Cons. Stato Sez. V, Sent., 28-12-2011, n. 6966 Carriera, inquadramento e promozioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso al TAR della Lombardia notificato il 29 maggio 1997 C. M., nella sua qualità di dipendente del Comune di Milano inquadrata al 5° livello del ccnl dei dipendenti degli enti locali allora vigente, esponeva di essere addetta all’ufficio del personale presso la casa di riposo per anziani Famagosta, ove assumeva di svolgere funzioni tipiche dell’istruttore amministrativo di 6° livello ai sensi del d.P.R. 347/83 a partire dal maggio 1985.

Affermava per questo, che dette mansioni superiori erano provate da note del direttore della struttura, da ampia corrispondenza e dalla documentazione di servizio; aveva perciò chiesto al TAR il riconoscimento del diritto all’inquadramento al 6° livello ed in via subordinata la corresponsione delle differenze retributive relativamente alla qualifica superiore, sulla base delle sentenze 57/89 e 296/90 della Corte costituzionale, dell’art. 36 Cost. e degli artt. 31 e 33 T.U. n. 3/57, secondo i quali l’impiegato ha diritto allo stipendio in relazione alla quantità e qualità delle prestazioni rese, anche se le mansioni prestate non sono regolarmente corrispondenti alla qualifica ricoperta. Tali norme erano state confermate con incisività e precisione dall’art. 25 D. Lgs. 80/98.

Il TAR della Lombardia con sentenza n. 4278 del 23 settembre 2003 aveva dichiarato inammissibile la prima domanda della ricorrente per mancata impugnativa dei provvedimenti di inquadramento ed aveva respinto la domanda di corresponsione delle differenze retributive per l’assenza di una norma regolamentare comunale che consentisse eccezionalmente lo svolgimento di mansioni superiori, della sussistenza di un ordine di servizio e della vacanza di un posto di 6° livello in organico.

Con appello notificato l’11 dicembre 2003, la M. ribadiva le proprie doglianze, affermando che dall’art. 36 Cost. si deve desumere che la retribuibilità dell’esercizio delle mansioni superiori alla qualifica rivestita costituisce diretta applicazione del principio costituzionale della retribuzione proporzionata e sufficiente, principio valido non solo per il personale sanitario, ma per tutto il pubblico impiego; per l’art. 2103 cod. civ. poi, l’accertamento dello svolgimento delle mansioni superiori in senso pieno concretamente svolte in una qualifica riconosciuta dal contratto collettivo di categoria deve comportare l’inquadramento nel livello superiore, a far data dal momento in cui dette mansioni sono state svolte, e la corresponsione delle differenze retributive.

La ricorrente concludeva come in atti con vittoria di spese.

Il Comune di Milano si è costituito in giudizio, sostenendo l’infondatezza dell’appello e chiedendo la conferma della sentenza impugnata.

Alla odierna udienza pubblica la causa è passata in decisione.

Motivi della decisione

Con la prima domanda l’appellante M. si duole dell’inammissibilità dichiarata dal TAR Lombardia per la parte del suo ricorso in cui si sosteneva il diritto all’inquadramento nel superiore 6° livello come conseguenza dovuta dall’aver prestato le corrispondenti mansioni, in luogo di quelle tipiche del 5° livello di appartenenza.

Tale inquadramento sarebbe dovuto, a suo dire, quale applicazione dell’art. 36 Cost., diritto a retribuzione proporzionata e sufficiente, e dell’art. 2103 cod. civ., direttamente esplicitante il diritto al trattamento economico corrispondente alle mansioni superiori svolte.

Il Collegio osserva che la sentenza impugnata merita, al contrario, conferma.

Si deve rilevare che la ricorrente ha proposto un’azione di mero accertamento, senza impugnare o aver impugnato nel passato i provvedimenti di carattere autoritativo con i quali il Comune la ha assunta – livello 4° – e successivamente reinquadrata al superiore livello 5°; né risultano impugnati ulteriori atti con i quali il Comune di Milano ha in qualche modo nuovamente rivisto la collocazione della M. all’interno dei ruoli del personale dipendente.

E per pacifica giurisprudenza, almeno per il periodo di sottoposizione del pubblico impiego a regime di diritto pubblico, il provvedimento di inquadramento del pubblico dipendente costituiva atto autoritativo che, nel caso in cui se ne avesse voluto sostenere l’illegittimità, doveva essere impugnato nel termine decadenziale di sessanta giorni dalla sua piena conoscenza o notifica ai sensi dell’art.21 della L. 1034/71. E ciò fino alla avvenuta privatizzazione del rapporto di pubblico impiego, attuata definitivamente con i DD. Lgs. n. 80 e n. 387 del 1998, comunque successivi alle vicende di cui in controversia.

Altrettanto infondato appare l’appello nella domanda subordinata di corresponsione delle differenze retributive.

Si osserva preliminarmente che dagli atti di causa non si desume né la sussistenza di provvedimenti quali ordini di servizio o simili che abbiano assegnato l’interessata allo svolgimento di mansioni superiori al livello ricoperto, né la presenza di posti di 6° livello vacanti all’interno della pianta organica dell’ufficio in cui la M. era addetta, e nemmeno si ravvisano disposizioni comunali che permettano la retribuibilità della prestazione di mansioni superiori.

Ciò sarebbe di per sé sufficiente per ritenere l’infondatezza delle tesi sostenute nell’atto di appello, poiché una giurisprudenza comunque minoritaria nel riconoscere la retribuibilità della prestazione di mansioni superiori, richiede in ogni caso la sussistenza dei presupposti prima indicati.

Più in generale, si deve rilevare che la giurisprudenza prevalente di questa Sezione e del Consiglio di Stato non ritiene suscettibili di favorevole considerazione le domande dei pubblici dipendenti tese al riconoscimento delle differenze retributive legate allo svolgimento delle mansioni superiori.

E’ stato infatti affermato che ove non si rinvenga una specifica disposizione di legge che disponga altrimenti, lo svolgimento in via di fatto da parte di un pubblico dipendente di mansioni superiori rispetto a quelle dovute sulla base del provvedimento di nomina o di inquadramento, è circostanza irrilevante ai fini economici, sia perché il provvedimento di inquadramento è presupposto indeffetibile delle mansioni e del correlativo trattamento economico, sia perché, ancor più in generale, il rapporto di pubblico impiego non è assimilabile al rapporto di lavoro privato, vista anche la natura indisponibile degli interessi coinvolti (Cons. Stato, V, 31 maggio 2011 n. 3251; id., 12 maggio 2011 n. 2811; id., 28 aprile 2011 n. 2539; id., 7 aprile 2011 n. 2166).

Non può poi essere richiamato l’art. 36 Cost., il quale afferma il principio di corrispondenza della retribuzione dei lavoratori alla quantità e qualità del lavoro prestato; infatti tale norma non può trovare incondizionata applicazione del rapporto di pubblico impiego, dovendo concorrere in tale ambito con altri principi di pari rilevanza costituzionale, quali l’art. 97, in relazione al quale l’esercizio delle mansioni superiori rispetto alla qualifica rivestita contrasta con i principi di buon andamento e di imparzialità dei pubblici uffici e quindi con la rigida determinazione delle sfere di competenza, funzioni e responsabilità dei funzionari, e l’art. 98, dal quale discende il divieto che la valutazione del rapporto di pubblico impiego sia ridotta alla mera logica del rapporto di scambio (Cons. Stato, VI, 19 settembre 2000 n. 4871; id., 11 luglio 2000 n. 3882; id., 15 maggio 2000 n. 2785; ad. plen., 18 novembre 1999 n. 22).

In ogni caso, va necessariamente aggiunto, il diritto alle differenze retributive per lo svolgimento delle mansioni superiori da parte dei pubblici dipendenti ha poi trovato riconoscimento con carattere di generalità soltanto a decorrere dall’entrata in vigore del D. Lgs. 29 ottobre 1998 n. 387, ma i periodi fatti valere dalla M. sono in ogni caso anteriori.

Per le suesposte considerazioni l’appello deve essere respinto.

Le spese del grado di giudizio possono essere compensate, viste anche le perplessità giurisprudenziali risalenti agli anni in cui sono originate le vicende in controversia.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,

lo respinge.

Spese compensate nel grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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