Cass. civ. Sez. I, Sent., 04-06-2012, n. 8919 Spese processuali nei giudizi di gravame:

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – A seguito degli eventi sismici verificatisi nella Regione Umbria nel maggio-settembre 1997, in data 27 luglio 1999, venne costituito – ai sensi del D.L. 30 gennaio 1998, n. 6, art. 3, comma 5 (Ulteriori interventi in favore delle Regioni Marche e Umbria interessate dalla crisi sismica iniziata il 26 settembre 1997), convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 30 marzo 1998, n. 61, art. 1, comma 1 e della L.R. Umbria 12 agosto 1998, n. 30, art. 7 (Norme per la ricostruzione delle aree colpite dalle crisi sismiche del 12 maggio 1997, 26 settembre 1997 e successive) – il Consorzio obbligatorio "Acera 2002" per l’esecuzione degli interventi anche sugli edifici privati distrutti o danneggiati dal sisma.

A tale Consorzio aderirono, tra gli altri, anche il Comune di Campello sul Clitumno ed i coniugi A.C. e B. S., proprietari di immobili compresi nel programma di recupero.

In data 15 giugno 2000, il Consorzio stipulò un contratto di appalto con la s.a.s. S.E.P.R.I.M. di Giuseppe Santini, avente ad oggetto la realizzazione dei lavori di recupero anche di detti immobili dei coniugi A. – B..

L’art. 13 di tale contratto disciplinava la "Definizione delle controversie", prevedendo che: "Le parti convengono che tutte le controversie che dovessero tra loro insorgere in merito all’interpretazione, all’esecuzione del contratto ed alle norme applicabili saranno rimesse alla decisione di un collegio arbitrale composto di tre membri, nominati uno da ciascuna delle parti ed il terzo, con funzioni di presidente, di comune accordo, ovvero, in caso di disaccordo, dal Giudice ordinario, Foro di Spoleto".

2. – In data 13 agosto 2005, i coniugi A. – B. – assumendo che la Società appaltatrice si era resa gravemente inadempiente nell’esecuzione dei lavori sull’immobile di loro proprietà – promossero giudizio arbitrale, chiedendo la risoluzione del contratto per inadempimento ed il risarcimento dei danni.

La Società Seprim eccepì, tra l’altro, l’inammissibilità del promosso procedimento arbitrale, in quanto nei confronti dei coniugi A. – B., estranei al contratto di appalto, la predetta clausola compromissoria era inefficace.

Il Collegio arbitrale, con lodo parziale del 26 maggio 2007, respinse (anche) tale eccezione e, successivamente, con lodo definitivo del 22 settembre 2007, dichiarò la propria incompetenza in ordine ai lavori affidati all’appaltatrice direttamente dai detti coniugi, in quanto non compresi nel contratto d’appalto, e respinse le domande di risoluzione del contratto e di risarcimento del danno proposte dagli attori, e pose a carico delle parti in eguale misura le spese di funzionamento dell’arbitrato, ivi comprese quelle di consulenza tecnica e gli onorari degli arbitri, liquidandole.

3. – I coniugi A. – B. impugnarono il lodo definitivo dinanzi alla Corte di Perugia e la Società Seprim impugnò a sua volta il lodo parziale.

La Corte adita, con la sentenza n. 380/10 dell’11 settembre 2010, ha dichiarato nullo per difetto di giurisdizione il procedimento arbitrale e i predetti lodi ed ha condannato gli attori, in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali sia del giudizio arbitrale sia del giudizio di impugnazione.

In particolare, la Corte è pervenuta a tale decisione attraverso i seguenti passaggi argomentativi: a) il Consorzio "Acera 2002", come tutti i consorzi costituiti in base alle leggi statale e regionale dianzi citate, ha una soggettività giuridica propria ed una certa autonomia patrimoniale rispetto ai soggetti consorziati, come risulta dallo schema di statuto predisposto dalla Giunta regionale dell’Umbria che, nel dettare disposizioni per i quorum necessari alle modifiche statutarie, rinvia alla disciplina codicistica delle associazioni riconosciute; b) le finalità perseguite dalle leggi statale e regionale dianzi citate (cfr., supra, n. 1) – rappresentate dalla esigenza di assicurare interventi unitari per aree omogenee – possono essere soddisfatte "proprio grazie all’attribuzione del potere di effettuare scelte operative e negoziali ad un soggetto distinto e sopraordinato ai singoli proprietari degli immobili colpiti dal sisma, in posizione tale, dunque, da poter perseguire insieme all’interesse dei privati anche l’interesse pubblico ad una ordinata, coordinata e tempestiva ricostruzione del patrimonio immobiliare"; c) "Dal riconoscimento della soggettività in capo al Consorzio derivano precisi effetti sul piano sostanziale e processuale: in particolare il Consorzio può stipulare un contratto che vede come parte esso stesso e non i consociati e può stare in giudizio per la tutela dei propri diritti" (vengono richiamate le sentenze della Corte di cassazione nn. 10956 del 1996 e 12958 del 2007; d) dall’analisi del contratto di appalto del 15 giugno 2000 emerge che il Consorzio "Acera 2002" ha stipulato tale contratto in nome proprio, come si rileva non soltanto dal dato formale che non viene richiamata alcuna forma di rappresentanza dei singoli consorziati, ma soprattutto dalla considerazione che il contratto, pur concernendo immobili appartenenti a proprietari diversi, è unico e unitario con prestazione unitaria, con corrispettivo unico secondo modalità di pagamento riferite al valore complessivo dei lavori e con date di inizio e termine dei lavori complessivamente considerati;

e) "Se si riconoscesse al singolo consorziato la facoltà di agire in giudizio per conseguire la risoluzione del contratto stipulato dal consorzio, si consentirebbe ad un solo consorziato di incidere sullo svolgimento del rapporto che concerne tutti i consorziati, frustrando l’esigenza di azione unitaria e coordinata che rappresenta la finalità del consorzio obbligatorio".

4. – Avverso tale sentenza A.C. e B.S. hanno proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura.

Resiste, con controricorso, la s.a.s. S.E.P.R.I.M. di Giuseppe Santini.

Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo (con cui deducono: "Violazione dell’art. 1703 c.c., e segg., artt. 1705, 1387, 1388 c.c., art. 1655 c.c., e segg., art. 2602 c.c., e segg., art. 2615 c.c., violazione e falsa applicazione della L. n. 61 del 1998, art. 3, comma 5, e della L.R. n. 30 del 1998, art. 7, violazione dell’art. 817 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 1, 2, 3 e 5"), i ricorrenti criticano la sentenza impugnata, sostenendo che: a) i consorzi, contrattando con i terzi, operano quali mandatari dei consorziati, per cui le obbligazioni assunte sorgono direttamente in capo al singolo consorziato, senza bisogno di spendita del nome dello stesso; b) dal momento che il Consorzio de quo non era proprietario di tutti gli immobili interessati al recupero od alla ricostruzione, esso ha stipulato il contratto di appalto in nome e per conto dei consorziati (mandato collettivo), come emerge anche dalla disciplina statale e regionale che impone ai singoli proprietari privati e/o pubblici di costituirsi in consorzio obbligatorio; c) dal momento che gli effetti del contratto di appalto si producono direttamente in capo ai singoli consorziati, ai sensi dell’art. 1388 cod. civ., in caso di inerzia del Consorzio, i singoli consorziati sono legittimati ad agire in luogo del Consorzio per tutelare i loro diritti, anche promuovendo il giudizio arbitrale ai sensi della su riprodotta clausola compromissoria, direttamente efficace nei loro confronti; d) anche se è esatto che il contratto di appalto è unico, non è meno esatto che le prestazioni a carico dell’appaltatore sono diverse e frazionabili, avendo ad oggetto le opere da eseguire negli immobili di proprietà dei singoli consorziati, con la conseguenza che ciascuno di questi è legittimato ad agire nei confronti dell’appaltatore per l’esatta prestazione concernente il proprio immobile, tanto è vero che il Comune di Campello sul Clitumno aveva stabilito la misura del contributo in via frazionata per ciascuno dei proprietari; e) la risoluzione parziale del contratto -espressamente prevista dall’art. 1458 cod. civ. nelle ipotesi di contratti ad esecuzione continuata o periodica – è possibile anche quando l’oggetto del contratto sia rappresentato non già da una sola cosa, caratterizzata da una sua unicità non frazionabile, ma da più cose che, pur se separate dal tutto, possano mantenere una propria individualità economico-funzionale (viene richiamata la sentenza della Corte di cassazione n. 23657 del 2004).

Con il secondo motivo (con cui deducono: "Violazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5"), i ricorrenti criticano la sentenza impugnata, nella parte in cui li ha condannati in solido al pagamento anche delle spese del processo arbitrale, sostenendo che i Giudici a quibus avrebbero ecceduto i limiti del loro potere.

2. – Il ricorso non merita accoglimento.

2.1. – Il primo motivo è infondato.

Il D.L. 30 gennaio 1998, n. 6, art. 3, comma 5 (Ulteriori interventi in favore delle Regioni Marche e Umbria interessate dalla crisi sismica iniziata il 26 settembre 1997), convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 30 marzo 1998, n. 61, art. 1, comma 1, stabilisce: "Per l’esecuzione degli interventi unitari sugli edifici privati, o di proprietà mista pubblica e privata, anche non abitativi, i proprietari si costituiscono in consorzio obbligatorio entro trenta giorni dallfinvito ad essi rivolto dal comune. La costituzione del consorzio è valida con la partecipazione dei proprietari che rappresentino almeno il 51 per cento delle superfici utili complessive dell’immobile, determinate ai sensi del D.M. Lavori Pubblici 5 agosto 1994, art. 6, publicato nella Gazzetta Ufficiale n. 194 del 20 agosto 1994, ricomprendendo anche le superfici ad uso non abitativo. Per l’esecuzione degli interventi previsti dall’art. 4, commi 1 e 3, il consorzio si sostituisce ai proprietari che non hanno aderito".

A sua volta, la L.R. Umbria 12 agosto 1998, n. 30, art. 7 (Norme per la ricostruzione delle aree colpite dalle crisi sismiche del 12 maggio 1997, 26 settembre 1997 e successive), stabilisce: "1. I consorzi di cui al D.L. n. 6 del 1998, art. 3, comma 5, ancorchè ne facciano parte enti pubblici, agiscono sulla base di norme di diritto privato. La previsione si applica anche nel caso in cui gli immobili di proprietà pubblica siano prevalenti, quanto alle superfici, rispetto a quelli di proprietà privata. Le superfici si calcolano con riferimento al D.M. Lavori Pubblici 5 agosto 1994, art. 6, comma 3. 2. La giunta regionale adotta uno statuto tipo del consorzio, prevedendo altresì il contenuto minimo dei contratti di appalto ai fini della sicurezza nei cantieri, della verifica della regolarità contributiva, previdenziale ed assicurativa. 3. Le imprese procedono alla esecuzione dei lavori sulla base di contratti di appalto di diritto privato".

Alla luce di tali disposizioni, nonchè di quanto previsto dall’art. 2616 cod. civ. e art. 111 disp. att. cod. civ., può affermarsi che la fonte primaria della disciplina dei consorzi obbligatori deve rinvenirsi nelle singole leggi speciali che ne prevedono la costituzione, come è avvenuto nel caso di specie per il Consorzio de quo, previsto e disciplinato nei suoi tratti essenziali (ad esempio, quanto alle condizioni minime per la sua costituzione, all’assoggettamento della sua attività alle norme di diritto privato, alla predisposizione di uno "statuto tipo del consorzio" da parte della Regione Umbria, alla previsione di un "contenuto minimo" dei contratti di appalto stipulati dai consorzi) proprio dalle disposizioni statale e regionale ora richiamate. Da ciò consegue, in particolare, che anche la disciplina dei rapporti tra consorzio obbligatorio e consorziati deve essere del pari rinvenuta nelle disposizioni delle stesse leggi speciali, e che la disciplina generale del codice civile si applica solo in via residuale, purchè risulti compatibile con la disciplina speciale.

Con specifico riferimento al Consorzio "Acera 2002" de quo – costituito in base alle su menzionate disposizioni -, che la disciplina speciale non comporti un necessario rapporto di rappresentanza volontaria tra singoli consorziati aderenti e Consorzio è dimostrato non soltanto dalla stessa natura obbligatoria del consorzio, ma anche dalla espressa previsione del citato D.L. n. 6 del 1998, art. 3, comma 5, laddove è previsto che "Per l’esecuzione degli interventi previsti dall’art. 4, commi 1 e 3 concessione del contributo per gli interventi di ricostruzione o di recupero degli immobili distrutti o danneggiati dalla crisi sismica il consorzio si sostituisce ai proprietari che non hanno aderito", con la conseguenza che l’adesione del singolo proprietario al consorzio non vale ad istituire un rapporto di rappresentanza, ma soltanto a consentire la costituzione del consorzio medesimo. Di più, la natura speciale della disciplina in esame – rispetto a quella codicistica – e la netta prevalenza della dimensione pubblicistica di essa è comprovata, ad esempio, dalla previsione dei poteri sostitutivi attribuiti ai comuni nei confronti sia dei singoli proprietari, nelle ipotesi di omessa o impossibile costituzione del consorzio, sia degli stessi consorzi, nelle ipotesi di inadempienza di questi (comma 6 dello stesso art. 3, che prevede addirittura l’occupazione temporanea degli immobili distrutti o danneggiati dalla crisi sismica da parte dei comuni -senza diritto ad indennizzo dei proprietari – per l’esecuzione degli interventi di ricostruzione o di recupero).

La motivazione della sentenza impugnata si inscrive sostanzialmente in questa cornice legislativa, laddove sottolinea, in particolare, che le finalità perseguite dalle leggi statale e regionale dianzi citate – rappresentate dalla esigenza di assicurare interventi unitari per aree omogenee – possono essere soddisfatte "proprio grazie all’attribuzione del potere di effettuare scelte operative e negoziali ad un soggetto distinto e sopraordinato ai singoli proprietari degli immobili colpiti dal sisma il consorzio obbligatorio, appunto, in posizione tale, dunque, da poter perseguire insieme all’interesse dei privati anche l’interesse pubblico ad una ordinata, coordinata e tempestiva ricostruzione del patrimonio immobiliare" distrutto o danneggiato dal sisma, ed inoltre che il Consorzio "Acera 2002", al pari di tutti i consorzi costituiti in base a dette leggi statale e regionale, ha una soggettività giuridica propria ed una certa autonomia patrimoniale rispetto ai soggetti consorziati, come risulta dallo schema di statuto predisposto dalla Giunta regionale dell’Umbria che, nel dettare disposizioni per i quorum necessari alle modifiche statutarie, rinvia alla disciplina del codice civile concernente le associazioni riconosciute.

Costituisce circostanza incontestata tra le parti quella secondo cui il contratto di appalto con la s.a.s. S.E.P.R.I.M. di Giuseppe Santini, avente ad oggetto – in conformità con le menzionate previsioni di legge – anche la realizzazione dei lavori di recupero degli immobili dei coniugi A. – B., fu stipulato esclusivamente dal Consorzio "Acera 2002". Da ciò consegue, in linea di principio, che, come tutte le altre clausole contrattuali, così anche la clausola compromissoria, di cui all’art. 13 di tale contratto disciplinante la "Definizione delle controversie", produce effetti soltanto tra i contraenti (art. 1372 cod. civ.).

Al riguardo, la Corte di Perugia ha operato una compiuta analisi del contratto di appalto del 15 giugno 2000 ed ha sottolineato come da esso emerga che il Consorzio "Acera 2002" ha stipulato tale contratto in nome proprio, ciò risultando non soltanto dal dato formale che non viene richiamata alcuna forma di rappresentanza dei singoli consorziati, ma soprattutto dalla considerazione che il contratto, pur concernendo immobili appartenenti a proprietari diversi, è unico e unitario con prestazione unitaria, con corrispettivo unico, secondo modalità di pagamento riferite al valore complessivo dei lavori e con date di inizio e termine degli stessi lavori computati del pari in modo complessivo.

In linea generale, deve osservarsi che, a ben vedere, le critiche formulate dai ricorrenti alla sentenza impugnata muovono da un’interpretazione delle menzionate disposizioni statale e regionale, nonchè delle clausole del contratto d’appalto, opposta a quella correttamente prospettata dai Giudici a quibus, senza tuttavia che vengano indicati, a parametro di illegittimità, gli specifici canoni ermeneutici legislativi e contrattuali in tesi violati dagli stessi Giudici.

In particolare, i ricorrenti – nel sostenere che i consorzi, contrattando con i terzi, operano quali mandatari dei consorziati, per cui le obbligazioni assunte sorgono direttamente in capo al singolo consorziato, senza bisogno di spendita del nome dello stesso – si limitano a prospettare apoditticamente una ricostruzione del quadro normativo, statutario e contrattuale che non è supportato da alcun elemento ermeneutico oggettivo nascente da tali fonti.

Del pari priva di ogni supporto è la tesi secondo cui, dal momento che il Consorzio de quo non era proprietario di tutti gli immobili interessati al recupero od alla ricostruzione, esso ha stipulato il contratto di appalto in nome e per conto dei consorziati (mandato collettivo), come emerge anche dalla disciplina statale e regionale che impone ai singoli proprietari privati e/o pubblici di costituirsi in consorzio obbligatorio: tale tesi infatti, anche a prescindere da altre considerazioni, omette di considerare sia l’attribuzione al consorzio dei poteri sostitutivi nei confronti dei proprietari non aderenti, di cui all’ultimo periodo, comma 5, art. 3, D.L. n. 6 del 1998 – il che esclude in radice che l’adesione al consorzio valga ad istituire un rapporto di rappresentanza volontaria fra consorzio e consorziati -, sia, soprattutto, la dimensione squisitamente pubblicistica in cui opera il consorzio obbligatorio nell’esigenza assolutamente prevalente di ricostruzione degli immobili colpiti dal sisma, esigenza inequivocabilmente sanzionata dall’attribuzione ai comuni dei menzionati poteri sostitutivi, nei confronti dei proprietari e dei consorzi, e finanche autoritativi, di cui al comma 6 dello stesso art. 3, il che esclude per altro verso la costituzione di rapporti di rappresentanza volontaria tra i proprietari degli immobili distrutti o danneggiati aderenti al consorzio ed il consorzio medesimo.

Le ulteriori critiche presuppongono erroneamente proprio la costituzione di un rapporto siffatto, traendone, altrettanto erroneamente, la conseguenza della diretta efficacia del contratto – e della clausola compromissoria – anche nei confronti dei singoli proprietari di immobili. Tali critiche, erronee nella premessa, ignorano comunque totalmente l’interpretazione del contratto d’appalto operata dai Giudici a quibus, i quali, come già detto, hanno escluso qualsiasi rapporto di rappresentanza tra consorziati e Consorzio non solo sul piano formale delle parti stipulanti il contratto d’appalto de quo (Consorzio e Società S.E.P.R.I.M.) ma anche su quello sostanziale della stessa strutturazione unitaria dello stesso contratto d’appalto, quanto all’oggetto ed al corrispettivo.

A tale interpretazione esaustiva, corretta sul piano logico-giuridico e conforme alla legge statale – "Per l’esecuzione degli interventi unitari sugli edifici privati, o di proprietà mista pubblica e privata, anche non abitativi, i proprietari si costituiscono in consorzio obbligatorio entro trenta giorni dall’invito ad essi rivolto dal comune" (D.L. n. 6 del 1998, art. 3, comma 5, primo periodo) – i ricorrenti si limitano a contrapporre la propria interpretazione che, si ribadisce, dimentica del tutto la natura speciale e la dimensione pubblicistica della disciplina in cui si inscrìve il contratto d’appalto de quo.

Sulla base delle considerazioni che precedono, ogni altra censura – presupponendo erroneamente la costituzione di un rapporto di rappresentanza volontaria tra i proprietari degli immobili ed il consorzio obbligatorio e, conseguentemente, l’efficacia immediata nei confronti degli stessi proprietari del contratto d’appalto de quo, ivi compresa la clausola compromissoria – deve ritenersi priva di fondamento.

2.2. – Anche il secondo motivo è infondato.

La Corte di Perugia, con la sentenza impugnata, ha dichiarato nullo per difetto di giurisdizione degli arbitri il procedimento arbitrale e i predetti lodi parziale e definitivo, condannando gli odierni ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali sia del giudizio arbitrale sìa del giudizio di impugnazione.

A tale fattispecie è applicabile il consolidato orientamento di questa Corte, per il quale anche nel giudizio di impugnazione per nullità del lodo arbitrale trova applicazione il principio, desumibile dall’art. 336 cod. proc. civ., comma 1, secondo cui la riforma, anche parziale, della sentenza di primo grado ha effetto sulle parti dipendenti dalla parte riformata (cosiddetto "effetto espansivo interno") e determina, pertanto, la caducazione del capo che ha statuito sulle spese di lite, con la conseguenza che il giudice dell’impugnazione del lodo che ne abbia dichiarato la nullità ha il potere-dovere di rinnovare totalmente, anche d’ufficio, il regolamento delle spese del giudizio arbitrale, alla stregua dell’esito finale della causa (cfr. le sentenze nn. 17631 del 2007 e 18149 del 2002).

3. – Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, alle spese, che liquida in complessivi Euro 2.700,00, ivi compresi Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 23 gennaio 2012.

Depositato in Cancelleria il 4 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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