Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 03-10-2011) 22-11-2011, n. 43060

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Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di sorveglianza di Venezia, con ordinanza del 7 settembre 2010, depositata il successivo 13 settembre, ha respinto la domanda di riabilitazione proposta da Z.A. in relazione a tre sentenze di condanna: la prima alla pena di mesi 6 di reclusione, emessa dalla Corte di appello di Venezia, in data 8/11/1994, per omicidio colposo commesso nel 1989; la seconda a giorni 30 di reclusione sostituiti con L. 750.000 di multa, emessa con decreto penale del 26 maggio 1995 dal Giudice per le indagini preliminari della Pretura circondariale di Padova, per omesso versamento di ritenute previdenziali, commesso nel 1993; la terza ad anni 1 di reclusione per bancarotta preferenziale e ricorso abusivo al credito, commessi nell’anno 1994, emessa dal Giudice per le indagini preliminari di Treviso il 22 aprile 1997.

A ragione il Tribunale ha addotto la mancanza del solo requisito previsto dall’art. 179 cod. pen.,, comma 6, n. 2, per non avere lo Z. adempiuto le obbligazioni civili nascenti dal delitto di bancarotta, contestando la tesi del condannato, secondo cui il prelievo di lire 84.313.530 dalle casse dell’impresa Zamprogno S.p.A., a titolo di compensi dovuti agli amministratori, tra cui lo stesso Z.A. quale presidente del C.d.A., avvenuto poco prima della dichiarazione di fallimento, era giustificato dal fatto che la società era debitrice nei confronti degli stessi amministratori della maggiore somma di L. 104.700.000, sicchè nessun danno sarebbe stato arrecato agli altri creditori col detto prelevamento.

Ad avviso del Tribunale, invece, il soddisfacimento del credito degli amministratori nei riguardi dell’impresa non sarebbe dovuto avvenire con la suindicata compensazione, poichè, trattandosi di credito chirografario, avrebbe dovuto concorrere con tutti gli altri crediti verso la società, secondo la regola della parcondicio, e trovare soddisfacimento nei limiti della capienza fallimentare ovvero nella percentuale di circa il 10% come rappresentato dal curatore.

Ha aggiunto il Tribunale che, rispetto all’entità del danno non risarcito derivante dal reato, i documentati esigui versamenti di somme ad enti non profit, da parte dello Z., non erano idonei a far ritenere adempiuto l’obbligo risarcitorio.

2. Avverso la predetta ordinanza lo Z. ricorre personalmente a questa Corte e deduce due motivi.

2.1. Con il primo lamenta la violazione dell’art. 179 cod. pen., comma 6, n. 2, come interpretato dalla costante giurisprudenza di questa Corte, non avendo il Tribunale considerato la sua impossibilità di adempiere, emergente, per tabulas, dal doppio fallimento subito (oltre a quello della Zamprogno Costruzioni S.p.A., anche il fallimento della Zafim s.n.c., come tale ed a titolo personale).

2.2. Con il secondo motivo denuncia la carenza di motivazione del provvedimento impugnato sulla sua impossibilità di adempiere, nonostante essa fosse stata allegata e documentata al Tribunale, che, su tale punto, decisivo ai fini della valutazione della fondatezza o meno della sua domanda, avrebbe omesso ogni esame.

3. Nelle more dell’odierna udienza il ricorrente ha depositato memoria nella quale insiste per l’accoglimento del gravame e rappresenta che analogo ricorso, proposto da Z.G., è stato già deciso da questa Corte con sentenza di annullamento n. 20560/2011 per ritenuto vizio della motivazione dell’ordinanza di rigetto – analoga a quella qui impugnata – della domanda di riabilitazione.

4. Nella sua requisitoria, depositata il 13 gennaio 2011, il Procuratore generale richiede il rigetto del ricorso, rilevando l’erroneità della tesi del ricorrente di avere arrecato un danno solo formale con il delitto di bancarotta preferenziale, avendo prelevato dall’attivo della società una somma inferiore (L. 84.313.530) a quella a lui dovuta (L. 104.700.000) come compenso per la prestata attività di amministratore, posto che, ad avviso del Pubblico Ministero, non è legittimo compensare un debito reale – la cifra destinata agli amministratori è rimasta sottratta all’attivo fallimentare – con un credito meramente teorico -destinato, ove inserito nel fallimento, ad essere soddisfatto come credito chirografario-. Aggiunge il Procuratore generale che l’impossibilità di adempiere l’obbligo risarcitorio è stata dedotta solo in questa sede dal ricorrente, cosicchè il Tribunale di sorveglianza non aveva alcun obbligo motivazionale al riguardo.

Motivi della decisione

5. Il ricorso, di cui i due motivi proposti convergono nella denuncia del mancato rilievo attribuito dal Tribunale di sorveglianza all’impossibilità del ricorrente di adempiere le obbligazioni civili derivanti dal reato di bancarotta preferenziale, sotto il duplice profilo dell’inosservanza della legge penale e, segnatamente, dell’art. 179 cod. pen., comma 6, n. 2, e dell’omessa motivazione sul punto, è infondato.

Come emerge dal contenuto della domanda di riabilitazione, proposta da Z.A. al Tribunale di sorveglianza di Venezia in data 17 maggio 2010, e dalla coerente motivazione resa dall’adito Tribunale, l’istante non ebbe ad allegare nè a documentare la sua eventuale impossibilità di adempiere le obbligazioni civili derivanti dal reato, poichè fondò la sua richiesta di riabilitazione sulla tesi di non avere arrecato alcun danno ai creditori della Zamprogno S.p.A., prelevando dalle sue casse, in prossimità del fallimento, una somma inferiore al maggiore credito da lui vantato nei confronti della medesima società per l’attività di amministratore svolta nel suo interesse.

Nè l’impossibilità di adempiere può farsi discendere automaticamente dalla dichiarazione di fallimento del condannato nella qualità di socio di altra società di persone, la Zafim s.n.c., con riguardo alla quale, nella domanda di riabilitazione dello Z., non è precisata la data del dichiarato fallimento dell’impresa e dei soci personalmente, nè la data di chiusura del medesimo fallimento, posto che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di condizioni per la riabilitazione, la dichiarazione di fallimento del condannato costituisce prova dell’impossibilità di adempiere le obbligazioni civili nascenti dal reato solo con riferimento al periodo di tempo immediatamente contiguo alla chiusura della procedura fallimentare (c.f.r., in termini, Sez. 1, n. 47124 del 12/11/2009, dep. 11/12/2009, Salvati, Rv. 245885).

Ne discende che non risulta violato, nell’ordinanza impugnata, alcun obbligo motivazionale e, neppure, consumata alcuna inosservanza di legge nella valutazione dei requisiti richiesti per decidere sulla domanda di riabilitazione, così come prospettata dal ricorrente in punto di assenza di danno risarcibile ai creditori della società fallita in conseguenza del reato di bancarotta preferenziale commesso.

Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali, a nulla rilevando la precedente sentenza di annullamento di questa Corte pronunciata in un caso analogo, citata nella memoria del ricorrente, poichè essa attiene ad altro condannato, Z.G., per il medesimo reato di bancarotta, il quale, diversamente dall’attuale ricorrente, aveva allegato e documentato, nel procedimento di riabilitazione davanti al Tribunale di sorveglianza, la sua condizione di indigenza e la conseguente impossibilità di adempiere, senza che il giudice adito avesse motivato, al riguardo, il diniego della richiesta riabilitazione.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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