Cons. Stato Sez. V, Sent., 28-12-2011, n. 6930 Contratti e convenzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A) Con determinazione dirigenziale n. 898 del 12.5.2008, il Comune di Roma indiceva una gara pubblica per l’affidamento – con il metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa – del "servizio di scolarizzazione" dei bambini ed adolescenti rom per l’anno scolastico 20082009, a decorrere dal 15.9.2008 e con scadenza il 31.8.2009.

In data 8.8.2008, l’amministrazione comunale formulava la graduatoria provvisoria, aggiudicando all’Associazione Casa diritti sociali F. – onlus (d’ora in poi "C.d.s.") i lotti nn. 2, 4, 5 e 6.

Con determinazione dirigenziale n. 1511 dell’8.9.2008, l’amministrazione formalizzava l’aggiudicazione definitiva, invitando le imprese aggiudicatarie a trasmettere, entro e non oltre l’11.9.2008, la cauzione definitiva, anche mediante fidejussione bancaria o polizza assicurativa, e l’ulteriore documentazione.

B) La ricorrente E., classificatasi al secondo posto per i lotti nn. 2, 5 e 6, impugnava tale aggiudicazione, ritenendo di aver titolo per conseguire l’aggiudicazione dei predetti lotti.

Con il primo motivo essa lamentava la violazione del bando e del disciplinare di gara, deducendo che al fine di dimostrare il possesso del prescritto requisito di capacità finanziaria, la CDS (risultata aggiudicataria) avrebbe esposto, nell’apposita dichiarazione, l’intero fatturato realizzato nel triennio precedente, senza però specificare che lo stesso non era del tutto imputabile ad essa; e ciò in quanto detto fatturato sarebbe stato ottenuto in esito a lavori realizzati in associazione temporanea con altre società (alle quali, pertanto, avrebbe dovuto essere imputata una parte del fatturato e del relativo utile d’impresa); e che proprio tale computo avrebbe indotto in errore la commissione giudicante, convintasi che la C.d.s. vantasse maggiori requisiti rispetto a quelli effettivamente posseduti.

C) La doglianza meritava accoglimento secondo i primi giudici, in quanto dalle allegazioni della ricorrente risultava che la C.d.s. aveva partecipato alle gare del precedente triennio in a.t.i. con l’Associazione opera nomadi del Lazio, concorrendo nella misura del 75%; e che, pertanto, il fatturato ad essa imputabile, in esito alla realizzazione dei lavori in concreto svolti, avrebbe dovuto essere decurtato del 25% rispetto a quello dichiarato.

Tale fatturato, effettuata la predetta decurtazione, ammontava ad Euro 1.041.795,335, e cioè ad una somma inferiore rispetto a quella minima richiesta dal bando, per cui il provvedimento di aggiudicazione impugnato non resisteva – all’evidenza – alla dedotta censura.

Con il primo motivo di gravame la ricorrente lamentava, inoltre:

o che, in sede di prova del possesso del requisito di capacità tecnica, l’aggiudicataria non avrebbe specificato di aver svolto direttamente, in seno all’a.t.i. che aveva partecipato alle gare svoltesi nel precedente triennio, un servizio analogo a quello per il quale era stata bandita la gara in questione;

o che, dalla documentazione prodotta, risultava che taluni servizi da essa svolti avrebbero riguardato non già minori e/o adolescenti, ma – più genericamente – nuclei familiari in condizioni di disagio.

Anche tale doglianza veniva accolta:

o sia in quanto dalla dichiarazione dell’aggiudicataria, in effetti, non si comprendeva se i cc.dd. servizi analoghi, prestati in precedenza dall’a.t.i., cui l’aggiudicataria aveva partecipato, fossero stati svolti direttamente da quest’ultima o, invece, da altre imprese associate;

o sia in quanto il grado di specificità professionale richiesto dal bando avrebbe imposto che dal fatturato indicato (come indice di capacità tecnicofinanziaria specifica) fossero comunque sottratte le voci relative ad interventi non diretti, in via esclusiva, alla scolarizzazione di minori e/o adolescenti.

D) In considerazione delle citate osservazioni, il ricorso veniva accolto, con conseguente annullamento del provvedimento di aggiudicazione impugnato e conseguente dichiarazione del diritto della ricorrente all’aggiudicazione in suo favore dei lotti nn. 2, 5 e 6, mentre la domanda volta ad ottenere il risarcimento del danno risultava allo stato intempestiva, non potendosi escludere che la p.a. aggiudicasse l’appalto alla ricorrente per un periodo equivalente a quello previsto dal bando, con il venir meno del pregiudizio ipotizzato (e fermo restando che in caso contrario la ricorrente avrebbe potuto, comunque, agire in giudizio per la tutela della sua posizione); il tutto, con le spese processuali liquidate secondo la soccombenza.

E) Detta pronuncia veniva, quindi, impugnata dalla C.d.s. F. per varie forme di violazione di legge e di eccesso di potere.

Il Comune di Roma si costituiva in giudizio e resisteva al gravame, formulando specifiche eccezioni in rito ed in merito.

F) Anche la E. Onlus si costituiva in giudizio ed eccepiva essere la F. risultata aggiudicataria pur in assenza di ben tre requisiti essenziali, previsti a pena di esclusione (capacità tecnicoprofessionale; capacità economica generale; capacità economica specifica) ed in mancanza di tempestiva cauzione (esigenza, peraltro, connotante solo quella provvisoria legittimante la partecipazione alla gara, ma non quella definitiva, necessaria solo prima della stipulazione contrattuale concernente la gara già aggiudicata), mentre l’avvicendamento nell’aggiudicazione, scaturito dall’esito del giudizio di prime cure (e previsto per il 16 febbraio 2009), non aveva luogo a causa dell’interposto appello; la falsa rappresentazione della realtà, l’errata ricostruzione dei fatti, la presentazione di documenti tecnici (quanto a famiglie rom e bambini rom: v. supra) non conformi al bando e l’omessa prova dell’effettiva consistenza dei parametri di cui al bando, attinenti al fatturato sia complessivo che specifico, di entità ampiamente inferiore a quelli richiesti a pena di esclusione dalla gara; la violazione del bando e del disciplinare di gara quanto al deposito cauzionale, nonché dei princìpi disciplinanti le gare ad evidenza pubblica, oltre alla disparità di trattamento (v. art. 48, d.lgs. n. 163/2006); il tutto con reiterata richiesta risarcitoria (per i danni dovuti alla perdita di reputazione e di chances) pari al forfetizzato 10% dell’offerta E. (cfr. C.S., sezione V, dec. 3806/2008), per il non scusabile errore commesso dal Comune di Roma, evidenziato pure in un autonomo appello incidentale proposto, sempre in tema di danni sofferti, dalla E. che, con apposita memoria, resisteva pure all’istanza cautelare.

G) Anche il Comune di Roma proponeva appello, con richiesta di riunione al gravame parallelo e prospettando sostanzialmente le argomentazioni di cui sopra, già esposte nella sua memoria difensiva.

Si costituiva in giudizio la C.d.s. F., che esponeva le stesse argomentazioni già prospettate nel suo appello, insistendo particolarmente nell’illustrare i propri fatturati, considerati comunque idonei a garantirle piena legittimazione a partecipare alla gara in esame.

H) Pure la E. Onlus si costituiva in giudizio e resisteva all’appello del Comune di Roma, interponendo un proprio appello incidentale autonomo analogo a quello già spiegato (per i profili risarcitori) in rapporto all’appello della C.D.S. F., formulando istanze istruttorie e ricordando come tutte le parti presenti all’udienza di discussione in primo grado fossero state avvertite della possibilità di una sentenza semplificata (che correttamente avrebbe poi condannato il Comune soccombente al pagamento delle spese processuali), senza eccepire alcunché, fermo restando che, quanto al dedotto difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, di sicuro una vertenza concernente un contratto stipulato non avrebbe potuto che appartenere alla cognizione del giudice civile ma, nella specie, si sarebbe trattato di una controversia concernente un provvedimento discrezionale di aggiudicazione.

Per il resto, la E. riprospettava quanto già dedotto in relazione al precedente gravame della C.d.s. F..

I) Con memoria riepilogativa il Comune di Roma appellante si opponeva ad ogni nuova domanda, proposta per la prima volta in appello, ed eccepiva la tardività del doppio appello incidentale appena descritto, per il resto richiamandosi ai suoi pregressi scritti difensivi, anche quanto alle pretese risarcitorie della E. Onlus, istituzionalmente priva di finalità lucrative e, comunque, rimasta del tutto inadempiente quanto alla prova sia del danno emergente che del lucro cessante e delle asserite perdite di chances.

L) Veniva accolta un’istanza cautelare (con ordinanza n. 1097/2009 di questa sezione V, preceduta da analogo decreto cautelare monocratico n. 828/2009), considerato che, allo stato, ad una prima e sommaria delibazione, vi si ravvisavano profili di censura (alla luce anche dei preponderanti interessi pubblici coinvolti nella specie) idonei a far venir meno il fondamento dell’impugnata sentenza, la cui efficacia veniva dunque sospesa, onde evitare reiterati avvicendamenti nella gestione di un delicato servizio minorile, tanto più che:

– in accoglimento del ricorso proposto da E. cooperativa sociale – onlus, con la sentenza indicata in epigrafe il T.a.r. aveva, tra l’altro, annullato l’aggiudicazione definitiva, disposta a favore dell’appellante, del servizio di scolarizzazione dei bambini ed adolescenti rom per l’anno scolastico 2008/2009, relativamente ai lotti nn. 2, 5 e 6;

– con nota 27 gennaio 2009 il Dipartimento XI del Comune di Roma aveva comunicato l’avvio del procedimento di risoluzione del contratto d’appalto affidato all’appellante e l’avvicendamento nel servizio della società E., a far data dal 15 febbraio 2009.

All’esito della pubblica udienza di discussione le due vertenze passavano in decisione.

Motivi della decisione

I due appelli possono essere riuniti e decisi con un’unica pronuncia, per la loro palese connessione oggettiva e soggettiva, ferma restando la giurisdizione di questo giudice amministrativo, in rapporto ad una vertenza attinente ad un discrezionale provvedimento di aggiudicazione di una gara pubblica (sebbene sia già stato stipulato il relativo contratto).

I) Tanto premesso, il primo di essi (proposto dalla C.d.s. F., di cui nessuno ha mai contestato i bilanci depositati e le relative poste contabili) è fondato e va accolto, (quanto al possesso dei requisiti economici per servizi analoghi: fatturato non inferiore ad euro 1.053.570,00: nella specie, complessivamente pari ad euro 1.231.503,00 e, comunque, pur con le relative detrazioni, ad euro 1.078.168,00), indimostrata essendo rimasta ogni sua asserita partecipazione ad un’a.t.i. con l’Associazione opera nomadi (ammessa e non concessa la quale, comunque, i prescritti parametri risulterebbero rispettati); tanto emerge per la riscontrata violazione dell’art. 115, c.p.c., e dei princìpi probatori; l’omesso esame delle eccezioni formulate dal Comune di Roma e dalla F.; l’erronea interpretazione del bando; il travisamento e gli erronei presupposti di fatto; (quanto al possesso dei necessari requisiti tecnici) l’erronea interpretazione del bando di gara e l’errata valutazione della doglianza, nonché l’omessa pronuncia circa la sua inammissibilità ed alcuni punti decisivi della vertenza (servizi prestati a famiglie rom con bambini ed in stato di disagio irrazionalmente non ritenuti equivalenti a servizi prestati a bambini rom in stato di disagio; servizi in a.t.i. e servizi in esclusiva non valutati come fungibili).

A che deve solo aggiungersi come la somma dei suoi ricavi triennali, pur depurata del corrispettivo conseguito dalla F. per l’appalto in a.t.i. con l’Associazione opera nomadi, supererebbe sempre il limite minimo fissato dal Comune di Roma per il fatturato globale (euro 1.580.355,00), non essendovi motivo per negare agli enti di volontariato di poter considerare come ricavi i contributi ricevuti per lo svolgimento della loro attività istituzionale.

II) Lo stesso deve dirsi per il secondo dei due gravami qui riuniti, per avere l’impugnata sentenza breve (di per se stessa adottata in presenza dei necessari presupposti normativi ex art. 26, legge n. 1034/1971, e s.m.i.) condiviso apoditticamente ed acriticamente le argomentazioni della parte ricorrente in prime cure, senza dedicare alcun approfondito esame a quelle del Comune di Roma e dell’associazione controinteressata; sotto vari profili, infatti, risultano evidenti il travisamento dei fatti, il vizio di motivazione e la violazione dell’art. 2697, c.c., in tema di onere probatorio, e dell’art. 115, c.p.c., per omesso esame dei documenti prodotti e delle eccezioni sollevate dalle parti resistente e controinteressata, quanto ai fatturati più che adeguati che l’attuale appellante aveva documentato (v. sopra); soltanto virtualmente può condividersi la dedotta ma solo astratta violazione dell’art. 112, c.p.c., per l’omessa pronuncia circa il prospettato difetto di giurisdizione amministrativa (peraltro, implicitamente ma concretamente ritenuto non condivisibile), per essere già stato stipulato il contratto d’appalto in questione, onde la ritenuta sussistenza di quella del giudice civile (cfr. Cass. civ., sez. un., sent. n. 27169/2007), nella fattispecie, comunque, da escludersi, come si è già detto, trattandosi di vertenza concernente un atto di discrezionale aggiudicazione; il vizio di motivazione quanto alla richiesta risarcitoria, dichiarata meramente intempestiva, anziché infondata, in rapporto alla correttezza dell’operato della p.a. (con evidente ingiustizia manifesta), ipoteticamente indotta in errore dalla F., nonché violazione del principio del favor partecipationis, potendo la F. sicuramente eseguire almeno tre lotti (nn. 2, 4 e 5), con le proprie risorse tecnicofinanziarie (escluso, in denegata ipotesi, unicamente il lotto n. 6), non comprendenti, comunque, pure la cauzione definitiva (ferma restando la valida fidejussione consegnata il 12 settembre 2008 al Comune attuale appellante, giusto in tempo per poter procedere all’urgente affidamento del servizio nella stessa giornata).

III) La riscontrata fondatezza dei due appelli ne implica, conclusivamente, l’accoglimento, con correlativa riforma dell’impugnata sentenza e rigetto del ricorso di prima istanza e il conseguente rigetto dei due appelli incidentali autonomi, concernenti domande risarcitorie infondate in presenza di atti riconosciuti legittimi, mentre le spese e gli onorari del doppio grado dei due giudizi qui riuniti possono integralmente compensarsi tra tutte le parti in causa, tenuto anche conto del loro comportamento difensivo e delle alterne vicende processuali sopra esaminate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione V, riunisce i due appelli principali, li accoglie entrambi e, in riforma dell’impugnata sentenza, respinge il ricorso di prima istanza; respinge gli appelli incidentali a spese ed onorari compensati tra le parti per il doppio grado di giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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