Cons. Stato Sez. V, Sent., 28-12-2011, n. 6958 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con deliberazione n. 768 del 30 novembre 1982 il Comune di Grosseto aveva adottato un piano per l’edilizia economica e popolare per la località Marina di Grosseto, limite sinistro dell’emissario San Rocco, prevedendo tra l’altro la demolizione delle costruzioni esistenti al fine di sanare la zona, riqualificare urbanisticamente l’area sita nella fascia costiera e consentire un’organica realizzazione del progetto, il quale ultimo veniva approvato dalla Regione Toscana con deliberazione n. 2522 del 5 marzo 1984.

Una volta autorizzata l’occupazione d’urgenza delle aree e redatti lo stato di consistenza ed il verbale di immissione in possesso, il Consiglio comunale, sentita l’Intendenza di finanza, decideva con deliberazione n. 759 del 13 dicembre 1985 l’inammissibilità delle domande di condono edilizio delle opere ricadenti nelle aree interessate e quindi il Sindaco disponeva con provvedimento del 31 ottobre 1986 la demolizione del manufatto di proprietà di L. R. e O. B., sito su sedime appartenenti al patrimonio disponibile dello Stato, respingendo la sua domanda di sanatoria.

Gli interessati impugnavano allora al TAR della Toscana i due provvedimenti da ultimo citati e il TAR, respinta l’eccezione di improcedibilità per l’avvenuta demolizione, annullava il provvedimento del Sindaco di Grosseto, ritenendo la disapplicazione da parte della P.A. del procedimento di cui all’art. 35 co. 6 L. 47/85, in vista della disponibilità dell’Amministrazione finanziaria – nota del 4 marzo 1986 – a concedere a titolo oneroso l’uso del suolo occupato dal manufatto.

L’accoglimento disposto dal Tar ai meri fini risarcitori, veniva impugnato dal Comune con appello notificato il 17 luglio 2001 recante le seguenti censure:

In primo luogo il Comune ribadiva l’eccezione di improcedibilità del ricorso di primo grado per sopravvenuta carenza di interesse, sostenendo che l’immobile abusivo demolito era stato realizzato su un’area già demaniale e poi destinata all’esproprio in quanto inserita in un piano di zona con conseguente necessaria demolizione: tali elementi non potevano che escludere un interesse finale al mantenimento del manufatto e quindi anche una situazione di tipo risarcitorio, come erroneamente affermato dal TAR.

In secondo luogo, la collocazione dell’immobile escludeva anche che si potesse considerare l’ipotesi della sanatoria sulla base della nota del 4 marzo 1986 dell’Intendenza di Finanza, la quale aveva dichiarato la propria disponibilità a concedere onerosamente l’uso del suolo al privato, poiché la disciplina dell’area non lo poteva ammettere e la stessa Intendenza subordinava la possibilità al mancato proseguimento da parte del Comune della procedura espropriativa.

Inoltre, in terzo luogo, la situazione ricadeva sotto il regime dell’art. 14 L. 47/85 – e non sotto l’egida dell’art. 32 – per cui la mancanza di piena disponibilità al mantenimento del manufatto da parte dell’ente pubblico proprietario del suolo non poteva che portare alla demolizione, senza passaggi procedimentali disposti dagli art. 32 e 35 predetti.

Il Comune di Grosseto concludeva per l’accoglimento dell’appello con vittoria di spese.

Gli appellati non si sono costituiti in giudizio.

Alla odierna udienza pubblica la causa è passata in decisione.

Motivi della decisione

Con i primi due motivi di appello il Comune di Grosseto sostiene in breve che i ricorrenti in primo grado non avessero interesse ad una decisione di merito, in quanto da un lato l’immobile oggetto della controversia era stato realizzato su suolo di proprietà dello Stato destinato a espropriazione e comunque destinato alla demolizione senza alcuna possibilità di un suo mantenimento e dall’altro in ogni caso una sua sanatoria non era giuridicamente possibile, visto che la locale Intendenza di finanza aveva negato il proprio nulla osta al condono edilizio ove fosse proseguita la procedura espropriativa.

I motivi sono infondati.

In primo luogo si deve rilevare che le difese comunali non hanno precisato alcunché circa l’effettiva prosecuzione della procedura espropriativa e della costruzione degli alloggi di edilizia economica e popolare, cui la demolizione dei preesistenti immobili abusivi sarebbe stata necessario presupposto.

La sentenza impugnata poi, nell’affermare le violazioni procedimentali commesse dalla P.A. nel procedere alla demolizione, ha sottolineato come questa sia avvenuta d’ufficio senza interpellare le parti interessate, le quali avrebbero potuto impegnarsi in proprio alla demolizione secondo un proprio programma di recupero dei materiali impiegati.

Perciò, ammesso che il piano di edilizia economica e popolare approvato dalla Regione Toscana con deliberazione n. 2522 del 5 marzo 1984 sia stato effettivamente realizzato, un interesse dei ricorrenti finalizzato a contestare l’illegittimità della procedura di diniego di condono edilizio e di successiva demolizione permaneva comunque almeno ai fini del recupero del valore economico dei materiali impiegati, il cui recupero è stato impedito.

Altrettanto infondato è il terzo motivo, con il quale il Comune di Grosseto si duole che il TAR Toscana non abbia fatto applicazione dell’art. 14 L. 47/85, in base al quale le edificazioni avvenute su suoli di proprietà pubblica in assenza di titolo abilitativo devono essere rimosse a cura del Comune.

In realtà appare corretto il ragionamento svolto dalla sentenza impugnata, secondo cui anche in questo caso doveva essere eseguito il procedimento stabilito dall’art. 35 L. 47/85, il quale stabilisce comunque che il diniego di sanatoria deve essere espressamente notificato alla parte interessata; pacifica giurisprudenza ha affermato che a tale diniego deve seguire apposito procedimento sanzionatorio disciplinato dal capo I della stessa L. 47/85 e tale assunto è confermato dal comma 6 dell’art. 32 L. 47 proprio relativamente alle ipotesi di sanatoria edilizia delle opere abusivamente eseguite da terzi su aree di proprietà dello Stato o di enti pubblici territoriali.

Quindi il Comune di Grosseto doveva notificare alla parte interessata sia il provvedimento di diniego di condono edilizio, sia l’ingiunzione ex art. 7 L. 47/85 con cui andava intimato di provvedere direttamente alla demolizione delle opere abusive entro il termine di legge, senza provvedere direttamente d’ufficio secondo gli schemi di cui all’art. 14 predetto, norma a regime non applicabile agli abusi passati, per i quali il soggetto realizzatore aveva chiesto l’applicazione delle norme speciali di condono edilizio. E ciò tanto più nel caso di specie, in cui l’amministrazione finanziaria con la nota 4 marzo 1986 richiamata in fatto, aveva ammesso l’ipotesi di mantenimento delle opere.

Per le suesposte considerazioni l’appello deve essere respinto.

La mancata costituzione delle parti appellate esime il Collegio dalla pronuncia in punto spese per il presente grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto,

lo respinge.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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