Cass. civ. Sez. V, Sent., 01-06-2012, n. 8821 Perdite, minusvalenze, sopravvenienze passive Redditi d’impresa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 565/40/09, depositata il 5.11.2009 la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza di primo grado che aveva ritenuto legittimo il frazionamento da parte della società M.E.F.I. (Materiali Edili Forniture Industriali) s.r.l. di una perdita su crediti, derivanti da un credito verso una ditta in concordato preventivo, che avrebbero dovuti essere dedotte interamente nell’anno d’imposta 2002 e non negli anni successivi (nella fattispecie 2003).

L’Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale deducendo i seguenti motivi:

a) violazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 101, comma 3, art. 109, D.Lgs n. 446 del 1997, art. 5, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, ritenendo illegittima la deduzione "pro quota" della perdita di crediti nell’esercizio in cui il Tribunale ha omologato, ai sensi dell’art. 180 c.p.c., il concordato preventivo;

b) violazione dell’art. 156 c.p.c., comma 2, D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 e art. 36, in relazione all’art. 360 c.p.c., numero 4, rilevando conflitto tra dispositivo e motivazione della sentenza impugnata in quanto mentre nel dispositivo si dichiara di accogliere l’appello incidentale, in motivazione si affronta esclusivamente la questione relativa all’illegittima imputazione, da parte della società, di una quota parte della perdita su crediti nell’anno d’imposta 2003;

c) violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, comma 2, n. 4 e art. 61, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, non avendo il giudice d’appello motivato in ordine alla pretesa violazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, oggetto di appello incidentale.

La società intimata si è costituita con controricorso Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 12.4.2012, in cui il PG ha concluso come in epigrafe.

Motivi della decisione

1) Vanno, preliminarmente, disattesi i motivi del controricorso che denunciano violazione del principio di autosufficienza e difetto di motivazione, questa Corte ha, al riguardo, rilevato che "per soddisfare il requisito dell’esposizione sommaria dei fatti di causa, prescritto, a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione, dal n. 3 dell’art. 366 cod. proc. civ., non è necessario che l’esposizione dei fatti costituisca una premessa autonoma e distinta rispetto ai motivi di ricorso, nè occorre una narrativa analitica o particolareggiata, ma è sufficiente ed, insieme, indispensabile che dal contesto del ricorso (ossia, solo dalla lettura di tale atto ed escluso l’esame di ogni altro documento, compresa la stessa sentenza impugnata) sia possibile desumere una conoscenza del "fatto", sostanziale e processuale, sufficiente per bene intendere il significato e la portata delle critiche rivolte alla pronuncia del giudice "a quo", non potendosi distinguere, ai fini della detta sanzione di inammissibilità, fra esposizione del tutto omessa ed esposizione insufficiente" (cfr. Corte cass. 1^ sez. 4.6.1999 n. 5492; id. 3^ sez. 17.10.2001 n. 12681; id. 1^ sez. 20.8.2004 n. 16360; id. 1^ sez. 30.5.2007 n. 12688; sez. lav. 5.2.2009 n. 2831).

Nel caso di specie risultano ampiamente descritti nel ricorso i fatti di causa e le censure mosse alla sentenza impugnata con i motivi specifici del ricorso.

2) Il primo motivo del ricorso principale è fondato.

Qualora il debitore sia sottoposto alla procedura di concordato preventivo, la perdita deve essere dedotta per intero nell’esercizio in cui è stata emesso il decreto di ammissione alla procedura, R.D. n. 267 del 1942, ex art. 163, non essendo possibile frazionarlo pro quota negli esercizi successivi.

L’art. 66 comma 3 del T.U.I.R., applicabile ratione temporis, prevede che "le perdite su crediti sono deducibili se risultano da elementi certi e precisi, e in ogni caso, per le perdite su crediti, se il debitore è assoggettato a procedure concorsuali".

Il tenore letterale di questa disposizione consente d’interpretarla nel senso che l’anno di competenza per operare la deduzione deve coincidere con quello in cui si acquista certezza che il credito non può più essere soddisfatto, perchè in quel momento stesso si materializzano gli elementi "certi e precisi" della sua irrecuperabilità. Diversamente opinando si rimetterebbe all’arbitrio del contribuente la scelta del periodo d’imposta in cui gli sarebbe più vantaggioso operare la deduzione, snaturando la regola espressa dal principio di competenza, che rappresenta invece criterio inderogabile ed oggettivo per determinare il reddito d’impresa. (Sez. 5, Sentenza n. 16330 del 03/08/2005, cfr. anche Sez. 5, Sentenza n. 9218 del 21/04/2011; Sez. 5, Sentenza n. 22135 del 29/10/2010). Le regole sull’imputazione temporale dei componenti del reddito, dettate in via generale dall’ari. 75 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 817, sono tassative ed inderogabili, non essendo consentito al contribuente di ascrivere a proprio piacimento un componente positivo o negativo del reddito ad un esercizio diverso da quello individuato dalla legge come "esercizio di competenza" (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 26665 del 18/12/2009, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 4297 del 23/02/2010).

Il recupero a tassazione dei ricavi nell’esercizio di competenza non può, quindi, trovare ostacolo nella circostanza che essi siano stati dichiarati in un diverso esercizio non potendosi lasciare il contribuente arbitro della scelta del periodo più conveniente in cui dichiarare i propri componenti di reddito, con innegabili riflessi sulla determinazione del proprio reddito imponibile (cfr Cass. Sez. 5, n. 3418 del 12/02/2010).

3) Anche il secondo motivo è fondato: risulta del tutto assente la motivazione relativamente al pronunciato accoglimento dell’appello incidentale. Infatti la CTR, sia nel dispositivo che nella motivazione, ha dichiarato di accogliere l’appello incidentale, senza tuttavia enunciare i relativi motivi omettendo alcuna motivazione alcuna al riguardo, senza che sia dato comprendere quali fossero le ragioni della decisione.

Le ulteriori questioni rimangono assorbite. Va, quindi, cassata senza rinvio la sentenza impugnata, e non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., va respinto l’originario ricorso della società e dichiarata la legittimità dell’avviso di accertamento. Poichè la giurisprudenza favorevole all’Ufficio si è formata in epoca successiva alla proposizione del ricorso sussistono giusti motivi per dichiarare compensate tra le parti le spese di tutti i gradi di giudizio.

P.Q.M.

Cassa senza rinvio la sentenza impugnata e decidendo ex art. 384 c.p.c., dichiara la legittimità dell’ avviso di accertamento.

Dichiara compensate tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *