Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 12-10-2011) 22-11-2011, n. 43017

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Tribunale di Bari, con la sentenza oggi impugnata, ha applicato nei confronti di R.M. la pena concordata tra le parti, e ritenuta di giustizia, per il reato di guida in stato di ebbrezza di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, in relazione a fatto commesso il (OMISSIS).

Ricorre per Cassazione il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Bari denunciando violazione di legge, sulla base dei seguenti rilievi: a) la pena è stata applicata in relazione allo stato di ebbrezza rilevato in presenza di dati sintomatici di tale stato: avuto riguardo alle modifiche dell’art. 186 C.d.S. introdotte con la L. n. 160 del 2007 (successiva alla data del reato addebitato all’imputato) il fatto contestato al R. deve ritenersi inquadrabile nell’ambito della fascia a) dell’art. 186 C.d.S., comma 2; con la recente (ulteriore) riforma di cui alla L. 29 luglio 2010, n. 120 la fattispecie di cui alla fascia a) del novellato art. 186 C.d.S., comma 2, è stata però depenalizzata, e sanzionata con il pagamento di una somma da Euro 500,00 ad Euro 2.000,00), quale illecito amministrativo: in relazione al "tempus commissi delicti" ((OMISSIS)), ed in forza del principio di cui all’art. 2 c.p., dovrebbe trovare quindi applicazione la norma più favorevole all’imputato; b) quanto al rifiuto opposto dal R. all’accertamento strumentale per il rilevamento del tasso di alcool presente nell’organismo, dovrebbe trovare applicazione, in relazione al "tempus commissi delicti" ((OMISSIS)), ed in forza del principio di cui all’art. 2 c.p., il D.L. 3 agosto 2007, n. 117 – entrato in vigore il 4 agosto 2007, conv. dalla L. 2 ottobre 2007, n. 160 – con il quale detta violazione è stata depenalizzata (per essere poi nuovamente criminalizzata con la novella di cui al D.L. 23 maggio 2008, n. 92, convenuto dalla L. 24 luglio 2008, n. 125); c) l’impugnata sentenza dovrebbe quindi essere annullata, con trasmissione degli atti all’Autorità amministrativa per l’irrogazione della sanzione amministrativa.

Motivi della decisione

Osserva preliminarmente il Collegio che, quanto al rifiuto di sottoporsi ad accertamento strumentale del tasso alcolemico presente nell’organismo – pur risultando certamente condivisibili le considerazioni svolte in linea di principio dal ricorrente P.G. – non può tuttavia essere adottata alcuna statuizione posto che si tratta di violazione che non risulta essere mai stata formalmente contestata all’imputato ed in ordine alla quale non vi è stata pronuncia del giudice.

Per quel che riguarda il reato di guida in stato di ebbrezza è corretta la prospettazione del ricorrente P.G. circa l’avvenuta depenalizzazione del reato, in base alle ragioni di seguito indicate.

Il D.L. 3 agosto 2007, n. 117, art. 5 ha – come è noto – riscritto il D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 186, trasformando in illecito amministrativo il rifiuto di sottoporsi all’accertamento, ma non abolendo, neppure in parte, la fattispecie di guida in stato di ebbrezza ed inasprendone anzi l’apparato sanzionatorio.

In particolare, le pene principali sono state differenziate in base alla gravità della violazione:

prima fascia: ammenda da 500 a 2000 Euro e arresto fino ad un mese se il tasso alcolemico accertato è superiore a 0,5 grammi per litro e non superiore a 0,8 (la previsione dell’arresto è stata, poi, soppressa dalla Legge di Conversione 2 ottobre 2007, n. 160):

seconda fascia: ammenda da 800 a 3.200 Euro ed arresto fino a tre mesi (elevato a sei mesi dal D.L. 23 maggio 2008, n. 92, art. 4, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica, convertito dalla L. 24 luglio 2008, n. 125) se il tasso alcolemico accertato è superiore a 0,8 grammi per litro e non superiore a 1,5. terza fascia: ammenda da 1.500 a 6.000 Euro ed arresto fino a sei mesi (ora da tre mesi ad un anno per effetto dell’intervento dei provvedimenti legislativi da ultimo citati) se il tasso alcolemico accertato è superiore a 1,5 grammi per litro.

Nella vigenza del precedente assetto normativo, questa Corte aveva più volte avuto modo di affermare (cfr. Cass. S.U. 27 settembre 1995, Cirigliano, RV 203634; Cass. 4, 4 maggio 2004, Ciacci, RV 229966; Cass. 4, 9 giugno 2004, p.m. in proc. Massacesi, RV 229087) che lo stato di ebbrezza del conducente del veicolo poteva essere accertato e provato, ai fini della configurabilità della contravvenzione in esame, con qualsiasi mezzo, e non necessariamente, nè unicamente, mediante la strumentazione (il cd. etilometro) e le procedure indicate nel menzionato D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, art. 379.

In particolare, per il principio del libero convincimento, per l’assenza di prove legali e per la necessità che la prova non dipenda dalla discrezionale volontà della parte interessata, il giudice poteva dimostrare l’esistenza dello stato di ebbrezza sulla base delle circostanze sintomatiche, desumibili in particolare dallo stato del soggetto (alterazione della deambulazione, difficoltà di movimento, eloquio sconnesso, alito vinoso, ecc.) e dalla condotta di guida (che i verbalizzanti hanno il compito di indicare nella notizia di reato, ai sensi dell’art. 347 c.p.p.: v. comma 3 del citato art. 379). Con le modificazioni anzidetto sono state dunque introdotte tre fasce contravvenzionali che, come questa Corte ha già, seppur incidentalmente, avuto modo di affermare (cfr. ad esempio Cass. 4, 16 settembre 2008, Vergori; Cass. 4, 11 aprile 2008, P.G. in proc. Scanziani, non massimate), integrano fattispecie autonome di reato, non ricorrendo alcun rapporto di specialità fra le tre disposizioni:

le ipotesi ivi contemplate – disposte, come si è visto, in ordine crescente di gravità modellata sul tasso alcolemico accertato -sono, invero, caratterizzate da reciproca alternatività, quindi da un rapporto di incompatibilità.

Ciò detto, non vi è motivo, tuttavia, di ritenere che il nuovo sistema sanzionatorio precluda oggi al giudice di poter dimostrare l’esistenza dello stato di ebbrezza sulla base delle circostanze sintomatiche riferite dai verbalizzanti.

Le ragioni che legittimavano quell’orientamento interpretativo (principio del libero convincimento, assenza di prove legali e necessità che la prova non dipenda dalla discrezionale volontà della parte interessata) non sono, invero, venute meno. Il tasso alcolemico è elemento costitutivo di ognuna delle tre fattispecie e, come tale, è suscettibile di accertamento secondo le regole che governano il sistema delle prove. Una volta ammesso che, in linea di principio, lo stato di ebbrezza può desumersi da elementi sintomatici, è agevolmente intuibile che, sul piano probatorio, la possibilità per il giudice di avvalersi, ai fini dell’affermazione della sussistenza dello stato di ebbrezza, delle sole circostanze sintomatiche riferite dagli agenti accertatori sarà il più delle volte logicamente da circoscriversi alla sola fattispecie meno grave.

Fatte queste premesse sul piano sistematico ed ermeneutico, e passando all’esame della concreta fattispecie, mette conto sottolineare che la colpevolezza del R. è stata affermata sulla scorta delle circostanze sintomatiche dello stato di ebbrezza rilevate al momento del controllo. Di tal che, per le considerazioni dianzi esposte, ed in virtù del principio generale di cui all’art. 2 c.p. in tema di successione delle leggi nel tempo, il fatto addebitato all’imputato deve essere ricondotto nell’ambito della ipotesi contravvenzionale di cui alla prima delle tre fasce sopra ricordate, vale a dire quella concernente il tasso alcolemico non superiore a 0,8, avuto riguardo al più favorevole trattamento sanzionatorio in conseguenza delle modifiche introdotte dalla legge del 2007, in mancanza di significativi, concreti ed univoci elementi fattuali per ritenere sussistente nell’organismo del R., al momento del controllo, un tasso alcolemico superiore a 0,8 g/l.

Con la recente novella di cui alla L. 29 luglio 2010, n. 120 la fattispecie di cui alla fascia a) del novellato art. 186 C.d.S., comma 2, è stata però depenalizzata, e sanzionata con il pagamento di una somma da Euro 500,00 ad Euro 2.000,00), quale illecito amministrativo. Deve quindi trovare applicazione, in relazione al "tempus commissi delicti" ((OMISSIS)) ed in forza del principio di cui all’art. 2 c.p., la L. n. 210 del 2010 – entrata in vigore il 13 agosto 2010 – con la quale la violazione addebitata al R. è stata, appunto, depenalizzata.

In ordine all’addebito in argomento, l’impugnata sentenza deve essere pertanto annullata, senza rinvio, trattandosi di fatto non previsto dalla legge come reato.

Non ritiene il Collegio di poter accogliere la richiesta del P.G. ricorrente di trasmettere gli atti all’autorità amministrativa, tenuto conto del principio di legalità – irretroattività operante sia per gli illeciti penali ( art. 2 c.p.), sia per gli illeciti amministrativi ( L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 1 richiamata dall’art. 194 C.d.S.), e non rinvenendosi nella L. n. 120 del 2010 una apposita previsione che imponga la trasmissione e che possa far ritenere derogato il suddetto principio di irretroattività (v. Sez. Un. 16.3.1994 n. 739 rv 197698).

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non è previsto come reato. Rigetta il ricorso nel resto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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