Cass. civ. Sez. I, Sent., 04-06-2012, n. 8920

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Su ricorso della ALMEC il Presidente del Tribunale di Avellino ha emesso, in data 13 dicembre 1994, decreto ingiuntivo per il pagamento di L. 1.725.645.674 dovute in base al contratto di garanzia intercorrente fra le parti.

2. Ha proposto opposizione l’intimata eccependo il difetto di potere dell’amministratore delegato di ALMEC a richiedere il decreto ingiuntivo, escutere la garanzia bancaria e rappresentare la società nei confronti dei terzi, spettando tali poteri al Consiglio di amministrazione. Ha eccepito altresì l’avvenuto pagamento da parte dell’obbligato principale, la Tecnicacostruzioni s.r.l. Si è costituita ALMEC che ha contestato le predette eccezioni. Il Tribunale di Avellino ha respinto l’opposizione e confermato il decreto.

3. La Corte di appello di Napoli, con sentenza 2748/04, ha accolto l’appello della Banca non rilevando agli atti la prova della legittimazione dell’amministratore delegato a proporre il ricorso per decreto ingiuntivo.

4. ALMEC ha proposto ricorso per revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 4, deducendo l’errore di fatto della Corte di appello nel non rilevare l’esistenza agli atti della delibera del C.d.A. del 4.11.1994 che conferiva la legittimazione all’amministratore delegato.

5. La Corte di appello ha accolto il ricorso per revocazione e in sede di giudizio rescissorio ha respinto l’appello della Banca della Campania condannandola al pagamento della somma di 891.221,61 Euro con interessi legali dal 30 novembre 1994 al saldo.

6. Ricorre per cassazione la Banca della Campania deducendo due motivi di impugnazione.

7. Si difende con controricorso ALMEC s.p.a..

8. La Banca della Campania s.p.a. deposita memoria difensiva ex art. 378 c.p.c..

9. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, con riferimento agli artt. 2377, 2384 e 2388 c.c. (nel testo antecedente la riforma del diritto societario) e art. 75 c.p.c. nonchè la omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5). La Banca ricorrente insiste nel rilevare il difetto di legittimazione dell’amministratore delegato sulla base delle norme citate e di quelle statutarie e assume la rilevabilità d’ufficio della nullità della delibera del 4 novembre 1994 del Consiglio di amministrazione della ALMEC che aveva autorizzato la proposizione del ricorso per decreto ingiuntivo.

10. Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione o falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3) con riferimento all’art. 1936 c.c., e segg., art. 2697 c.c., in correlazione agli artt. 1 e 12 preleggi e all’art. 1362 c.c., e segg., nonchè omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 c.p.c., n. 5). La Banca ricorrente ritiene erronea la qualificazione del contratto operata dalla Corte di appello come contratto autonomo di garanzia e rileva che le parti si accordarono per la stipulazione di un contratto di garanzia atipica (fideiussio indemnitatis) in considerazione della infungibilità della prestazione (consegna di stampi per la pressofusione idonei alle esigenze della ALMEC) cui era tenuto l’obbligato principale e che escludeva qualsiasi forma di solidarietà con il garante.

Motivi della decisione

11. Il ricorso è improcedibile. Esso non contiene, come è invece richiesto dall’art. 366 c.p.c. (nel testo applicabile ratione teaporxs alla controversia), una specifica indicazione degli atti processuali, dei documenti e dei contratti sui quali il ricorso si fonda. La citazione negli atti difensivi di parti del testo dei documenti relativi alla rappresentanza in giudizio della ALDEC e di parti del testo degli accordi negoziali intercorsi fra la ALDEC e la Banca della Campania nonchè l’obbligata principale non consente di ritenere in ogni caso il ricorso procedibile atteso che la ricorrente non ha adempiuto alla prescrizione di cui all’art. 369 c.p.c., relativa all’obbligo di depositare insieme al ricorso gli atti, documenti e contratti sopra citati.

12. La ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso improcedibile. Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in Euro 10.200 di cui Euro 200 per spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 31 gennaio 2012.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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