione del Capo dell’Unità stralcio.

La norma del decreto legge deve, pertanto, essere interpretata nel senso di un mero richiamo ai principi che regolano il soddisfacimento dei creditori e di conferma del rilievo dell’anteriorità temporale tra crediti di pari grado.

Diversamente, la società sollecita la Sezione a sollevare questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 4, d.l. 195 del 2009, per contrasto con il principio di eguaglianza e parità di trattamento sancito dall’art. 3 della Costituzione.

Parte ricorrente evidenzia, ancora, che l’art. 5, comma 5, lett. c) del Decreto stabilisce una limitazione del "privilegio" ai soli crediti che siano stati oggetto di transazione con il Capo dell’Unità Stralcio, là dove, invece, l’art. 3, comma 4, del d.l. 195/2009, fa generico riferimento alle "transazioni" in precedenza intervenute.

Censura, altresì, l’art. 7, in quanto impone ai creditori di dichiarare una generica disponibilità a transigere senza che siano stati definiti i termini della transazione.

1.2. Difetto assoluto di attribuzione od incompetenza

L’art. 5, comma 5, lett. c) è comunque viziato da incompetenza perché la materia delle cause di prelazione è assistita da riserva di legge. Lo stesso è a dirsi per l’art. 7, nella parte in cui impone ai creditori di dichiarare la propria disponibilità a transigere "a scatola chiusa", in quanto siffatta prescrizione non trova alcun fondamento nei poteri conferiti dalla legge al Capo dell’Unità stralcio.

1.3. Eccesso di potere delle medesime norme.

2. Il Decreto, nella parte in cui esprime la prescrizione risultante dall’art. 6, comma 1, è stato adottato in violazione di legge ed è viziato da difetto assoluto di attribuzione o incompetenza ed eccesso di potere.

L’art. 6, comma 1, stabilisce che il pagamento dei debiti avverrà gradualmente, entro i limiti delle risorse finanziarie disponibili.

Tuttavia, non rientra tra i poteri del Capo dell’Unità Stralcio quello di mutare la disciplina dell’esigibilità delle obbligazioni privatistiche assunte dall’amministrazione.

Propone, pertanto, una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 3, comma 4, del d.l n. 195/2009.

3. Il Decreto, nella parte in cui esprime la prescrizione risultante dall’art. 6, comma 2, è stato adottato in violazione di legge ed è viziato da illegittimità, difetto assoluto di attribuzione, incompetenza ed eccesso di potere.

Parte ricorrente, in considerazione del fatto che, quello di cui si verte, rappresenta allo stato l’unico procedimento disponibile per ottenere il pagamento dei crediti maturati verso i Commissari per l’Emergenza Rifiuti in Campania, reputa altresì illegittima la disposizione in rubrica, la quale comporta che, a fronte del pagamento dei debiti ammessi nel piano di estinzione, i creditori rinuncino alle ulteriori pretese ivi non riconosciute.

Si tratta di una disposizione contrastante con elementari principi di diritto, e potrebbe risultare legittima solo se interpretata nel senso che essa non comporta rinuncia alle ulteriori pretese per il cui riconoscimento sia stata proposta tempestiva impugnazione del provvedimento che ha negato l’ammissione alla massa passiva e/o del provvedimento di approvazione dei piani di estinzione delle passività ai sensi dell’art. 8 dello stesso Decreto, innanzi alle competenti sedi.

4. Ulteriori considerazioni circa il vizio di eccesso di potere che affligge tutte le succitate prescrizioni.

Secondo parte ricorrente l’art. 3 del d.l. n. 195/2009 non lascia sostanziale alternativa alla procedura in esame per la soddisfazione dei crediti maturati verso i Commissari per l’Emergenza Rifiuti in Campania, con conseguente ingiustificata compromissione dei loro diritti.

Si sono costituite, per resistere, le amministrazioni intimate.

Le parti hanno depositato memorie, in vista della pubblica udienza del 9 novembre 2011, alla quale il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

Motivi della decisione

1. Lo stato di emergenza in materia di rifiuti nella Regione Campania, è cessato il 31.12.2009.

Alla "Missioni", previste dal d.l. n. 90/2008 (conv., con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123) sono subentrate l’Unità Stralcio e l’Unità operativa, di cui all’art. 2 del d.l. n. 195/2009, (conv. in legge. con modificazioni, dalla l.n. 26/2010), i cui compiti sono disciplinati dagli artt. 3 e 4, stesso decreto.

Inoltre, ai sensi dell’art. 5, comma 2 "Le previsioni delle ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri adottate nell’ambito dell’emergenza rifiuti nella regione Campania cessano di avere efficacia alla data del 31 dicembre 2009, fatti salvi i rapporti giuridici ancora in corso alla stessa data, che cessano alla naturale scadenza".

1.2. Allo scopo di consentire la chiusura della fase di emergenza, l’art. 3 del d.l. n. 195/2009, ha affidato il compito, ad una apposita "Unita Stralcio", di avviare "le procedure per l’accertamento della massa attiva e passiva derivante dalle attività compiute durante lo stato di emergenza rifiuti in Campania ed imputabili alle Strutture commissariali e del Sottosegretariato di Stato all’emergenza rifiuti di cui all’articolo 1 del decretolegge n. 90 del 2008", stabilendo altresì che "Per gli eventuali contenziosi derivanti dall’attuazione del presente articolo si applica l’articolo 4 del decretolegge n. 90 del 2008. (…)".

Ai sensi del comma 4 della medesima disposizione "A seguito del definitivo accertamento della massa attiva e passiva, contro cui è ammesso ricorso giurisdizionale ai sensi del comma 1, l’Unità stralcio, nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, predispone uno o più piani di estinzione delle passività sulla base delle istanze di cui al comma 3 e previa comunicazione degli stessi piani al Ministero dell’economia e delle finanze, provvede al pagamento dei debiti ivi iscritti, dando priorità, in via graduata nell’ambito del piano, ai crediti privilegiati, ai crediti recati da titoli esecutivi definitivi, a quelli derivanti da un atto transattivo tenendo conto della data di esigibilità del credito originario, ai crediti di lavoro, nonché agli altri crediti in relazione alla data di esigibilità".

E’ bene precisare che, il decreto legge, prevedeva, in origine, una disposizione, non convertita, del seguente tenore "(5. Dalla data di entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 gennaio 2011, non possono essere intraprese azioni giudiziarie ed arbitrali nei confronti delle Strutture commissariali e della unità stralcio e quelle pendenti sono sospese. I debiti insoluti, dalla data di entrata in vigore del presente decreto, non producono interessi, né sono soggetti a rivalutazione monetaria.)".

2. Ciò premesso, il Collegio è chiamato in primo luogo a verificare la sussistenza della propria giurisdizione,

L’art. 8 dell’impugnato decreto n. 903/2010, recante l’Avviso pubblico "per la formazione della massa passiva, di cui al decretolegge 30 dicembre 2009, n. 195, derivante dalle attività delle pregresse gestioni commissariali e di quelle del sottosegretario di Stato per l’emergenza rifiuti in Campania", prevede infatti che "Avverso il presente avviso, i provvedimenti di ammissione alla massa passiva e il provvedimento di approvazione dei piani di estinzione delle passività è ammesso ricorso giurisdizionale al Tribunale Amministrativo Regionale e ricorso straordinario al Capo dello Stato".

Al riguardo, il Collegio ricorda, in primo luogo, che la previsione testé riportata, si basa sulla previsione di cui all’art. 4 del d.l. n. 90/2008, successivamente trasfusa nel codice del processo amministrativo (art. 133, comma 1, lett. p), secondo cui sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo "le controversie aventi ad oggetto le ordinanze e i provvedimenti commissariali adottati in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell’ articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e le controversie comunque attinenti alla complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti della pubblica amministrazione riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere, quand’anche relative a diritti costituzionalmente tutelati".

La norma, come noto, è stata interpretata dalla Corte Costituzionale nel senso che, l’espresso riferimento normativo ai comportamenti della p.a. deve essere inteso nel senso che quelli che rilevano, ai fini del riparto della giurisdizione, sono soltanto i comportamenti costituenti espressione di un potere amministrativo, e non anche quelli meramente materiali, posti in essere dall’amministrazione al di fuori dell’esercizio di un’attività autoritativa. Pertanto, quando vengono in rilievo questioni meramente patrimoniali, connesse al mancato adempimento da parte dell’amministrazione di una prestazione pecuniaria nascente da un rapporto obbligatorio, i comportamenti posti in essere dall’amministrazione stessa non sono ricompresi nell’ambito di applicazione della norma impugnata e rientrano, invece, nella giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria (cfr., da ultimo, Corte Costituzionale, sentenza 12 maggio 2011, n. 267; cfr. anche Cass. civ., sez. un., 9 settembre 2010, n. 19253).

La fattispecie di cui si verte, però, a parere del Collegio, non si iscrive nel semplice schema della definizione di rapporti di natura patrimoniale.

A tal fine basta in primo luogo considerare che, dopo la soppressione, in sede di conversione, del surriportato comma 5 dell’art. 3, del d.l. n. 195/2009, non è più obbligatorio l’inserimento nella massa passiva per ottenere il soddisfacimento del credito vantato, potendo il creditore direttamente esercitare le azioni giudiziarie (innanzi alla giurisdizione ordinaria) per conseguire il pagamento di quanto preteso (cfr., sul punto, il d.P.C.M. 18 luglio 2011, n. 128).

La procedura in esame è quindi del tutto facoltativa, risultandone, pertanto, fortemente depotenziato il carattere di vera e propria gestione liquidatoria, su base concorsuale, che, come noto, è una soluzione alla quale il legislatore ricorre in presenza di un ragionevole rischio di insufficienza di un patrimonio a soddisfare i creditori.

Ad ogni buon conto, è noto che, in relazione a procedure concorsuali obbligatorie, di natura amministrativa, caratterizzate dalla presenza di poteri autoritativi in capo all’Organo liquidatore, la Corte di Cassazione afferma, costantemente, la sussistenza della giurisdizione amministrativa di legittimità (cfr., da ultimo, Cass. civ., sez. un., 20 ottobre 2010, n. 21498).

Nel caso di specie, anche in conseguenza del carattere facoltativo assunto dalla procedura – che si pone sostanzialmente quale una alternativa semplificata, anche finalità transattiva, alle azioni giudiziarie ordinarie – risulta vieppiù accentuata la natura discrezionale dei poteri dell’Unità stralcio, la quale non solo "provvede all’accertamento dei singoli crediti e al loro inserimento nella massa passiva mediante procedure che garantiscono la par condicio dei creditori, in relazione alle specifiche ragioni di credito, ed a seguito di valutazione compiuta da un’apposita commissione istituita dal Capo dell’Unità Stralcio con proprio decreto" ma è altresì deputata a valutare l’opportunità di concludere atti transattivi (cfr., in particolare, l’art. 7 del decreto n. 903).

L’attribuzione all’Unità stralcio, non già soltanto di poteri di mero "accertamento" ma anche di valutazione delle situazioni creditorie, giustifica pertanto, secondo gli ordinari criteri di riparto (e quindi indipendentemente dalle disposizioni all’uopo previste dal d.l. n. 195/2009, ovvero dall’art. 8 del decreto n. 903/2010), l’attribuzione delle relative controversie alla giurisdizione amministrativa.

2. Ciò posto, il ricorso si appalesa, per altro verso, inammissibile.

E’ noto, infatti, che la lesione dell’interesse che legittima al ricorso deve essere caratterizzata dai requisiti della concretezza e dell’attualità, cioè deve essere una conseguenza diretta ed immediata del provvedimento lesivo e dell’assetto di interessi con esso introdotto, e deve essere concreta e non meramente potenziale.

Con specifico riguardo ai procedimenti di concorso, la giurisprudenza ha, ad esempio, affermato che gli atti adottati dalla Commissione esaminatrice durante l’espletamento delle prove concorsuali, devono essere impugnati, a pena di decadenza, soltanto insieme ai provvedimenti lesivi, applicativi delle disposizioni del bando di concorso e/o delle decisioni della Commissione esaminatrice sulle modalità di svolgimento delle prove concorsuali, atteso che soltanto questi ultimi provvedimenti ledono in modo effettivo l’unico vero interesse del candidato, partecipante al concorso, di collocarsi nella graduatoria finale tra i vincitori.

Per contro, le clausole del bando o della lettera di invito che onerano l’interessato ad una immediata impugnazione, sono solo quelle che prescrivono requisiti di ammissione o partecipazione, la carenza dei quali determina immediatamente l’effetto escludente, configurandosi il successivo atto di esclusione come meramente dichiarativo e ricognitivo di una lesione già prodotta (cfr., ex plurimis, Cons. St., sez. V, 4 marzo 2011, n. 1380).

2.1. Nel caso di specie, come confermato all’udienza di discussione dalla difesa erariale, non risultano adottati né atti di ammissione alla massa passiva né, tantomeno, sono stati formati i piani di estinzione.

Allo stato, non è dato quindi sapere se, ad esempio, i pregressi atti di ricognizione di debito delle strutture commissariali nei confronti di F.S., ovvero gli atti di transazione già stipulati verranno considerati (o meno) ai fini della rilevazione dello stato passivo e della graduazione dei crediti.

Allo stesso modo, è impossibile verificare ex ante se la posizione creditoria di parte ricorrente, ai fini della peculiare procedura di cui si verte (la quale, come già evidenziato, ha carattere meramente facoltativo), risulterà effettivamente pregiudicata dall’impugnata disciplina, sia sotto il profilo dell’ordine di priorità stabilito dai piani di estinzione, sia per quanto riguarda il limite delle "risorse disponibili".

Pertanto, ogni questione inerente all’applicazione dell’impugnata disciplina (che la stessa parte ricorrente riconosce non essere univocamente chiara e vincolante) potrà e dovrà essere proposta unitamente agli atti che di essa fanno applicazione, dal momento che solo questi ultimi appaiono idonei ad identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento e a rendere attuale e concreta la lesione della sua situazione soggettiva.

3. Per quanto appena argomentato, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse.

Tuttavia, in considerazione della novità, nonché peculiarità, della normativa in esame, appare equo compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. I^, definitivamente pronunciando sul ricorso di cui in premessa, lo dichiara inammissibile per carenza di interesse.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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