Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 12-10-2011) 22-11-2011, n. 43026 Poteri della Cassazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Nella notte del (OMISSIS) verso le ore 4, veniva perpetrato un tentativo di furto all’interno della pizzeria (OMISSIS). Per tale fatto venivano tratti a giudizio dinanzi al Tribunale di Brescia V.M. e G.M.. Nel corso del dibattimento, la proprietaria della pizzeria, W.C., dichiarava di essere stata allertata dal sistema di allarme, di essere scesa in cucina, di aver notato una finestra danneggiata e un uomo scavalcare la recinzione: uscita fuori, aveva visto due soggetti dirigersi verso una macchina e prontamente fermati dai Carabinieri.

L’appuntato dei Carabinieri D.P. riferiva invece che a seguito della chiamata di un cittadino per un tentato furto presso una pizzeria (chiamata, dunque, non proveniente dalla parte offesa) una pattuglia dei Carabinieri si era portata in zona ad aveva fermato due persone che si trovavano in macchina a circa 500 metri dal locale. Il Tribunale, ritenendo le dichiarazioni dell’appuntato in contrasto con quelle della parte offesa tanto da porre in dubbio la credibilità di quest’ultima, addiveniva ad una sentenza assolutoria.

Avverso detta sentenza proponeva appello il Procuratore Generale territoriale chiedendo l’affermazione della penale responsabilità dei due imputati. Ad avviso dell’appellante, il primo giudice aveva trascurato un significativo elemento probatorio, ossia non aveva considerato che la chiave esagonale, utilizzata dai ladri per commettere il furto e trovata all’interno della cucina della pizzeria, apparteneva al kit in dotazione dell’auto sulla quale erano stati bloccati gli imputati, kit che era stato rinvenuto sotto il sedile del lato passeggero. La Corte d’Appello di Brescia riteneva fondata la proposta impugnazione e dava conto del proprio convincimento con argomentazioni che possono così riassumersi: a) non apparivano ravvisabili significative contraddizioni fra la versione della parte offesa e quella dell’appuntato D.P.: ed invero, leggendo attentamente la deposizione della W. (sia pure non sempre chiarissima e palesemente condizionata da una certa emotività) si comprendeva che la donna non aveva potuto seguire de visu i movimenti dei due ladri perchè impedita dal cancello, ma aveva visto passare una macchina (deducendone che vi erano saliti i malfattori) che era stata bloccata dalla macchina dei CC che sopraggiungeva da altra direzione; di tal che, il racconto della parte offesa risultava perfettamente compatibile con la versione dell’app. D.P.; b) a ciò doveva aggiungersi quanto osservato dall’appellante P.G. in relazione alla chiave esagonale ritrovata sul luogo del fatto e che mancava dal kit degli attrezzi in dotazione alla "Alfa 145" sulla quale viaggiavano gli imputati; c) fra l’altro, sotto il sedile del lato passeggero, e quindi a portata di mano degli occupanti la vettura, era stato trovato il crick della macchina e un cacciavite; d) neppure poteva trascurarsi il fatto che gli imputati non avevano ritenuto di spiegare nè la loro presenza in loco a quell’ora di notte, nè la mancanza della chiave esagonale nel kit dell’auto che era nella loro disponibilità, nè l’anomala collocazione sotto il sedile del crick e del cacciavite; e) conclusivamente, si trattava di circostanze fattuali idonee e sufficienti a fondare il giudizio di responsabilità; f) non potevano essere riconosciute agli imputati le attenuanti generiche in ragione dei precedenti penali, particolarmente numerosi e gravi per il G. per il quale appariva congrua ed equa la pena di anni uno e mesi otto di reclusione ed Euro 200,00 di multa (p.b. per il reato tentato = anni 1 ed Euro 120,00; aumentata di 2/3 per la recidiva contestata).

Ricorre per cassazione G.M., a mezzo del difensore, deducendo violazione di legge e vizio motivazionale in ordine alle valutazioni probatorie, assumendo che il giudice di seconda istanza avrebbe espresso il proprio convincimento di colpevolezza su elementi privi di concreta valenza probatoria; ad avviso del ricorrente sarebbe stata attribuita attendibilità alla versione della parte offesa che sarebbe stata invece smentita da quanto riferito dall’Appuntato dei Carabinieri intervenuti sul luogo del fatto, e sarebbero state valorizzate come emergenze probatorie a carico, circostanze invece da considerarsi del tutto irrilevanti come la mancanza di una comunissima chiave esagonale dal kit dell’auto e la presenza del crick e di un cacciavite sotto un sedile dell’auto sulla quale viaggiavano gli imputati: si afferma con il ricorso che il G., il quale si sarebbe trovato sull’auto come terzo trasportato, non poteva conoscere le ragioni per le quali il V. aveva collocato detti attrezzi sotto un sedile dell’auto.

Motivi della decisione

Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni di seguito indicate.

E’ consolidato indirizzo interpretativo nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui "l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. L’illogicità della motivazione, come vizio denunciarle, deve essere evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, purchè siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del convincimento" (in termini, "ex plurimis" Sez. Un., n. 24 del 24/11/1 Ud.- dep. 16/12/1999 – Rv. 214794, imp. Spina). Nel caso di specie, dunque, la Corte di merito non era tenuta a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti formulate in sede di appello, ed a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali. La Corte distrettuale, sia pure con andamento sintetico, ha provveduto ad una valutazione globale di deduzioni e risultanze processuali ed ha spiegato, in modo logico e adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo, in particolare coniugando tra loro l’esito della prova rappresentativa con il dato del ritrovamento, nel ristorante ove era stato tentato il furto, di una chiave inglese mancante nel kit ritrovato nell’auto occupata dal ricorrente. Con la conseguenza che debbono considerarsi implicitamente superate dalla decisione impugnata le deduzioni difensive che, anche se non espressamente esaminate, sono state, nel caso di specie, logicamente delibate, in modo positivo, dalla stessa decisione adottata, così come più volte precisato da questa Corte in sintonia con la decisione delle Sezioni Unite prima ricordata:

valga, per tutte, Sez. 2, n. 13151 del 10/11/2000 Ud. – dep. 02/04/2001 – Rv. 218590 secondo cui "nella motivazione della sentenza il giudice di merito non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo, nel qual caso debbono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata". Le prospettazioni alternative dedotte dal ricorrente presentano carattere apertamente ipotetico o semplicemente finalizzate a proporre un’interpretazione alternativa del fatto.

Infine, neppure possono assumere rilievo, nel caso in esame, le modifiche apportate dalla L. n. 46 del 2006 (cd. Legge Pecorella) all’art. 606 c.p.p..

A fronte dei motivi di ricorso così come formulati, compito di questa Corte non è quello di ripetere l’esperienza conoscitiva del Giudice di merito, bensì quello di verificare se il ricorrente sia riuscito a dimostrare, in questa sede di legittimità, l’incompiutezza strutturale della motivazione della Corte di merito;

incompiutezza che derivi dal non aver tenuto presente, la Corte di merito, fatti decisivi, di rilievo dirompente dell’equilibrio della decisione impugnata. In realtà, le deduzioni del ricorrente non risultano in sintonia con il senso dell’indirizzo interpretativo di questa Corte, secondo cui (Sez. 6, Sentenza n. 38698 del 26/09/2006, Rv. 234989, imp. Moschetti ed altri) la Corte di Cassazione deve circoscrivere il suo sindacato di legittimità, sul discorso giustificativo della decisione impugnata, alla verifica dell’assenza, in quest’ultima, di argomenti viziati da evidenti errori di applicazione delle regole della logica, o fondati su dati contrastanti con il senso della realtà degli appartenenti alla collettività, o connotati da vistose e insormontabili incongruenze tra loro, oppure inconciliabili, infine, con "atti del processo", specificamente indicati dal ricorrente e che siano dotati autonomamente di forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione disarticoli l’intero ragionamento svolto, determinando al suo interno radicali incompatibilità così da vanificare o da rendere manifestamente incongrua la motivazione. Ciò posto, se la denuncia del ricorrente va letta alla stregua dei contenuti concettuali dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), come modificato dalla L. n. 46 del 2006, occorre allora tener conto che la legge citata non ha normativamente riconosciuto il travisamento del fatto, anzi lo ha escluso: semmai, può parlarsi di "travisamento della prova", che, nel rinnovato indirizzo interpretativo di questa Corte, ha un duplice contenuto, con riguardo a motivazione del Giudice di merito o difettosa per commissione o difettosa per omissione, a seconda che il Giudice di merito, cioè, incorra in una utilizzazione di un’informazione inesistente, ovvero in una omissione decisiva della valutazione di una prova (Sez. 2, n. 13994 del 23/03/2006, Rv. 233460, P.M. in proc. Napoli). In sostanza, la riforma della L. n. 46 del 2006 ha introdotto un onere rafforzato di specificità per il ricorrente in punto di denuncia del vizio di motivazione. Infatti, il nuovo testo dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) – nel far riferimento ad atti del processo che devono essere dal ricorrente "specificamente indicati" – detta una previsione aggiuntiva ed ulteriore rispetto a quella contenuta nell’art. 581 c.p.p., lett. e) (secondo cui i motivi di impugnazione devono contenere "l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta"). Con la conseguenza che sussiste a carico del ricorrente – accanto all’onere di formulare motivi di impugnazione specifici e conformi alla previsione dell’art. 581 c.p.p. – anche un peculiare onere di inequivoca "individuazione" e di specifica "rappresentazione" degli atti processuali ritenuti rilevanti in relazione alla doglianza dedotta, onere da assolvere nelle forme di volta in volta più adeguate alla natura degli atti stessi, e cioè integrale esposizione e riproduzione nel testo del ricorso, allegazione in copia, precisa identificazione della collocazione dell’atto nel fascicolo del giudice "et similia" (cfr.

Sez. 1, n. 20370 del 20/04/2006, Rv. 233778, imp. Simonetti ed altri). In forza di tale principio (cosiddetta autosufficienza del ricorso) si impone, inoltre, che in ricorso vengano puntualmente ed adeguatamente illustrate le risultanze processuali considerate rilevanti e che dalla stessa esposizione del ricorso emerga effettivamente una manifesta illogicità del provvedimento, pena altrimenti l’impossibilità, per la Corte di Cassazione, di procedere all’esame diretto degli atti (in tal senso, "ex plurimis", Sez. 1 n. 16223 del 02/05/2006, Rv. 233781 imp. Scognamiglio): manifesta illogicità motivazionale assolutamente insussistente nel caso in esame, se si tiene conto delle argomentate risposte della decisione impugnata a tutti i temi toccati dalla difesa del G.. Ma v’è di più, posto che non era sufficiente: a) che gli atti del processo invocati dal ricorrente fossero semplicemente "contrastanti" con particolari accertamenti e/o valutazioni del giudicante, o con la sua ricostruzione complessiva (e finale) del fatto e della responsabilità; b) nè che tali atti fossero astrattamente idonei a fornire una ricostruzione più persuasiva di quella fatta propria dal giudicante. Occorreva invece che gli "atti del processo", presi in considerazione dal ricorrente per sostenere l’esistenza di un vizio della motivazione, fossero "decisivi", ossia – e giova qui ripetere quanto si è avuto già modo di precisare innanzi – autonomamente dotati di una forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione disarticolasse l’intero ragionamento svolto dal giudicante e determinasse al suo interno radicali incompatibilità così da vanificare o da rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione. In definitiva: la nuova formulazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), introdotta dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8, nella parte in cui consente la deduzione, in sede di legittimità, del vizio di motivazione sulla base, oltre che del "testo del provvedimento impugnato", anche di "altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame", non ha mutato la natura del giudizio di cassazione, che rimane pur sempre un giudizio di legittimità, per cui gli atti in questione non possono che essere quelli concernenti fatti decisivi che, se convenientemente valutati (non solo singolarmente, ma in relazione all’intero contesto probatorio), avrebbero potuto determinare una soluzione diversa da quella adottata, rimanendo comunque esclusa la possibilità che la verifica sulla correttezza e completezza della motivazione (cui deve limitarsi la corte di cassazione) possa essere confusa con una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito (Sez. 2, n. 19584 del 05/05/2006, Rv. 233775, imp. Capri ed altri). Tenendo conto di tutti i principi testè ricordati, deve dunque concludersi che, nel caso di specie, le argomentazioni poste a base delle censure del ricorrente, sopra esaminate, non valgono a scalfire la congruenza logica del complesso motivazionale impugnato, alla quale il ricorrente ha inteso piuttosto sostituire una sua perplessa visione alternativa del fatto: pur asserendo di volere contestare l’omessa o errata ricostruzione di risultanze della prova dimostrativa, il ricorrente, in realtà, ha piuttosto richiesto a questa Corte un intervento in sovrapposizione argomentativa rispetto alla decisione impugnata, e ciò ai fini di una lettura della prova alternativa rispetto a quella, congrua e logica, fornita dalla Corte di merito.

Al rigetto del ricorso segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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