Cons. Stato Sez. V, Sent., 28-12-2011, n. 6937 Contratti e convenzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.1.- Con DGC n. 137 del 21.6.1997 il Comune di S. Stefano d’Aspromonte indiceva asta pubblica per la vendita di alcune unità immobiliari, tra le quali un locale macelleria. Bando e avviso d’asta relativi alla vendita erano approvati con la medesima deliberazione. In particolare il bando prevedeva l’esperimento di un’asta pubblica da effettuarsi mediante offerte per schede segrete, e stabiliva che "l’aggiudicazione dell’asta avverrà a favore dell’offerta più vantaggiosa il cui prezzo sia minore o almeno pari a quello fissato nell’avviso d’asta senza alcun limite di aumento. A parità di offerte verrà privilegiato l’offerente che in atto occupa l’immobile. Qualora la sua offerta risulti minore rispetto a quella di aggiudicazione, (l’occupante) ha facoltà di equiparare l’offerta stessa entro il termine perentorio di 10 giorni dalla comunicazione, aggiudicandosi la vendita previo pagamento dello stesso prezzo di aggiudicazione da effettuarsi nei tempi e modi stabiliti dal bando".

Con DGC n. 201 del 13 settembre 1997 il Comune approvava gli atti di gara stabilendo, per quanto riguarda la vendita del locale macelleria, di aggiudicare la vendita dell’immobile alla ditta Z. F. per il prezzo di lire 46.042.000, dando atto tuttavia che "secondo quanto stabilito nel bando la ditta S. Stefano, in atto occupante l’immobile, ha facoltà di equiparare la sua offerta a quella di aggiudicazione,…aggiudicandosi definitivamente la vendita previo pagamento dello stesso prezzo di aggiudicazione…".

Con nota n. 3831 del 25 settembre 1997 l’Amministrazione comunale comunicava alla ditta S. la facoltà di equiparare l’offerta mediante il pagamento di lire 46.042.000 entro dieci giorni.

Il S. si avvaleva di tale facoltà, adeguava la propria offerta a quella del vincitore versando il relativo prezzo all’Ufficio competente e il Comune, con la DGC n. 217 del 18 ottobre 1997 aggiudicava in via definitiva il locale macelleria al S..

Lo Z. impugnava delibera di aggiudicazione e bando di gara dinanzi al TAR di Reggio Calabria deducendo violazione del principio di parità di trattamento, illogicità, ingiustizia manifesta, violazione dei principi di libera concorrenza e di continuità della gara e concludeva chiedendo l’annullamento degli atti in epigrafe con ogni consequenziale statuizione anche in ordine alle spese.

Si costituivano Amministrazione e controinteressato. In particolare il S., premesso di essere titolare di licenza di commercio al minuto in sede fissa per macelleria rilasciatagli dal Comune e di avere sempre svolto tale attività nei locali di proprietà del Comune, eccepiva l’irricevibilità del ricorso per tardività rilevando altresì la infondatezza del giudizio poiché infondato. Con "controrichiesta riconvenzionale", non notificata, il S. dichiarava di voler esercitare il diritto di prelazione e/o di riscatto dell’immobile e chiedeva il riconoscimento del diritto alla indennità per la perdita dell’avviamento commerciale e la condanna del Z. e dell’Amministrazione, in solido, al pagamento dei danni nella misura della differenza tra l’offerta fatta inizialmente dal S. e la maggiore offerta che il S. era stato "costretto" a presentare a seguito del comportamento dello Z..

1.2.- Con la sentenza in epigrafe il TAR dichiarava irricevibile il ricorso giudicando immediatamente lesiva la clausola del bando. Il TAR osservava in particolare che "il ricorrente ha partecipato alla gara ben conoscendo il vantaggio riconosciuto agli offerenti già occupanti gli immobili messi a gara: un vantaggio che, in quanto conosciuto da tutti i partecipanti alla gara diventa regola del gioco che influenza il comportamento e le offerte di questi ultimi. Un annullamento "ex post" falsa irrimediabilmente l’esito della gara: la norma "de qua" ledeva immediatamente la "par condicio" dei concorrenti e andava pertanto immediatamente impugnata. Poichè, invece, il bando del 21 giugno 1997 è stato impugnato solo con ricorso notificato il 17 dicembre 1997, unitamente all’atto di aggiudicazione in favore dell’odierno controinteressato, il ricorso è irricevibile".

1.3.- Il signor Z. ha proposto ricorso in appello osservando che l’argomentazione sulla quale si fonda la decisione di irricevibilità del TAR contrasta con quanto statuito dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 1 del 2003, secondo cui devono essere immediatamente impugnate solo le clausole dei bandi di gara che impediscano di formulare l’offerta o prescrivano requisiti di partecipazione la cui mancanza sia all’evidenza impeditiva della partecipazione del ricorrente.

Nel merito, lo Z. ha riproposto le censure già formulate in primo grado e non valutate dal TAR: in particolare, l’impugnata "clausola preferenziale" di riserva a favore del soggetto occupante l’immobile si tradurrebbe in una grave violazione del principio della "par condicio", concretizzandosi in un privilegio discriminatorio a favore del soggetto occupante e a danno degli altri partecipanti alla procedura; realizzerebbe una parzialità manifesta e un favoritismo, comportando una predesignazione del futuro contraente. Risulterebbe inoltre violato il principio di inderogabilità del termine stabilito dalla stazione appaltante per la presentazione delle offerte, e la regola dello svolgimento della procedura di gara senza soluzione di continuità.

Il S., nel costituirsi, ha insistito in primo luogo sul carattere immediatamente lesivo della clausola del bando rilevando nel merito che la clausola preferenziale rispecchia l’applicazione della disciplina sull’equo canone; ha quindi concluso chiedendo il rigetto dell’appello, la conferma della sentenza del TAR e l’accoglimento della richiesta in via riconvenzionale, già presentata in primo grado, di esercizio del diritto di prelazione e / o di riscatto dell’immobile, con il riconoscimento del diritto alla indennità per la perdita dell’avviamento commerciale, e la condanna delle parti resistenti, in solido, al pagamento dei danni nella misura della differenza tra l’offerta fatta inizialmente dal S. e la maggiore offerta che il S. era stato "costretto" a presentare a seguito del comportamento dello Z., con la rimessione delle parti, ove necessario, dinanzi al Tribunale ordinario di Reggio Calabria.

2.1.- L’appello va accolto in rito e il ricorso in primo grado dev’essere dichiarato ammissibile.

Come statuito dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la decisione n. 1 del 2003, "nei pubblici appalti l’impugnazione delle clausole e delle regole della "lex specialis" della gara, diverse da quelle che impediscano la partecipazione, può essere effettuata contestualmente a quella dell’atto che determina per il concorrente l’esito negativo della procedura: l’unico interesse del concorrente è infatti quello al conseguimento della aggiudicazione, mentre va esclusa la sussistenza di un interesse autonomo alla legittimità delle regole e delle operazioni di gara". L’onere di impugnazione immediata riguarda cioè solo le clausole del bando di gara o della lettera invito concernenti i requisiti di ammissione alla procedura e che precludono la partecipazione alla selezione, mentre l’eventuale illegittimità di altre clausole può essere fatta valere in un momento successivo, con l’impugnazione del provvedimento di aggiudicazione.

Con riferimento al caso di specie, la clausola del bando di gara che il TAR ha ritenuto che dovesse essere impugnata in via immediata stabiliva che "l’aggiudicazione dell’asta avverrà a favore dell’offerta più vantaggiosa il cui prezzo sia minore o almeno pari a quello fissato nell’avviso d’asta senza alcun limite di aumento. A parità di offerte verrà privilegiato l’offerente che in atto occupa l’immobile. Qualora la sua offerta risulti minore rispetto a quella di aggiudicazione, (l’occupante) ha facoltà di equiparare l’offerta stessa entro il termine perentorio di 10 giorni dalla comunicazione, aggiudicandosi la vendita previo pagamento dello stesso prezzo di aggiudicazione da effettuarsi nei tempi e modi stabiliti dal bando".

Non si trattava di clausola autoescludente.

Benchè la clausola in argomento si riferisse a un requisito soggettivo di uno dei possibili partecipanti alla procedura, la clausola medesima non impediva allo Z. di partecipare alla gara. Appare evidente che il S. ben avrebbe potuto, se lo avesse ritenuto più conveniente, non avvalersi affatto della facoltà di "equiparazione" della offerta.

Non sussisteva, dunque, in capo allo Z., alcun onere di impugnazione immediata della clausola.

Sui limiti entro i quali sussiste l’onere di immediata impugnazione di un bando di gara o di concorso v., di recente, Cons. St., V, nn. 3070, 2892 e 1398 del 2011, cui si rinvia ai sensi degli articoli 60, 74 e 88, comma 2 / D) del c. p. a..

2.2- Il ricorso di primo grado doveva quindi essere dichiarato ammissibile e deciso nel merito.

Nel merito il ricorso è, peraltro, infondato e va respinto.

La sopratrascritta clausola preferenziale del bando, a favore del conduttore -occupante l’immobile, ha costituito una sostanziale trasposizione, all’interno della "lex specialis" di gara, della previsione di cui all’art. 38 della l. n. 392 del 1978 sul diritto di prelazione riconosciuto a favore del conduttore nel caso in cui il locatore intenda trasferire, a titolo oneroso, l’immobile locato a uso diverso da quello di abitazione.

Lo scopo del citato art. 38 è quello di mantenere, per quanto possibile, attività commerciali svolte a diretto contatto con il pubblico, esigenza che viene soddisfatta concentrando la titolarità dell’azienda e la proprietà dell’immobile condotto a uso diverso da abitazione nella medesima persona. Sotto un diverso, ma concorrente profilo, la prelazione andata a buon fine evita al soggetto venditore di versare l’indennità per la perdita dell’avviamento commerciale.

In modo non dissimile, nel caso in esame il Comune, con la clausola suindicata, non ha introdotto una disposizione ingiustificatamente discriminatoria ai danni dei partecipanti diversi dal soggetto che occupava l’immobile. Ha, invece, effettuato, nell’esercizio del proprio potere discrezionale, una scelta agevolativa non irragionevole, in quanto connessa alla peculiare situazione esistente, in relazione all’interesse (anche) pubblico da perseguire e salvaguardare.

Quanto precede induce a escludere la fondatezza delle censure di merito proposte dinanzi al TAR.

2.3.In disparte la evidente inammissibilità, per difetto di giurisdizione, della "controrichiesta riconvenzionale" presentata dal S. avanti al TAR (con memoria, tra l’altro, nemmeno notificata alle controparti), l’esito del giudizio impone di dichiarare inammissibile la "controrichiesta" anzidetta per sopravvenuta carenza di interesse.

In conclusione, l’appello va accolto in rito e, per l’effetto, il ricorso di primo grado dev’essere dichiarato ammissibile.

Nel merito, il ricorso in primo grado va respinto.

Le spese di lite possono essere integralmente compensate tra le parti, attese le peculiarità della controversia.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie in rito e, per l’effetto, dichiara il ricorso di primo grado ammissibile. Nel merito, rigetta il ricorso di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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