Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 12-10-2011) 22-11-2011, n. 43104

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con la decisione in epigrafe la Corte d’appello di Catania ha confermato la sentenza del 12 marzo 2003 con cui il Tribunale di quella stessa città aveva condannato M.C. alla pena di due anni e tre mesi di reclusione per il reato di cui all’art. 61 c.p., n. 10, art. 81 cpv. c.p., e art. 368 c.p..

La vicenda ha origine con il sequestro della motobarca (OMISSIS), di proprietà di P.S. e Me.Gr., e con il mancato rilascio da parte della Capitaneria di Porto della certificazione a svolgere attività di pesca, motivato sul presupposto che l’imbarcazione in questione altro non era che la vecchia motobarca (OMISSIS), ristrutturata.

I proprietari della imbarcazione, assieme al capo barca Me.

F. e a Mo.Jo., presentarono una denuncia contro alcuni ufficiali della capitaneria di Porto, sostenendo di essere stati costretti dal capitano V.T., dall’ufficiale S.E. e dal maresciallo A.A. a dichiarare che il motopeschereccio sequestrato era in realtà la vecchia imbarcazione, mentre si trattava di una imbarcazione nuova, acquistata presso la ditta Angelo Belfiore, e di aver accettato di sottoscrivere tale dichiarazione solo per poter riprendere l’attività di pesca.

A questo punto si inserisce l’esposto del 16.4.1997 presentato alla procura della Repubblica di Catania dal M., presidente delle Federazioni Armatori Siciliani, il quale accusava il maresciallo A.A., di aver tentato di estorcere dichiarazioni nei confronti di Me.Fo. in relazione alla pratica concernente la certificazione a svolgere attività di pesca della motobarca (OMISSIS), esposto che seguiva quelli del 18.3.1995 e 14.7.1995.

Le sentenze di merito hanno ritenuto che l’accertata trasformazione della vecchia imbarcazione nel motopeschereccio (OMISSIS), sulla base di una serie di testimonianze e della consulenza svolta dall’ingegnere L.F., dimostra la consapevolezza delle false accuse rivolte agli ufficiali della Capitaneria in quanto questi non avevano alcun motivo di minacciare i proprietari dell’imbarcazione e di conseguenza prova anche la responsabilità del M. il quale, al momento dell’esposto, era consapevole di accusare il maresciallo A., pur sapendolo innocente.

Il difensore dell’imputato ha proposto ricorso per cassazione.

Con il primo motivo deduce la mancanza e l’illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza degli elementi materiali e psicologici del reato di calunnia, assumendo che l’esposto del 1997, che costituiva lo sviluppo delle denunce presentate il 18.3.1995 e il 14.7.1995, non aveva contenuto calunnioso in quanto era diretto solo a chiedere di fare piena luce su quanto gli era stato riferito da Me.Fo. in merito al comportamento tenuto, nei suoi confronti, dal maresciallo A. A..

Inoltre, lamenta che la sentenza non abbia condotto alcun accertamento sulla sussistenza del dolo e, conseguentemente, sulla mancata consapevolezza dell’innocenza dell’incolpato, la cui responsabilità emergeva da documenti e testimonianze.

Con un secondo motivo denuncia il travisamento in cui sarebbe incorso il giudice di secondo grado nella lettura delle dichiarazioni rese dal M. nell’udienza del 3.5.2001 e, inoltre, l’omessa motivazione in ordine alle deduzioni difensive evidenziate nell’atto di appello con riferimento al profilo psicologico del reato di calunnia.

Con il terzo motivo ribadisce l’assenza degli elementi costitutivi della calunnia, sottolineando che l’imputato non ha mai accusato deliberatamente A.M. di aver commesso reati, ma si è limitato a riportare fatti appresi da altri senza aggiungere valutazioni personali.

Motivi della decisione

Preliminarmente deve rilevarsi l’estinzione del reato per intervenuta prescrizione.

La calunnia deve considerarsi consumata nel (OMISSIS), all’epoca delle due prime denunce, dal momento che con l’esposto presentato nel (OMISSIS) l’imputato non ha fatto altro che ribadire le stesse accuse svolte in precedenza.

Infatti, la calunnia è reato istantaneo la cui consumazione si esaurisce con la comunicazione all’autorità di una falsa accusa a carico di una persona innocente; sicchè le successive dichiarazioni del soggetto attivo di conferma, senza alcuna sostanziale variazione od aggiunta che muti la natura e gravità del fatto denunziato, non possono considerarsi nè come nuove violazioni della stessa disposizione di legge ai sensi dell’art. 81 c.p., nè come fatto di permanenza del reato, perche l’ipotesi delittuosa si è già esaurita con il verificarsi della lesione giuridica e di essa persistono solo gli effetti consequenziali (giurisprudenza pacifica: cfr., Sez. 6, 12 novembre 2009, n. 2933, Venturi; Sez. 6, 24 febbraio 1998, n. 4082, Iantorno; Sez. 6, 10 dicembre 1996, n. 1126, Scigliano).

Nella specie, dalla stessa sentenza impugnata emerge che l’esposto del 16.4.1997 non faceva che ribadire il contenuto delle accuse contenute nella denuncia del 18.3.1995, sicchè deve ritenersi che il reato di cui all’art. 368 c.p. si è consumato già con la prima denuncia.

Di conseguenza, facendo applicazione dei termini prescrizionali previsti dall’art. 157 c.p., nella versione precedente alla novella del 2005, che per il reato di calunnia indicava come termine massimo quello di 15 anni, deve riconoscersi l’avvenuta prescrizione, anche conteggiando il periodo di sospensione di 5 mesi e 11 giorni.

Ne consegue che, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., comma 1, la sentenza impugnata deve essere annullata non potendosi procedere nei confronti dell’imputato per la suddetta causa di estinzione del reato e dovendosi escludere che il gravame sia fondato su motivi inammissibili all’origine, stante i contenuti delle censure mosse, il cui argomentare, però, consente di escludere la prova evidente dell’insussistenza del fatto, sia sotto il profilo oggettivo che soggettivo.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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