Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 28-09-2011) 22-11-2011, n. 43008 Circolazione stradale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di Appello di Salerno con sua sentenza resa in esito all’udienza del 4/3/2010, ha confermato la sentenza del 1 Giudice monocratico del Tribunale di Sala Consilina che aveva assolto V.V. dal delitto a lui addebitato di omicidio colposo nei confronti di M.L. e F.A..

Le due figlie delle vittime M.G. e M.G. hanno proposto ricorso per cassazione per ottenere l’annullamento, nella prospettiva della determinazione del loro diritto a risarcimento danni ex art. 576 c.p.p., del provvedimento appena sopra menzionato.

Anche il Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Salerno ha proposto ricorso per ottenere l’annullamento della sentenza assolutoria.

Il Procuratore Generale denunzia contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione riportandosi "interamente alla richiesta di impugnazione depositata dai difensore delle parti civili da intendersi interamente trascritta" aggiungendo in proprio la censura della illogicità della affermazione di una causa da colpo di buio (all’ingresso della galleria ove avvenne l’impatto) a fronte della testimonianza V. che descrive una situazione di illuminazione della galleria e di collocazione dell’evento, tali da escludere qualsiasi colpo di buio. Il ricorso denunzia anche l’erroneità della affermazione della mancanza di certezza circa la colpa e circa il nesso di causalità tra condotta dell’imputato ed evento posto che le lesioni al cranio riscontrate potevano essere state causate dal già avvenuto ribaltamento dell’Ape. Tale affermazione risulterebbe priva di fondamento logico a fronte delle risultanze istruttorie dalle quali risultava che l’ape era stata sbalzata a due metri di altezza verso la volta della galleria a causa del fortissimo impatto con la vettura dell’imputato e che a quella altezza verso la volta della galleria erano state trovate sia tracce di vernice che tracce ematiche.

Le parti civili dopo una sintesi del percorso motivazionale delle sentenze di primo e secondo grado denunziano ai sensi dell’art. 576 c.p.p.:

1) violazione degli artt. 41, 43 e 133 c.p., art. 589 c.p., commi 2 e 3, nonchè degli artt. 140 e 141 C.d.S., artt. 2043 e 2054 c.c., art. 125, comma 3, artt. 191 e 192 ss. ( art. 194 c.p.p. ss., art. 207 c.p.p.) nonchè artt. 350, 494, 508, 530, 533 e 603 c.p.p. in relazione all’art. 176 c.p.p. ss e art. 526 c.p.p., mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato e da atti del processo specificamente indicati, nonchè violazione di leggere travisamento delle prove.

Il ricorso coglie le affermazioni in fatto della sentenza impugnata e ne segnala la incompatibilità con le conclusioni poi tratte circa il colpo di buio, circa la non visibilità della motoape, circa la bassa velocità del veicolo investitore e, in definitiva, circa la responsabilità del conducente della multipla investitrice che non si è sottoposto ad esame davanti al Tribunale ma ha reso dichiarazioni spontanee riassunte dalla sentenza impugnata. Il ricorso denunzia la totale omissione di ogni motivazione circa la esistenza, quantomeno, di un concorso di colpa;

2) mancanza contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione risultante dal provvedimento impugnato e dagli atti del processo analiticamente menzionati nonchè inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 125 c.p.p., comma 3, artt. 191, 194 e 207 c.p.p.) nonchè art. 526 c.p.p., in ordine alla condizione di concreta illuminazione della galleria;

3) inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 125 c.p.p., comma 3, artt. 191 e 192 ss. (art. 194 ss c.p.p., art. 207 c.pp.) nonchè artt. 350, 494, 508, 530, 533 e 603 c.p.p. in relazione all’art. 176 c.p.p. ss e art. 526 c.p.p., sulla pretesa non visibilità del motoape al momento dell’impatto e circa il momento di rottura degli apparecchi luminosi del motoape;

4) inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 125, comma 3, artt. 191 e 192 ss. ( art. 194 c.p.p., ss., art. 207 c.p.p.) nonchè artt. 350, 494 e 526 c.p.p., nonchè mancanza contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine all’accertamento della velocità del veicolo investitore e sulla non visibilità del motoape a fronte delle caratteristiche del percorso stradale ove avvenne il fatto;

5) violazione dell’art. 41 c.p., comma 2, art. 125 c.p.p., comma 3, art. 191 c.p.p., e ss., art. 493 c.p.p., comma 3, artt. 508, 526 e 603 c.p.p., nonchè mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato e da atti del processo specificamente indicati, in punto di assenza di una perizia medico legale sulle cause del decesso e in punto di inesistenza del nesso materiale Le parti civili concludono per l’annullamento senza rinvio ai sensi dell’art. 620 c.p.p., lett. l) e art. 621 c.p.p. con dichiarazione della esclusiva responsabilità dell’imputato V. o, quantomeno, del concorso di colpa nella produzione delle due morti, con condanna al risarcimento dei danni morali e patrimoniali in conformità alle conclusioni formulate in primo grado; in subordine, anche con la declaratoria juris di cui alla condanna generica dell’art. 539 c.p.p., comma 1 (rimettendosi le parti davanti al giudice civile ove le prove acquisite non consentano la liquidazione, seppure equitativa, del danno con rinvio ai sensi dell’art. 622 c.p.p. alla Corte di appello civile di Salerno competente per valore.

All’udienza pubblica del 28/9/2011 il ricorso è stato deciso con il compimento degli incombenti imposti dal codice di rito.

Motivi della decisione

L’imputato era stato chiamato a rispondere del delitto previsto e punito dall’art. 589 c.p., perchè alla guida della sua vettura Fiat multipla, per colpa consistita in imperizia, imprudenza e negligenza e, in particolare, per avere proceduto ad una velocità di circa 110 KM/H non commisurata alle condizioni di tempo e di luogo (Art. 141 C.d.S.) su tratto stradale in galleria con andamento planimetrico irregolare, con curva sinistrorsa a medio raggio e con visuale illimitata, con limite di 90 Km/h, non prestando idonea attenzione alla guida, non riusciva ad evitare l’impatto tra la vettura da lui guidata e il motocarro Ape Piaggio, ribaltatosi poco prima in galleria, ed occupante parte della semicarreggiata di pertinenza, così determinando un violento urto tra i mezzi e la morte in loco dei coniugi M. – F..

La sentenza di appello sottolineata la inevitabilità dell’impatto anche ad una velocità osservante di 64 Km/h, ha escluso la esistenza di un nesso di causalità materiale tra la condotta di guida dell’imputato e l’impatto, valorizzando gli effetti del colpo di buio in una galleria non illuminata e la non visibilità del motocarro già rovesciato su un fianco e dunque mancante, nel sottoscocca, di qualsiasi luce visibile per chi sopraggiungeva nello stesso senso di marcia.

La prima considerazione da svolgere, impone di affermare la ammissibilità del ricorso del Procuratore Generale della Corte di appello, posto che, diversamente da quanto ritiene in prima tesi, la difesa dell’imputato, quel ricorso oltre a fare propri gli articolatissimi motivi di censura proposti dalle parti civili, sviluppa proprie puntuali critiche, rapportabili alle categorie definite all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e).

In linea generale poi occorre ribadire che le norme comportamento fissate all’art. 140 C.d.S. e ss., del c.d. codice della strada, danno concreto contenuto alle clausole cautelari che impongono a qualunque cittadino, e in particolare al cittadino guidatore di autoveicoli, la conformazione della sua condotta a diligenza, prudenza e perizia. La violazione delle specifiche cautele previste dalla disciplina della circolazione stradale è prevista come causa di aggravamento di pena per l’omicidio colposo dall’art. 589 C.d.S., comma 2 (Cass. Pen. Sez. 4, 30/11/1989 n. 16751), quando quell’omicidio sia cagionato dalla inosservanza di quelle regole.

La sentenza impugnata, viceversa, ha in sostanza affermato il principio in forza del quale la asserita invisibilità di un ostacolo (motoape rovesciato in galleria) determinata dalla differenza di luce tra esterno ed interno di una galleria non illuminata, ma anche determinata dalla posizione dell’ostacolo che non ha luci di posizione sotto la scocca, esclude ogni nesso causale tra condotta del conducente che sopraggiunge e la collisione del mezzo sopravveniente col veicolo infortunato. La sentenza impugnata afferma ancora il principio che se la velocità tenuta in concreto rientra nei limiti massimi consentiti e le condizioni concrete di visibilità in galleria lasciano, al conducente del veicolo che sopraggiunge, un tempo di reazione che rende impossibile evitare l’ostacolo, viene meno ogni causalità dell’evento riferibile al conducente del veicolo investitore e viene meno ogni causalità della colpa in considerazione della finale inevitabilità dell’impatto.

Infine la sentenza impugnata afferma il principio secondo il quale la causalità materiale della morte delle due persone che erano a bordo del motoape poteva essere accertata solo attraverso l’espletamento di una perizia medico legale e non attraverso la sola valutazione di tutti gli elementi di prova acquisiti ritualmente al processo e criticamente elaborati o elaborabili dalla decisione domandata al giudice penale. Tutti i principi fin qui sottolineati sono stati enunciati attraverso una motivazione del giudice di appello sviluppata a partire da postulati non corretti sul piano giuridico e mediante l’utilizzo di una tessitura giustificativa illogica e contraddittoria. Il rapporto tra valenza giuridica delle condotte omissive da valutare, e significato normativo dei fatti assoggettati a valutazione rende evidente l’intreccio, nella materia che ne occupa tra profili di inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme delle quali si deve tener conto nella applicazione della legge penale e vizi della motivazione. Il principio informatore della (regolazione della) circolazione è fissato all’art. 140 C.d.S. che impone agli utenti di assicurare in ogni caso la sicurezza stradale e dunque anzitutto la sicurezza e la incolumità delle persone che si trovano sulla strada. A questo scopo il c.d. codice della strada regola le condotte dei conducenti in punto di velocità, di posizionamento sulla strada, di precedenza a veicoli favoriti, di osservanza delle regole simbolizzate e comunicate mediante segnaletica stradale, e, via via, di uso dei dispositivi di segnalazione e di illuminazione (nelle gallerie anche di giorno, con uso di anabbaglianti ma anche di proiettori di profondità) nonchè di segnalazione di veicolo fermo.

Peraltro la giurisprudenza di questa Corte ha affermato stabilmente che perfino l’osservanza delle norme cautelari specifiche non comporta di per sè l’esonero da colpa, non esaurendo quella osservanza di regole cautelari speciali i doveri imposti a chi esplica determinate attività dal momento che sussiste in ogni caso un più generale obbligo di agire con la diligenza, la prudenza e l’accortezza necessarie ad evitare che dalla propria attività derivi nocumento a terzi (Cass. Pen. Sez. 4, 8/1/1988 n. 27 RV 177326. La combinazione di norme di diligenza e di condivise regole di esperienza, rende evidente che ogni ingresso in galleria (illuminata o non illuminata che sia) determina per chi entra un tempo più o meno lungo di insufficienza di visione e che la velocità del veicolo che entra in galleria deve essere dal conducente commisurata alle reali e sempre prevedibili situazioni di diminuita capacità di visione. La presenza di apparecchi di illuminazione sui veicoli e la dettagliata regolazione dell’utilizzo di luci di posizione, anabbaglianti e luci di profondità, rendono evidente che incombe su ogni conducente l’onere di guidare, di notte o in galleria, con modalità compatibili con la capacità del suo mezzo di autonoma illuminazione della strada , e di regolare la sua velocità in relazione alla profondità dello spazio illuminato. Il c.d. colpo di buio non costituisce scriminante che rende lecita la mancanza di controllo del mezzo guidato o che operi nel senso di rendere imprevedibile ciò che è normalmente prevedibile ancorchè non solito. La presenza di un ostacolo sulla direttrice di marcia di un veicolo non determina automaticamente il diritto del conducente del veicolo sopraggiunge a non prevedere il fatto e a non predisporre modalità prudenziali di guida data la innegabile differenza tra la inarrestabilità di un proiettile e la doverosa continuità del governo di una autovettura che circola sulle strade con altri innumerevoli utenti. Che la condotta di che guida il veicolo investitore possa combinarsi con una condotta illecita del conducente del veicolo investito, è fatto che abbisogna di attenta e non congetturale motivazione (si pensi alla asserita repentinità della condotta del guidatore del motoape) , anche con riguardo al rapporto tra obbligazione di garantire l’incolumità altrui e prevedibilità delle condotte altrui anche irregolari, ma , ancora di più con riguardo a situazioni date, nelle quali la condotta altrui ha già prodotto i suoi effetti (la sentenza impugnata annota che il motoape non si era ribaltato al sopraggiungere dell’imputato ma "poco prima") e tali effetti devono essere valutati nella loro idoneità a trasformarsi in non previste esimenti penali per chi ha contribuito a causare la morte vietata dall’ordinamento.

Sotto altro aspetto, a fronte di un ricco corredo di circostanze di fatto (la sequenza degli eventi, la successione cronologica, la violenza dell’impatto, la posizione dei cadaveri, la presenza di tracce ematiche sulla volta della galleria), incombeva al giudice accertare con adeguata analisi critica il senso del materiale raccolto nella prospettiva di un rapporto causale tra la collisione e la morte delle due vittime, senza escludere tale rapporto sulla sola base di una assenza di consulenza medico legale in ordine alla causalità materiale della morte. Incombeva sul giudice e non sul consulente il compito di decifrare la compresenza di fattori causali di segno da valutare e la stessa eventuale formulazione di quesiti non poteva che essere conseguenza di una tale preliminare decifrazione.

Le considerazioni svolte dalla sentenza impugnata non hanno dato coerente e logico conto ( e ciò è decisivo nella prospettiva della violazione di legge e in quella della mancanza di motivazione in ordine imprevedibilità della presenza di un ostacolo sulla carreggiata di percorrenza e in ordine alla inevitabilità dell’impatto) del rapporto tra luminosità della giornata, stato di illuminazione della galleria, punto di impatto dei veicoli a circa 64 metri dall’ingresso della galleria, tracce varie tutte sintomatiche della violenza dell’impatto, tracce ematiche sulla volta della galleria, cioè di circostanze tutte annotate dalla sentenza impugnata.

Tanto basta a determinare l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad altra Sezione della Corte di Appello di Salerno che provvedere a nuovo esame nelle prospettive di diritto sopra delineate e a compiuta motivazione conseguente alle categorie giuridiche da applicare e all’inquadramento dei fatti, pur menzionati nella sentenza annullata, in quelle categorie.

Provvedere il giudice di rinvio alla liquidazione delle spese di questo giudizio di cassazione tra le parti private.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Salerno, cui demanda anche la liquidazione delle spese tra le parti, relative al presente giudizio.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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