Cass. civ. Sez. I, Sent., 04-06-2012, n. 8942 Revocatoria fallimentare

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. La controversia ha a oggetto l’azione esercitata dal Fallimento Edilmonari s.p.a. in liquidazione contro la Banca Antoniana Popolare Veneta s.p.a., in corso di causa incorporata dalla Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., per la revocatoria fallimentare della cessione dei crediti della società fallita nei confronti di I.A.C.P. di Milano per L. 494.000.000, e di quattordici versamenti sul conto corrente intrattenuto presso la banca medesima, passivo e privo di copertura, per Euro 1.223.528.982 nell’anno anteriore al fallimento.

La banca convenuta resistette all’azione, deducendo che in data 11 luglio 1996 la società aveva chiesto un affidamento per complessive L. 1.400.000.00, di cui 700.000.000 per castelletto rotativo anticipi a fronte stati avanzamento lavori nell’esecuzione dei contratti di appalto conclusi con l’I.A.C.P., offrendo in garanzia la cessione di tutti i crediti che dall’esecuzione di quei contratti sarebbero sorti a suo favore, e precisando che la cessione non sarebbe stata notificata al creditore ceduto, ma attuata mediante mandati irrevocabili all’incasso a favore della banca. Il mandato era stato poi conferito con atto pubblico 15 luglio 1996, e la banca aveva accettato la proposta della società con lettera 22 agosto 1996.

L’anno successivo, peraltro, in data 20 maggio 1997, la cessione di credito era stata notificata all’ente debitore. La banca sostenne che la cessione dei crediti era stata fatta dalla società in funzione della concessione dei predetti finanziamenti, e che i versamenti in conto corrente si riferivano alla loro restituzione.

Il tribunale di Milano, con sentenza 16 settembre 2005, accolse integralmente la domanda attrice.

2. Con sentenza 26 agosto 2010, la Corte d’appello di Milano, ha interamente confermato la decisione di primo grado. Ha osservato che:

– l’esistenza e infrabiennalità della cessione del credito nei confronti di I.A.C.P. per L. 294.000.000, e del suo pagamento, avvenuto a seguito della notifica, il 19 maggio 1997 della cessione del credito, erano pacifici, mentre non era stata provata la loro funzione di garanzia rispetto a un finanziamento, e anzi neppure l’esistenza di un finanziamento contestuale o precedente rispetto al pagamento;

– la richiesta di finanziamento contro cessione in garanzia dei crediti derivanti dagli appalti in corso con l’I.A.C.P. datata 11 luglio 1996, e la relativa lettera di accettazione 22 agosto 1996 da parte della banca non avevano data certa;

– il mandato irrevocabile all’incasso del 15 luglio 1996 e la notifica della cessione dei crediti del 20 maggio 1997, pur muniti di data certa, non provavano l’erogazione del credito;

– la tesi della cessione dei crediti in data 11 luglio 1996 non si conciliava con il mandato irrevocabile all’incasso notificato pochi giorni dopo al debitore;

– la cessione del credito di L. 494.000.000, in data immediatamente successiva alla proposta di concordato stragiudiziale, inoltrata all’intero ceto creditizio bancario dal professionista della società, costituiva un mezzo anormale di pagamento di debiti preesistenti e scaduti;

– la documentazione concernente la preesistenza di un’apertura di credito era priva di data certa;

– le modalità dei bonifici eseguiti dall’I.A.C.P. in relazione agli stati di avanzamento dei lavori avvaloravano la ricostruzione del rapporto in termini di mandato all’incasso, più che di cessione di crediti in funzione di garanzia.

3. Per la cassazione di questa sentenza ricorre la società con atto notificato il 19 novembre 2010 per due motivi, illustrati anche con memoria.

Il fallimento resiste con controricorso notificato il 27 dicembre 2010.

Motivi della decisione

4. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa la stipulazione e l’effettiva erogazione del finanziamento concesso dalla banca all’Edilmonari s.p.a. per L. 1.400.000.000, quale punto decisivo della controversia.

Il giudice di merito avrebbe dovuto riconoscere che la richiesta, da parte della società Edilmonari, di finanziamento garantito da cessioni di credito, era provata da due documenti datati 11 e 12 luglio 1996, privi di data certa, che dovevano tuttavia essere anteriori al mandato irrevocabile all’incasso per atto pubblico 15 luglio 1996, giacchè questo, indipendentemente dalla contestata opponibilità al fallimento del contenuto ricognitivo di debito, riproduceva in sintesi il contenuto essenziale di quella richiesta.

Il giudice avrebbe dovuto inoltre riconoscere che gli atti con i quali la richiesta era stata accettata, datati 22 agosto e 19 settembre 1996 ma ritenuti privi di data certa, erano anteriori alla data del 16 maggio 1997, di notifica della cessione di credito all’I.A.C.P., nella quale era affermata l’esistenza del contratto dì finanziamento. Il giudice avrebbe infine dovuto riconoscere che l’erogazione del finanziamento era dimostrata dall’avvenuto conferimento del mandato all’incasso, che dava corso alla proposta della società Edilmonari, dall’apertura di due conti correnti strumentali agli accordi di finanziamento, e dall’impiego di locuzioni, nei documenti depositati, idonei a far ritenere che il finanziamento, oltre che promesso, fosse stato anche effettivamente erogato. Su questi elementi la corte territoriale aveva omesso di motivare.

5. Va premesso che la data certa della notifica della cessione dei crediti della società nei confronti dell’I.A.C.P. non dimostra se non che la cessione sia avvenuta non più tardi di quella data, vale a dire – come il giudice di merito ha rilevato – dopo che la proposta di concordato stragiudiziale formulata dal professionista della società era stata inoltrata a tutto il ceto creditizio bancario:

essa non vale a dimostrare nè la verità delle affermazioni contenute nel documento circa la retrodatazione dell’intera operazione, nè l’effettiva erogazione di un finanziamento garantito in epoca anteriore alla notifica della cessione. E’ pertanto immune da censure il giudizio della corte territoriale, secondo la quale quella cessione costituiva il titolo del successivo pagamento eseguito dal debitore, ed era pagamento anomalo e come tale revocabile, secondo valutazioni di competenza del giudice merito.

Analogamente non si può convenire con la ricorrente sull’affermazione che il mandato irrevocabile all’incasso, stipulato per atto pubblico il 15 luglio 1996, dimostrerebbe il precedente finanziamento, per il solo fatto di essere giustificato in questo modo nelle premesse della manifestazione della volontà negoziale, posto che dalla stessa formulazione testuale di quell’atto si desume, come ha osservato il giudice di merito, che il finanziamento non era stato a quel tempo – nonchè erogato – neppure conclusivamente pattuito, ma soltanto promesso, e che è la stessa ricorrente a riconoscere che l’accettazione della richiesta di finanziamento avrebbe una data di poco successiva.

Il punto decisivo della causa è peraltro individuato, nella sentenza impugnata, nella mancanza di prova dell’erogazione del finanziamento, che nella prospettazione della banca avrebbe giustificato la cessione dei crediti. Il ricorso non indica a questo proposito, nella motivazione della sentenza, alcuna insufficienza (la contraddizione, pure enunciata in epigrafe, è rimasta nel seguito priva di qualsiasi illustrazione), tale da incrinare il percorso logico seguito dalla corte territoriale, e si risolve nell’assunto che il contenuto della documentazione prodotta avrebbe offerto degli elementi a dimostrazione non solo della stipulazione del finanziamento, ma anche della sua erogazione nell’estate del 1996. L’assunto è fondato esclusivamente su elementi indiziari che nel giudizio di merito sono stati giudicati insufficienti. Esso si risolve sostanzialmente nella sollecitazione, rivolta a questa corte, a esprimere una propria valutazione sulla consistenza della ricostruzione dei fatti offerta dalla banca, il che è evidentemente inammissibile nel presente giudizio di legittimità. Si deve tuttavia aggiungere che, venendo a mancare la prova della data certa del negozio di finanziamento, e quindi della sua contestualità alla cessione dei crediti in data anteriore ai pagamenti oggetto di revocazione, il mero fatto che sia stato effettivamente erogato del credito non sarebbe stato sufficiente a escludere la valenza solutoria dei pagamenti revocati.

6. Con il secondo motivo si denuncia l’insufficiente e contraddittoria motivazione circa la sussistenza della cessione alla banca, da parte della società in bonis, di tutti i crediti vantati da questa nei confronti dell’I.A.C.P., e circa la riferibilità a tale cessione delle rimesse impugnate dal fallimento, quali punti decisivi della controversia. La cessione dei crediti, alla quale la notifica conferisce la data certa del 19 maggio 1997, dimostrando il finanziamento contestualmente concesso dalla banca in data 11 luglio 1996, escluderebbe per ciò stesso la revocabilità del pagamento seguito a quella notifica, ma anche dei quattordici pagamenti dell’ente debitore imputabili ai contratti di appalto, e quindi ai crediti ceduti, come dimostrato dalle indicazioni relative nei documenti prodotti, e da una serie di elementi documentali in atti.

7. Si è già osservato che, nell’economia del giudizio e ai fini della tenuta della linea difensiva della banca, la certezza della stipulazione di un contratto di finanziamento in data anteriore ai pagamenti aveva un ruolo decisivo. In mancanza di questo elemento, le cessioni dei crediti difetterebbero di altra causa, che non sia quella solutoria. Conseguentemente questo motivo è sostanzialmente assorbito dal rigetto di quello precedente. Occorre peraltro ribadire anche qui che la notifica di un atto privo di data certa conferisce la certezza solo con effetto dal momento in cui la notifica è compiuta; e che per questa ragione è esatto il rilievo del giudice di merito (accennato con la ribadita distinzione tra la cessione dei crediti che la banca assume sottostante al mandato irrevocabile all’incasso, e quella notificata nel maggio dell’anno successivo), che la notifica della cessione dei crediti nei confronti dell’I.A.C.P. era opponibile al fallimento solo con riferimento ai crediti residui alla data della notificazione e che essa giustificò il pagamento in una soluzione del residuo saldo dovuto. Quella notifica, pertanto, non poteva retroattivamente sovrapporsi al mandato irrevocabile all’incasso, che, solo, aveva giustificato tutti i precedenti pagamenti del debitore ceduto.

8. In conclusione il ricorso è respinto. Le spese del giudizio di legittimità sono a carico della parte soccombente, e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 10.200,00, di cui Euro 10.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni unite della Corte suprema di cassazione, il 18 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2012

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