Cass. civ. Sez. V, Sent., 01-06-2012, n. 8817 Agevolazioni tributarie Contenzioso tributario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. L’Agenzia delle Entrate ricorre nei confronti della Iris Isontina Reti Integrate e Servizi s.p.a. (incorporante della Azienda Multi servizi Goriziana – AMG s.p.a., che resiste con controricorso) per la cassazione della sentenza con la quale la C.T.R. Friuli dichiarava cessata la materia del contendere per intervenuto condono.

La controversia ha ad oggetto l’impugnazione di tre comunicazioni – ingiunzioni con le quali l’Agenzia delle Entrate recuperava l’Irpeg e l’Ilor relative agli anni 1997/1999 e non versate dalla società in virtù del regime di esenzione fiscale riconosciuto (ai sensi della L. 549 del 1995, art. 3, comma 70, e D.L. n. 331 del 1993, art. 66, comma 14, convertito in L. n. 427 del 1993) alle società per azioni a partecipazione pubblica maggioritaria esercenti servizi pubblici locali, dichiarato aiuto di stato non compatibile con il mercato comune ai sensi dell’art. 87, comma 1, del trattato CE con decisione della Commissione delle Comunità Europee n. 2003/93/CE. I giudici d’appello hanno ritenuto che nella specie fosse applicabile la disciplina sul condono tombale ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9, in quanto tale legge, ai fini della applicabilità degli istituti ivi previsti, non pone alcuna distinzione in relazione alla ragione per la quale non sono stati versati i tributi e pertanto sarebbe illegittima una discriminazione tra coloro che hanno coscientemente evaso le imposte (i quali potrebbero avvalersi della definizione agevolata) e coloro che, come nella specie, non hanno versato le imposte in virtù di una specifica previsione normativa.

2. Preliminarmente deve essere rigettata l’eccezione di inammissibilità del ricorso proposta dalla controricorrente con riguardo alla formulazione del quesito di diritto, posto che l’art. 366 bis c.p.p., (prevedente il quesito di diritto) è stato abrogato dalla L. n. 69 del 2009, art. 47, e che, ai sensi dell’art. 58, comma 5, della suddetta legge, le disposizioni di cui all’art. 47, si applicano alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato con il ricorso per cassazione è stato pubblicato o depositato successivamente alla data di entrata in vigore della citata legge (4 luglio 2009), risultando nella specie che la sentenza impugnata in questa sede è stata depositata il 23.12.2009.

Deve inoltre rilevarsi che la controricorrente – premesso che i primi giudici, nell’accogliere i ricorsi riuniti della società, avevano escluso la sussistenza nella fattispecie dei requisiti oggettivi e soggettivi per la configurabilità di un aiuto di Stato indebito e che i giudici della C.T.R., decidendo sull’appello dell’Ufficio, avevano ritenuto assorbente il rilievo dell’intervenuto condono- eccepisce che l’Agenzia, limitandosi in questa sede a contestare l’applicabilità del condono senza riproporre le argomentazioni esposte nell’atto d’appello, avrebbe determinato la definitività della statuizione dei primi giudici.

L’eccezione è infondata.

In proposito, la giurisprudenza di questo giudice di legittimità ha affermato che il carattere chiuso del giudizio di rinvio non esclude che, ove il punto da riesaminare abbia assunto carattere assorbente nella decisione cassata – la quale abbia perciò tralasciato di decidere su alcuni motivi di appello -, tali motivi possano essere nuovamente proposti – purchè nella originaria formulazione – al giudice di rinvio per l’eventualità che egli non condivida l’impostazione della decisione contenuta nella sentenza cassata (v.

Cass. n. 13906 del 2000); detta giurisprudenza ha inoltre ripetutamente rilevato che sono inammissibili in cassazione censure che non siano dirette contro una statuizione della sentenza d’appello ma riguardino questioni sulle quali il giudice d’appello non si è pronunciato ritenendole assorbite, atteso che tali questioni, in caso di accoglimento del ricorso per cassazione, possono essere riproposte davanti al giudice di rinvio (v. tra numerose altre Cass. n. 12153 del 2006 e n. 3706 del 2008).

Con un unico motivo, deducendo violazione della decisione n. 2003/193/CE della Commissione delle Comunità Europee, degli artt. 87 e 88, del Trattato istitutivo della Comunità, nonchè dell’art. 14 Regolamento 1999/659/CE, L. n. 289 del 2002, art. 9, e D.L. n. 185 del 2008, art. 24, la ricorrente censura la sentenza impugnata per avere i giudici d’appello ritenuto che l’adesione al condono di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9, citata rappresentasse causa ostativa all’emissione dei provvedimenti tesi ai recuperi degli aiuti di stato, senza considerare che nella specie gli atti impugnati non sono intesi ad accertare un maggior imponibile bensì a recuperare imposte non corrisposte in virtù di una agevolazione ritenuta non compatibile con il Trattato dell’Unione Europea, con la conseguenza che nella specie manca un atto impositivo. La ricorrente aggiunge che l’ordinamento comunitario impone in ogni caso di procedere al recupero degli aiuti sulla base delle norme interne di ciascuno Stato membro a condizione che esse consentano l’esecuzione immediata ed effettiva della decisione della commissione. La censura è fondata.

Nella specie si controverte del recupero di tributi non versati in ragione di un’esenzione fiscale ritenuta aiuto di Stato incompatibile da una decisione comunitaria.

Tanto premesso, occorre considerare che l’art. 249 del Trattato CE detta la regola della obbligatorietà della decisione assunta in sede comunitaria, in tutti i suoi elementi, per i destinatari in essa designati. Lo Stato membro è tenuto perciò ad eseguirla (Corte Giust. CE, 2 febbraio 1989, in causa C-94/87, Commissione e.

Germania), salva l’esistenza di circostanze eccezionali da cui derivi l’impossibilità assoluta per lo Stato membro di dare corretta esecuzione alla decisione. E’ inoltre da precisare che il concetto di impossibilità assoluta è stato interpretato in maniera restrittiva dalle Corti comunitarie, ed in particolare è stato escluso che essa possa essere costituita dalla normativa nazionale sulla prescrizione – v. Comunicazione della Commissione: Verso l’esecuzione effettiva delle decisioni della Commissione che ingiungono agli Stati membri di recuperare gli aiuti di Stato illegali e incompatibili (2007/C- 272/05), punti 18-20, riportata in "Applicazione della normativa UE in materia di aiuti di Stato da parte dei giudici nazionali. La comunicazione sull’applicazione della normativa e altre disposizioni in materia", a cura della Commissione Europea, Bruxelles, 2010.

Peraltro, anche in considerazione delle argomentazioni che precedono questo giudice di legittimità ha ripetutamente affermato che la normativa nazionale sulla prescrizione e sulla decadenza deve essere disapplicata per contrasto con il principio di effettività proprio del diritto comunitario, qualora tale normativa impedisca il recupero di un aiuto di Stato dichiarato incompatibile con decisione della Commissione divenuta definitiva (v. Cass. n. 26286 del 2010 e n. 23418 del 2010).

Tanto premesso, occorre in ogni caso aggiungere, non solo con riguardo alla disciplina nazionale relativa ad istituti come prescrizione e decadenza, ma anche con riguardo alla disciplina nazionale prevedente condoni fiscali, che la Corte di Giustizia, nella sentenza 20 marzo 1997 in causa C-24/95 Alcan (punti 34-37), ha affermato che: "in materia di aiuti di Stato dichiarati incompatibili, il compito delle autorità nazionali… consiste solo nel dare esecuzione alle decisioni della Commissione. Le dette autorità non dispongono pertanto di alcun potere discrezionale quanto alla revoca di una decisione di concessione".

E’ inoltre da sottolineare che l’art. 14, comma 3, del Regolamento (CE) del Consiglio 22 marzo 1999 n. 659, recante modalità di applicazione dell’art. (88) del Trattato CE prevede che, "fatta salva un’eventuale ordinanza della Corte di giustizia delle Comunità Europee emanata ai sensi dell’articolo (242) del trattato, il recupero va effettuato senza indugio secondo le procedure previste dalla legge dello Stato membro interessato, a condizione che esse consentano l’esecuzione immediata ed effettiva della decisione della Commissione".

E’ vero che, secondo la L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 9, la definizione automatica limitatamente a ciascuna annualità rende definitiva la liquidazione delle imposte risultanti dalla dichiarazione con riferimento alla spettanza di deduzioni e agevolazioni indicate dal contribuente o all’applicabilità di esclusioni, tuttavia questa disposizione deve essere disapplicata per contrasto con il principio di effettività proprio del diritto comunitario, qualora essa impedisca il recupero di un aiuto di Stato dichiarato incompatibile con decisione della Commissione divenuta definitiva.

In proposito, la giurisprudenza di questo giudice di legittimità ha affermato che il fondamento della diretta applicazione e della prevalenza delle norme comunitarie su quelle statali si rinviene essenzialmente nell’art. 11 della Costituzione – laddove esso stabilisce che l’Italia consente alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni – e che il contrasto tra norme statali e disciplina comunitaria non da luogo alla invalidità o illegittimità delle prime, ma ne comporta la "non applicazione", consistente nell’impedire che la norma interna venga in rilievo per la definizione della controversia davanti al giudice nazionale (v. tra le altre Cass. n. 4466 del 2005).

Peraltro, nella stessa ottica, la Corte di Giustizia ha affermato che il diritto comunitario osta perfino all’applicazione del principio dell’autorità della cosa giudicata ove esso stesso contrasti con il principio di effettività, nei limiti in cui l’applicazione del primo principio impedisca il recupero di un aiuto di Stato dichiarato incompatibile con decisione della Commissione divenuta definitiva (v.

Corte Giustizia sentenza 18 luglio 2007 in causa C – 119/05 Lucchini).

Nè avrebbe senso, in proposito, richiamarsi alla c.d. "teoria dei controlimiti" elaborata da alcune Corti costituzionali interne come difesa della sovranità statale nel caso in cui fosse minacciata dal primato comunitario in alcuni valori considerati irrinunciabili dall’ordinamento interno. E’ infatti difficile ascrivere la disciplina clemenziale o quella in materia di prescrizione all’ambito dei "valori irrinunciabili dell’ordinamento", senza contare che la stessa teoria dei controlimiti, che pure trovava ragionevoli giustificazioni negli anni 70-80 del secolo scorso, quando il processo di integrazione era nelle fasi iniziali, sembra oggi in aperta contraddizione con il concetto stesso di integrazione quale risulta attualmente anche in ragione dell’evoluzione della giurisprudenza della Corte di Giustizia – che ha fornito prove sufficienti di tutela dei diritti fondamentali – e del richiamo alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, avente valore vincolante anche nei confronti delle istituzioni Europee, al punto che il conflitto tra diritto comunitario e diritto statale non sembra oggi più concepibile in uno spazio giuridico Europeo veramente integrato.

3. Alla luce di quanto sopra esposto, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altro giudice che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese a diversa sezione della C.T.R. Friuli.

Così deciso in Roma, il 24 gennaio 2012.

Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2012

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