Cons. Stato Sez. V, Sent., 28-12-2011, n. 6959 Assegnazione di alloggi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. L’Azienda Lombarda Edilizia Residenziale (d’ora in avanti A.L.E.R. di Milano), avendo accertato che l’alloggio n. 22 sito in Milano, via Faenza, n. 11, assegnato alla signora F. S., deceduta il 6 aprile 2006, era occupato senza titolo dal signor Sergio P., diffidava quest’ultimo all’immediato rilascio dell’immobile.

Rimasta senza esito tale diffida, con decreto del 13 marzo 2007, notificato il successivo 27 marzo 2007, la predetta A.L.E.R. di Milano disponeva il rilascio dell’alloggio, intimando al signor Sergio P. di lasciarlo libero da persone e cose nel termine di dieci giorni.

2. Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. III, con la sentenza n. 7743 del 29 dicembre 2010, ha respinto il ricorso proposto originariamente dal signor Sergio P. e poi riassunto dall’erede, signora S. P., avverso il predetto decreto di rilascio, ritenendo infondata la dedotta violazione degli artt. 2, comma 3, e 14, comma 1, della leggere regionale n 9192/83, nonché dell’art. 20, comma terzo, del regolamento regionale n. 1/2004.

A suo avviso, la dedotta convivenza del signor Sergio P. con la originaria assegnataria, in mancanza di qualsivoglia provvedimento autorizzativo da parte dell’ente gestore, doveva essere ricondotta alla fattispecie della mera ospitalità, che non determinava in favore del convivente, all’atto del decesso dell’assegnataria, alcun legittimo automatico subentro nell’assegnazione dell’alloggio.

3. Con rituale atto di appello notificato il 20 aprile 2011 la signora S. P., quale erede del signor Sergio P., ha chiesto la riforma della predetta sentenza, riproponendo le censure sollevate in primo grado, a suo avviso erroneamente respinte, e rilevando in particolare che il decreto di rilascio emesso dall’A.L.E.R. di Milano era stato censurato proprio per non aver riconosciuto il diritto del suo dante causa al subentro nell’assegnazione dell’alloggio in questione, pur essendo nota all’ente la situazione di convivenza, dichiarata anche ai fini della determinazione del canone di locazione, fin dal 2003, e oggetto pertanto di acquiescenza da parte del predetto ente gestore.

L’A.L.E.R. di Milano si è costituita in giudizio, deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza del gravame di cui ha chiesto il rigetti, evidenziando, in particolare, che il signor Sergio P. non aveva mai proposto all’ente alcuna domanda di subentro e che quest’ultima non poteva essere formulata per la prima volta con l’opposizione al decreto di rilascio; ciò senza contare che non ricorrevano in ogni caso i presupposti previsti dall’invocato articolo 20, commi 3 e 4, del regolamento regionale n. 1 del 2004.

4. Con ordinanza n. 2760 del 30 giugno 2011, la Sezione ha ordinato all’A.L.E.R. di Milano di depositare una documentata relazione sulla controversia in esame, con particolare riferimento ai provvedimenti eventualmente adottati in ordine alle istanze/dichiarazioni inoltrate dall’originario ricorrente il 31 ottobre, il 17 e il 19 dicembre 2002, alla dichiarazione ai fini dell’anagrafe 2004 prodotta dalla signora Silavana P., alle ragioni delle intervenute modifiche dell’ammontare del canone di locazione dal 2006, alla situazione anagrafica familiare, anche storica, dei signori P. S., P. Sergio e S. F., sospendendo l’efficacia della sentenza impugnata fino all’udienza di discussione del merito della causa, fissata per il 22 novembre 2011.

L’A.L.E.R. di Milano ha depositato in data 16 settembre 2011 apposita documentata relazione.

5. Alla pubblica udienza del 22 novembre 2011, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

Motivi della decisione

6. L’appello è infondato nel merito, il che consente di prescindere dall’eccezione di inammissibilità dell’appello sollevata dall’intimata A.L.E.R.

6.1. Secondo la tesi dell’appellante, il suo dante causa e originario ricorrente, Sig. Sergio Perruggia, aveva diritto al subentro automatico nell’alloggio (n. 22, sito in Milano, viale Faenza, n. 1) all’atto del decesso dell’originaria assegnataria, sussistendo i presupposti di cui al combinato disposto degli articoli 2, comma 3, e 14, comma 1, della legge regionale 5 dicembre 1983, n. 91, come integrata dalla legge regionale 5 dicembre 1983, n. 92.

Egli infatti, nipote dell’originaria assegnataria (zia), avendola già assistita a causa delle gravi condizioni di salute sin dall’autunno 2002, era successivamente andato a convivere con la stessa (insieme alla propria figlia S. P.) sin dal mese di ottobre 2003, come risultava peraltro dalla certificazione anagrafica, dandone comunicazione all’ente gestore che aveva provveduto anche a rideterminare il canone locativo mensile: di conseguenza l’impugnato provvedimento di rilascio, fondato sul presupposto della mancanza di un qualsiasi titolo che consentisse l’occupazione dell’alloggio da parte del sig. Sergio P., prima, e della signora S. P., poi, era illegittimo, in quanto fondato sul falso presupposto di fatto ovvero su un palese travisamento degli stessi fatti.

Sennonché deve evidenziarsi che la norma invocata dalla parte ricorrente, nel momento in cui è stato adottato il provvedimento impugnato, non era più in vigore, dovendo considerarsi abrogata per effetto della disposizione contenuta nel comma 10 della legge regionale 3 aprile 2001, n. 6 ("Modifica alla legislazione per l’attuazione degli indirizzi contenuti nel documento di programmazione economicofinanziaria regionale – Collegato ordinamentale 2001") che prorogava il termine di cui all’articolo 1 della legge regionale 22 gennaio 1999, n. 5, fino alla data di pubblicazione del provvedimento di attuazione delle funzioni individuate dalle lettere m), n) ed r) del comma 41 della legge regionale 5 gennaio 2000, n. 1, disponendo altresì che da tale data (cioè dalla data di pubblicazione del ricordato provvedimento) erano abrogate una serie di disposizioni normative puntualmente indicate, tra cui proprio le leggi regionali 5 dicembre 1983, n. 91 e 92.

Quel provvedimento di attuazione è costituito dal regolamento regionale 2 aprile 2003, n. 4, poi sostituito dal nuovo regolamento regionale 10 febbraio 2004, n. 1.

Tale ricostruzione normativa non è contraddetta dall’articolo 51 della legge regionale 4 dicembre 2009, n. 27 ("Testo unico delle leggi regionali in materia di edilizia residenziale pubblica") il cui contenuto, per quanto attiene le leggi regionali 5 dicembre 1983, n. 91 e n. 92, deve considerarsi come ricognitivo della già avvenuta abrogazione ("restano abrogate").

Ciò, anche a voler prescindere dalla pur rilevante considerazione che sul punto la pronuncia dei primi giudici, che correttamente avevano già evidenziato l’avvenuta abrogazione della ricordata normativa regionale, non è stata neppure fatta oggetto di apposita puntuale censura, rende infondato il motivo di doglianza, non essendo neppure maturato in capo al signor Sergio P., nel vigore della precedente ricordata normativa, il diritto al subentro nell’alloggio in questione, la originaria assegnataria essendo deceduta solo il 6 aprile 2006.

6.2. Sotto altro profilo occorre rilevare che le disposizioni contenute nel regolamento regionale 10 febbraio 2004, n. 1 (recante "Criteri generali per l’assegnazione e la gestione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica (art. 3, comma 41, lett. m) L.R. n. 1 del 2000"), vigente al momento del decesso dell’assegnataria risultano essere più restrittive in ordine alla possibilità del convivente di subentro nell’assegnazione dell’alloggio del convivente dell’atto del decesso dell’originario assegnatario.

Infatti l’articolo 20, disciplinando proprio il subentro nell’assegnazione, limita tale subentro ai soggetti componenti del nucleo familiare non facenti parti del nucleo assegnatario, ma conviventi al momento del decesso dell’assegnatario, "purché tali soggetti siano stati autorizzati dall’ente gestore secondo la disciplina indicata ai commi 7, 8 e 9 e la durata della convivenza non sia inferiore a tre anni, sempre che gli stessi siano in possesso dei requisiti per la permanenza nell’erp e la cui situazione economica non sia superiore a quanto previsto al comma 1, lettera e) dell’art. 18".

Nel caso in esame, come peraltro emerge dalla documentazione versata in atti, non vi è alcuna prova che l’originaria assegnataria abbia fatto richiesta di ampliamento, come previsto dal comma 9 del ricordato articolo 20, e manca di conseguenza qualsiasi atto autorizzativo che costituisce il presupposto indispensabile dell’eventuale subentro.

D’altra parte non può ammettersi, ad avviso della Sezione, che l’autorizzazione richiesta dalla normativa possa essere sostituita da un eventuale comportamento tacito da parte dell’ente gestore perchè ciò sarebbe in palese contrasto con la puntuale disciplina regolamentare (evidentemente finalizzata a consentire all’ente stesso un effettivo ed adeguato controllo sul patrimonio di edilizia residenziale pubblica per sottrarlo a qualsivoglia tentativo di abuso e per destinarlo effettivamente ai soggetti più bisognosi); peraltro un’autorizzazione implicita (per acquiescenza alla situazione di fatto verificatasi) non è neppure configurabile nel caso di specie, proprio per essere mancata qualsiasi domanda di ampliamento da parte dell’originaria assegnataria e dei conviventi signori Sergio e S. P..

Né può invocarsi a tal fine la sussistenza della certificazione anagrafica, atteso che la relativa variazione, benchè successiva all’abrogazione delle leggi regionali 5 dicembre 1983, n. 91 e 92, è tuttavia precedente all’entrata in vigore dell’attuale regolamento regionale e quindi non è riconducibile alle puntuali disposizioni che pure sotto tale particolare profilo sono contenute nel comma 9 dell’articolo 20 del regolamento stesso.

A fronte di tale situazione, benchè l’avvenuta modifica del canone di locazione (peraltro con decorrenza solo dall’anno 2006, laddove la convivenza, almeno come emerge documentalmente dalla certificazione anagrafica, si è verificata sin dall’ottobre 2003) risulti poco giustificabile, proprio per la mancanza dell’istanza di ampliamento del nucleo e dell’autorizzazione alla convivenza da parte dell’ente gestore, essa da sola è idonea a determinare l’illegittimità del provvedimento impugnato, secondo la prospettazione dell’appellante.

7. In conclusione l’appello deve essere respinto.

La peculiarità della vicenda, le difficoltà interpretative e di ricostruzione del quadro normativo giustificano la compensazione delle spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dalla signora S. M. avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. III, n. 7743 del 29 dicembre 2010, lo respinge.

Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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