Cass. civ. Sez. I, Sent., 04-06-2012, n. 8939 Indennità di espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Caltanissetta,con sentenza del 18 dicembre 2009, ha determinato l’indennità dovuta dal comune di Leonforte alla s.r.l. IRM per l’espropriazione con decreto sindacale 6 agosto 2002, di un terreno di sua proprietà ubicato nel territorio di quel comune (in catasto al fg. 30, part. 151, 152, 213, 95 e 94) per la realizzazione di un programma di edilizia pubblica affidato ad alcune cooperative,nella misura di Euro 338.123; e quella di occupazione temporanea disposta con i Decreti 20 marzo e 5 luglio 2001 nella misura di Euro 11.845, osservando: a) che la titolarità passiva dell’obbligazione indennitaria spettava al solo comune; b) che il terreno ricade in zona C2 destinata all’attuazione di un p.e.e.p., perciò con destinazione edificatoria,e doveva essere stimato in base al suo valore pieno di mercato all’epoca del decreto ablativo; c) che dovevano essere condivisi gli accertamenti compiuti dal c.t.u. con il criterio sintetico-comparativo e completati dai supplementi alla relazione, pervenuti al risultato di un prezzo di mercato di Euro 59,27, corrispondente nel 2002 ad Euro 61 mq.

Per la cassazione della sentenza, l’IRM ha proposto ricorso affidato a due motivi, illustrati da memoria;cui resistono il comune di Leonforte con controricorso, nonchè le cooperative Artemide e Edilizia Europo 84 ed Edilizia Magnolia che hanno formulato a loro volta ricorso incidentale per due motivi.

Motivi della decisione

Con il primo motivo del ricorso principale l’IRM, deducendo violazione della L. n. 2359 del 1865, art. 39, artt. 113, 114, 196 e 197 cod. proc. civ., nonchè difetti di motivazione, censura la sentenza impugnata per aver recepito l’ultima delle valutazioni compiute dal c.t.u., disattendendo quelle precedenti senza considerare: a) l’avviso di rettifica e di liquidazione ai fini dell’INVIM dell’Agenzia delle Entrate di Catania, che in occasione della compravendita del medesimo terreno gli aveva attribuito il valore di Euro 90 mq.; b) le precedenti stime compiute dal medesimo ct. pervenuto ad un risultato di Euro 95,8 mq., che aveva applicato ai prezzi degli atti di vendita quasi sempre simulati, un opportuno coefficiente di attendibilità.

Con il secondo motivo,deducendo altre violazioni del medesimo art. 39, nonchè illogicità della motivazione,si duole che la Corte abbia ritenuto carenti gli atti di comparazione del terreno espropriato,malgrado lo stesso giudice in precedenti decisioni aveva valutato immobili con la medesima destinazione e la medesima ubicazione (perfino catastale), agli stessi attribuendo un valore di Euro 81-82 mq.; per cui proprio il meccanismo sintetico prescelto imponeva la medesima valutazione,invece illogicamente ridotta ad Euro 61 mq. Le censure sono infondate.

La giurisprudenza di questa Corte è fermissima in ordine ai principi che spetta soltanto al giudice del merito individuare le fonti del proprio convincimento, e a tale fine valutare le prove; controllarne l’attendibilità e la concludenza; scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione; dare prevalenza all’una o all’altra di esse; e che l’art. 360 c.p.c., n. 5 non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, bensì solo quello di controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione compiuti dal giudice del merito, cui è riservato l’apprezzamento dei fatti (Cass. 7921/2011; 16038/2003; 11936/2003).

Ora, nel caso la stessa ricorrente ha confermato la correttezza dei criteri di stima del proprio terreno utilizzati dalla Corte di appello riportando le relazioni del ct. susseguitesi a seguito di opportune ordinanze correttive emesse dalla stessa Corte, in quanto:

a) in una prima relazione l’ausiliario era pervenuto a proporre un valore di Euro 102,39 mq., muovendo da atti di comparazione non rappresentativi e da un indice di edificabilità di 4,5 mq./mc del tutto estraneo al piano, e riportato con una arbitraria proporzione (già di per sè sufficiente ad escludere la rappresentatività suddetta) a 2,5 mc/mq; b) avendo la Corte preteso l’applicazione dell’indice medio del piano di 1,875 mc/mq. conforme alla regola enunciata dalla giurisprudenza di legittima a partire dalla nota decisione 125/2001 delle Sezioni Unite,la valutazione con una seconda relazione è stata ridotta ad Euro 76,78 (in alternativa a quella precedente mantenuta in base a soggettivi e nel contempo incomprensibili "indici di attendibilità", giustamente disattesi dal giudice di merito), pur senza indicare se erano stati utilizzati atti di comparazione non omogenei perchè relativi all’intera zona C,ovvero atti rappresentativi, perchè riferibili a terreni pur essi inclusi nel PEEP (pag. 8 ric.); c) infine nell’ultima relazione adottando soltanto questi ultimi dati che l’IRM non ha contestato, il ct. è pervenuto all’esatto valore di Euro 59,22 che ha trovato conferma nel criterio analitico ed è stato perciò recepito dalla decisione impugnata: non senza essere elevato ad Euro 61 per meglio rappresentare il prezzo di mercato nell’anno 2002,epoca del decreto ablativo (anche tale maggior rappresentatività è pacifica tra le parti), e o, previo richiamo dei presupposti e dei principi su cui è fondato in particolar modo il metodo sintetico-comparativo, ai quali conclusivamente la Corte di appello si è puntualmente attenuta.

La corretta adozione di detti criteri rende perciò la valutazione compiuta conforme ai principi posti dalla L. n. 359 del 1992, art. 5 bis e della L. n. 2359 del 1865, art. 39; ed esclude nel contempo i lamentati vizi di motivazione, in quanto sia quelli di motivazione omessa o insufficiente, quanto i vizi di motivazione illogica o contraddittoria sussistono solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o l’insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalla parte o rilevabili d’ufficio, ovvero l’insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione. E non possono quindi consistere in un apprezzamento dei fatti e delle prove o in una scelta degli elementi probatori, difforme da quello prospettato e preteso dalla parte (Cass. 5274/2007, 5066/2007;

12446/2006).

Il Collegio deve aggiungere che i rilievi dell’IRM alla valutazione sono inconsistenti anche nel merito, in quanto: per quel che riguarda l’atto di rettifica dell’Agenzia delle Entrate, resta il fatto certo che nell’atto di acquisto dell’immobile risalente al 2000, la stessa società aveva dichiarato un valore di Euro 41,97 mq. e che, in ordine alla rettifica, la censura difetta di autosufficienza, non essendo stati indicati i motivi e le ragioni che avevano indotto l’Agenzia ad elevarne la valutazione se non il rinvio ad una perizia redatta dall’UTE, peraltro sull’erroneo presupposto che il terreno possedesse l’indice di edificabilità di mq. 2,50 mc/mq. (pag. 5 ric.). E non essendo stato riferito,soprattutto, se la rettifica fosse divenuta definitiva, o piuttosto impugnata davanti al giudice tributario, nonchè l’esisto del ricorso.

Eguali considerazioni valgono per l’elemento di comparazione ricavato dalla sentenza 53/2008 della stessa Corte di Caltanissetta che ha attribuito un valore di Euro 81-82 ad un terreno ricadente in zona C2,ma pur esso munito del superiore indice di edificabilità di 2,5 mc/mq., che conseguentemente vale semmai a confermare la corretta valutazione compiuta dalla decisione impugnata, pervenuta ad un valore meno elevato con riferimento ad immobile incluso in una zona destinata ad edilizia residenziale pubblica, munita di un indice di edificabilità assai inferiore.

Il Collegio deve,infine respingere il ricorso incidentale delle cooperative: anzitutto con riguardo al pregiudiziale secondo motivo inerente alla invocata riduzione dell’indennità di espropriazione in conseguenza della disposizione del D.Lgs. n. 504 del 1992 non applicata dalla sentenza impugnata; in relazione al quale le cooperative difettano di interesse essendone state dichiarato dalla sentenza impugnata la carenza della titolarità dal lato passivo del rapporto obbligatorio inerente al pagamento di entrambe le indennità: invece attribuita al solo comune di Leonforte.

Quindi, anche in ordine al primo motivo concernente la contestata compensazione delle spese del giudizio di merito sul quale è sufficiente ribadire che la relativa statuizione è sindacabile in sede di legittimità, nei soli casi di violazione di legge, quale si verificherebbe nell’ipotesi in cui, contrariamente al divieto stabilito dall’art. 91 cod. proc. civ., le stesse venissero poste a carico della parte totalmente vittoriosa;mentre esula, da tale sindacato e rientra, invece, nel potere discrezionale del giudice del merito, ex art. 92 cod. proc. civ., la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite. Pertanto detto giudice non è tenuto a dare ragione con un’espressa motivazione dell’uso di detto potere nell’ipotesi di soccombenza reciproca e/o in quella della sussistenza di giusti motivi nel caso ricavabili dalle puntuali considerazioni della sentenza impugnata sull’elaborazione giurisprudenziale che si è resa necessaria per l’individuazione del soggetto passivamente legittimato in tale genere di controversie in cui i comuni e gli IACP hanno concorso alla realizzazione dei programmi di edilizia residenziale di cui alla L. n. 865 del 1971, artt. 35 e 60 – e che non è stata interamente compresa neppure dalle cooperative posto che le stesse,pur sostanzialmente estromesse dal giudizio,hanno insistito per ottenere la riduzione dell’indennità di espropriazione dovuta dal solo comune (Cass. 20457/2011; 24531/2010, sez. un. 20598/2008). Atteso l’esisto della lite, la Corte ritiene conforme a giustizia dichiarare interamente compensate anche quelle del giudizio di legittimità tra le cooperative e la ricorrente IRMA;

e condannare quest’ultima,in aderenza al principio della soccombenza, al pagamento di quelle sostenute dal comune,nella misura liquidata nel dispositivo.

P.Q.M.

La Corte,rigetta entrambi i ricorsi,dichiara interamente compensate le spese processuali tra le cooperative e la soc.IRMA che condanna al pagamento di quelle nei confronti del comune di Leonforte, liquidate in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 7.000,00 per onorario di difesa,oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 11 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2012

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