Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 03-10-2011) 22-11-2011, n. 43065

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza pronunciata il 21 febbraio 2011, ex art. 444 cod. proc. pen., il Tribunale di Verona, in composizione monocratica, ha applicato la pena di mesi dieci di reclusione a B.A.E., imputato dei delitti previsti dagli artt. 588 e 337 cod. pen. e dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter, unificati con il vincolo della continuazione, per avere partecipato ad una rissa ed usato violenza e minaccia nei confronti dei verbalizzanti intervenuti a seguito di essa, e perchè si tratteneva nel territorio dello Stato, senza giustificato motivo, in violazione dell’ordine del Questore di Verona, notificatogli il 10 novembre 2010, con il quale gli veniva intimato di lasciare il territorio nazionale entro cinque giorni dalla data predetta (fatti accertati in (OMISSIS)).

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato personalmente, il quale denuncia, con unico motivo, la mancanza di motivazione in relazione all’omessa esplicitazione delle ragioni di ritenuta non applicabilità dell’art. 129 cod. proc. pen. e al mancato vaglio dei criteri indicati nell’art. 133 cod. pen. in sede di applicazione della pena.

Motivi della decisione

2. Le fattispecie di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter e quater, che puniscono la condotta di ingiustificata inosservanza dell’ordine, rispettivamente, iniziale e reiterato di allontanamento impartito dal questore ai cittadini di paesi terzi illegalmente entrati o soggiornanti nel territorio dello Stato, ancorchè poste in essere prima della scadenza dei termini per il recepimento della direttiva 2008/115/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2008, devono considerarsi non più applicabili nell’ordinamento interno, a seguito della pronuncia della Corte di giustizia U.E. 28/04/2011 (nell’ambito del processo El Dridi, C-61/11PPU), che ha affermato l’incompatibilità della predetta direttiva e, in particolare, degli artt. 15 e 16 di essa con la normativa di uno Stato membro, come quella di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, cit., che preveda l’irrogazione della pena della reclusione al cittadino di un paese terzo il cui soggiorno sia irregolare per la sola ragione che questi, in violazione di un ordine di lasciare entro un determinato termine il territorio dello Stato, permanga in esso senza giustificato motivo, determinando pertanto effetti sostanzialmente assimilabili alla abolitio criminis, con la conseguente necessità di dichiarare, nei giudizi di cognizione, che il fatto non è più previsto dalla legge come reato, e fare ricorso in sede di esecuzione -per via di interpretazione estensiva – alla previsione dell’art. 673 cod. proc. pen. (c.f.r., in termini, Sez. 1^, 28/04/2011, n. 22105 e 29/04/2011, n. 20130).

Il recente decreto L. 23 giugno 2011, n. 89, convertito nella legge 2/08/2011, n. 129, recante disposizioni urgenti per il completamento dell’attuazione della direttiva suindicata sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della direttiva sul rimpatrio dei cittadini di paesi terzi irregolari, ha novato la fattispecie, sostanzialmente confermando l’intervenuta abolitio criminis.

La nuova formulazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter e quater, introdotta con l’intervento legislativo suindicato, non realizza, infatti, una continuità normativa con le precedenti disposizioni, sia per lo iato temporale intercorrente con l’effetto della direttiva, sia per la diversità strutturale dei presupposti e la differente tipologia delle condotte necessarie ad integrare gli illeciti delineati. Sul punto è sufficiente ricordare che, oggi, alla intimazione di allontanamento si può pervenire solo all’esito infruttuoso dei meccanismi agevolatori della partenza volontaria ed allo spirare del periodo di trattenimento presso un centro a ciò deputato (Centro di identificazione ed espulsione, abbreviato in CIE).

La più recente normativa ha, dunque, istituito nuove incriminazioni, applicabili solo ai fatti verificatisi dopo l’entrata in vigore della novella.

L’intervenuta abolitio criminis impone di risolvere il problema che si pone nella presente fattispecie, connotata dalla particolarità della inammissibilità del ricorso (avendosi riguardo a sentenza di applicazione della pena sull’accordo delle parti, con motivazione che, ancorchè succinta, sarebbe in astratto adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni), nel senso che l’abrogazione è destinata a prevalere anche sulla causa di inammissibilità dell’impugnazione, in quanto alla impossibilità di rilevare cause di non punibilità in costanza di ricorso inammissibile, resistono le ipotesi di successione di leggi riconducibili all’art. 2 cod. pen..

La nozione di condanna ricavabile da quest’ultima norma, in combinato con l’art. 673 cod. proc. pen., deve essere, infatti, ricondotta al giudicato formale e ciò comporta che, fino a quando esso non si è formato, spetta al giudice della cognizione prendere atto, in particolare, della intervenuta abolitio criminis e annullare la condanna per fatto divenuto privo di rilievo penale (conformi: Sez. 5, n. 39767 del 27/09/2002, dep. 26/11/2002, Buscemi, Rv. 225702, relativa proprio ad una sentenza di applicazione della pena su richiesta; Sez. U, n. 25887 del 26/03/2003, dep. 16/06/2003, Giordano, Rv. 224606, con riguardo ad un più complesso caso di successione di leggi con effetto parzialmente abrogativo del reato oggetto di condanna).

Segue l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata limitatamente all’imputazione prevista dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter, perchè il fatto non è più previsto dalla legge come reato.

3. Risultando la decisione in esame pertinente anche ad altri delitti, previsti dagli artt. 337 e 588 cod. pen., si impone per essi l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio al Tribunale monocratico di Verona per il necessario giudizio anche sulla base di nuovo accordo delle parti sulla pena ex art. 444 cod. proc. pen..

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente all’imputazione prevista dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 14, comma 5 ter, perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato.

Dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di Verona per il giudizio in ordine ai residui reati contestati.

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