Cons. Stato Sez. V, Sent., 28-12-2011, n. 6948 Indennità di anzianità e buonuscita Pensioni, stipendi e salari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in appello in esame la Regione Campania ha chiesto l’annullamento o la riforma della sentenza del T.A.R. in epigrafe indicata con la quale è stato accolto il ricorso proposto dalla dipendente regionale G. C., collocata a riposo in data 1.3.1986, e la Regione è stata condannata al pagamento in favore della suddetta dell’importo della rivalutazione monetaria e degli interessi legali sulle somme corrisposte in ritardo a titolo indennità di anzianità, ai sensi della l.r. Campania n. 157/1981, articolo 1, a decorrere da detta data del 1.3.1986 e sino al soddisfo, avvenuto il 18.9.1995, da liquidarsi secondo i criteri di computo di cui in motivazione.

A sostegno del gravame sono stati dedotti i seguenti motivi:

1.- Violazione e falsa applicazione della l.r. Campania n. 15/1981, travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, "error in iudicando".

Erroneamente il T.A.R. non ha condiviso la tesi della Regione che se il diritto del pubblico dipendente non deriva direttamente dalla legge ma ai fini della sua affermazione occorre una previa attività di verifica della P.A., esso matura solo con la adozione del provvedimento, anche se avente efficacia retroattiva.

2.- Violazione e falsa applicazione della l.r. Campania n. 15/1981, travisamento dei presupposti, illogicità della decisione, contraddittorietà tra giudicati ed "error in iudicando".

La impugnata sentenza è contraddittoria rispetto al costante indirizzo del T.A.R. in materia, secondo il quale, ai fini del riconoscimento del diritto attribuito dalla legge ad un pubblico dipendente, occorre una attività dell’Amministrazione, ancorché limitata, di verifica, accertamento e valutazione del diritto, cosicché il diritto ad interessi e rivalutazione decorre solo dalla adozione dei necessari atti.

3.- Violazione e falsa applicazione della l.r. Campania n. 15/1981, travisamento dei presupposti, prescrizione ed "error in iudicando".

Il T.A.R. ha erroneamente valutato infondata la eccezione di prescrizione formulata in prime cure dalla Regione Campania con riferimento al diritto ad interessi e rivalutazione per i ratei maturati antecedentemente al quinquennio dalla proposizione del ricorso, notificato nell’anno 1995, ovvero dalla emanazione dei rispettivi decreti di riconoscimento, risalenti da ultimo all’anno 1990.

Con atto depositato il 29.9.2010 si è costituito in giudizio per la Regione appellante un nuovo difensore, in sostituzione del precedente.

Alla pubblica udienza del 15.7.2011 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti, come da verbale di causa agli atti del giudizio.

Motivi della decisione

1.- Con il ricorso in appello in esame la Regione Campania ha chiesto l’annullamento della sentenza in epigrafe specificata con la quale è stato accolto il ricorso proposto dalla sig.ra G. C. per la condanna della Regione alla corresponsione di interessi legali e rivalutazione monetaria sulle somme ad essa versate a titolo di indennità di anzianità in data 18.9.1995 anziché in data 1.3.1986.

2.- Con il primo motivo di appello è stata dedotta violazione e falsa applicazione della l.r. Campania n. 15/1981 ed è stato asserito che erroneamente il T.A.R. non ha condiviso la tesi della Regione che se il diritto del pubblico dipendente non deriva direttamente dalla legge ma ai fini della sua affermazione occorre una previa attività di verifica della P.A., esso matura solo con la adozione del provvedimento, anche se avente efficacia retroattiva.

Nel caso che occupa il diritto vantato dalla dipendente de qua è insorto con l’emanazione di atti (intervenuti dopo la messa in quiescenza) di riconoscimento "ad personam" della indennità speciale erogata dalla Regione per effetto del reinquadramento della suddetta nei ruoli regionali (costituente fattispecie diversa dalla indennità di buonuscita e con effetto costitutivo della posizione creditoria, maturata dopo lo svolgimento di attività ricognitiva tesa ad individuare i dipendenti in possesso dei requisiti oggettivi e soggettivi richiesti).

Pertanto il provvedimento di riconoscimento risalirebbe solo all’epoca di adozione della deliberazione della G.R. dell’8.8.1990, sebbene la normativa regionale attributiva del diritto risalga agli inizi degli anni "ottanta" e la posizione in quiescenza della dipendente all’anno 1986.

2.1.- Osserva la Sezione che rivalutazione monetaria ed interessi sui crediti di lavoro dei pubblici dipendenti decorrono dalla data di maturazione del diritto, ma tale momento genetico si configura diversamente a seconda della differente fonte del credito: se il diritto trova origine direttamente nella legge o in un atto normativo, la data della sua maturazione è quella della scadenza dell’emolumento o del suo rateo, a prescindere da qualsivoglia atto l’Amministrazione debba compiere ai fini della ricognizione e dell’adempimento della sua obbligazione.

Nel caso in cui, invece, il diritto trovi fonte direttamente in un provvedimento amministrativo, la data della sua maturazione è invece quella di adozione del provvedimento, anche se dotato di efficacia retroattiva (Consiglio Stato, Sez. IV, 14 aprile 2004, n. 3061).

Nel caso che occupa l’art. 2 della l. r. Campania n. 15/1981, attributiva del diritto de quo, individuava con precisione presupposti, modalità e termini per la corresponsione dell’indennità supplementare di fine servizio, rispetto ai quali l’attività dell’ente regionale appare aver avuto natura meramente accertativa e priva di qualsiasi efficacia costitutiva, che, invece, deve essere collegata alla norma stessa (Consiglio Stato, sez. IV, 30 maggio 2005, n. 2776).

Da quanto detto consegue che la decorrenza degli emolumenti accessori rivendicata è quella indicata dal giudice di primo grado, con le ulteriori precisazioni svolte nella sentenza impugnata, che merita di essere confermata.

3.- Con il secondo motivo di gravame è stato asserito che la impugnata sentenza sarebbe contraddittoria rispetto al costante indirizzo del T.A.R. in materia, secondo il quale ai fini del riconoscimento del diritto attribuito dalla legge ad un pubblico dipendente occorre una attività dell’Amministrazione, ancorché limitata, di verifica, accertamento e valutazione del diritto, cosicché il diritto ad interessi e rivalutazione decorre solo dalla adozione dei necessari atti, ancorché questi abbiano efficacia retroattiva.

Quindi nel caso che occupa interessi e rivalutazione non potevano essere riconosciuti alla appellata se non dal momento genetico del diritto, coincidente con gli "atti amministrativi del 1990".

3.1.- La censura è ad avviso della Sezione generica ed incondivisibile, atteso che è del tutto inconferente la circostanza che la sentenza in esame, che appare pienamente condivisibile, si sia discostata, come affermato con l’atto di appello, da indirizzi giurisprudenziali pregressi, stante la inesistenza nel nostro ordinamento del dovere del Giudice di uniformarsi a pregressi orientamenti giurisprudenziali non condivisi (salvo quanto ora previsto, ma in diversa casistica, dall’art. 99, comma 3, del c.p.a.).

4.- Con il terzo motivo di appello è stato dedotto che il T.A.R. ha erroneamente valutato infondata la eccezione di prescrizione formulata in prime cure dalla Regione Campania con riferimento al diritto ad interessi e rivalutazione sulle somme dovute per i ratei maturati antecedentemente al quinquennio dalla proposizione del ricorso, notificato nell’anno 1995, ovvero dalla emanazione dei rispettivi decreti di riconoscimento, risalenti da ultimo all’anno 1990.

Non sarebbe condivisibile la tesi del Giudice di prime cure che la prescrizione non può che decorrere dall’ultimo pagamento, atteso che dall’esame del decreto di liquidazione era già evidente la mancata corresponsione di interessi e rivalutazione, in linea con quanto stabilito dall’art. 2935 del c.c..

4.1.- Osserva in proposito la Sezione che il diritto alle somme spettanti ai dipendenti pubblici a titolo di indennità di buonuscita si prescrive nel termine di cinque anni, decorrente non dalla data di cessazione dal servizio, ma da quello dell’ultimo ordinativo di pagamento del credito principale (Consiglio Stato, Sez. VI, 12 febbraio 2007, n. 544).

Deve quindi convenirsi con il Giudice di prime cure che, poiché il ricorso è stato notificato in data 20 dicembre 1995, la prescrizione poteva essere fatta decorrere solo dall’epoca di liquidazione della somma (avvenuta nel settembre 1995), in quanto solo da quel momento la attuale appellata aveva potuto rendersi conto della mancata corresponsione degli accessori di legge.

Non può invero escludersi che solo all’atto della concreta liquidazione delle somme dovute l’interessato abbia la concreta e diretta percezione della mancata corresponsione di interessi e rivalutazione sulle somme dovute.

5.- L’appello deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione.

6.- Nessuna determinazione può essere assunta in ordine alle spese del presente grado di giudizio stante la mancata costituzione della parte intimata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo respinge l’appello in esame.

Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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