Cass. civ. Sez. II, Sent., 05-06-2012, n. 9051 Vendita di cosa mobile

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione del 15/5/1986 C.G. conveniva in giudizio P.E. per la declaratoria di risoluzione del contratto di compravendita di un dipinto a olio su tela attribuito a M.J. e la condanna del convenuto alla restituzione del prezzo pagato, pari a lire 55.000.000 oltre rivalutazione e interessi e il risarcimento dei danni; l’attore assumeva che il dipinto non era stato realizzato da M.J., come invece era stato garantito dal venditore che gli aveva anche consegnato una expertise. Il P. si costituiva, contestava la fondatezza della domanda e in subordine chiedeva di essere manlevato dal proprio dante causa, M. A., titolare della galleria d’arte "La Ghirlandina" che era chiamato in causa, ma rimaneva contumace. Dopo espletamento di CTU e successivo supplemento sull’autenticità del dipinto il giudizio proseguiva nei confronti della moglie e delle figlie del convenuto nel frattempo deceduto.

Il Tribunale di Modena con sentenza del 4/9/2002 rigettava le domande del C. che condannava al pagamento delle spese.

All’esito di appello del C., al quale resistevano le eredi P. (restava contumace il M.), la Corte di Appello di Bologna con sentenza del 6/4/2010 rigettava l’appello in quanto infondato rilevando:

– che l’appellante era privo di interesse rispetto al motivo di appello relativo al mancato esame delle eccezioni di prescrizione e decadenza sollevate dalle convenute perchè le eccezioni erano state decise in suo favore;

che, nel merito, la censura riguardante l’accertamento di autenticità dell’opera era infondata e, al riguardo, richiamava l’expertise confermata al momento dell’acquisto dal gallerista francese B.J., incaricato dallo stesso acquirente, nonchè dal CTU; osservava che la stessa difesa dell’appellante, con la comparsa conclusionale del primo grado, aveva preso atto dell’accertata autenticità e non aveva sollevato alcun rilievo;

– che la dichiarazione scritta di D.J., esperto dei dipinti di M. (secondo la quale l’opera, da lui visionata in foto sarebbe stata falsa) era priva di rilievo in quanto si riferiva ad un dipinto diverso (ancorchè per alcuni tratti simile) sia per titolo che per dimensioni rispetto a quello oggetto di causa;

che l’ulteriore documento, costituito dalla dichiarazione scritta attribuita al L. nella quale si sarebbe affermato che l’attestazione di autenticità era falsa, era irrilevante trattandosi di dichiarazione a firma illeggibile di non certa provenienza. Il C. propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Resistono con controricorso P.A., P. e B.; sono rimasti intimati Po.An. e M. A..

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione dell’art. 111 Cost. e del principio costituzionale del giusto processo perchè, a suo dire, del tutto irrazionalmente sarebbe stato affidato l’incarico di accertare la falsità o l’autenticità del dipinto ad un geometra edile, privo di competenza in materia, il quale, a sua volta, avrebbe posto a fondamento del suo giudizio l’expertise del L. senza alcun autonomo accertamento, essendosi limitato a invocare la competenza e attendibilità del L. e, quindi, della sua expertise.

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce il vizio di omessa o insufficiente motivazione: egli censura ancora la CTU, il mancato accoglimento della richiesta di rinnovazione per l’espletamento di indagini tecniche (quali radiografia, riflettografia, spettroscopia, tomografia, fluorescenza, analisi chimica) sul quadro totalmente omesse dal CTU che si era limitato a richiamare l’autorevolezza del L. quando era contestata anche l’autenticità della stessa expertise; egli censura, inoltre, il vizio di motivazione della sentenza che aveva fatto proprio il giudizio di autenticità espresso dal geometra edile nominato CTU; osserva, infine, che era irrilevante la presa d’atto (nelle conclusionali di primo grado) da parte della difesa di esso ricorrente dell’accertamento peritale sull’autenticità del dipinto, posto che a tale presa d’atto non era attribuibile un valore confessorio.

3. I due motivi devono essere esaminati congiuntamente in quanto attengono entrambi alla censura della motivazione della sentenza impugnata, anche in quanto fondata sui risultati di una CTU sulla quale, a dire del ricorrente, il giudice non poteva riporre alcun affidamento per i suoi contenuti, oltre che per la totale mancanza di competenza dell’ausiliare.

3.1 I motivi sono fondati nei limiti di cui infra.

Il giudice di appello, nel motivare la propria decisione, ha fatto riferimento anche alla CTU i cui esiti devono, quindi, ritenersi utilizzati e considerati rilevanti dalla Corte di Appello per la decisione.

Nella sentenza si legge che il CTU aveva confermato l’autenticità del dipinto dopo avere visionato sia il dipinto sia l’expertise in contestazione e dopo avere direttamente operato verifiche per stabilire le caratteristiche dell’opera.

Il ricorrente aveva invece dedotto, quale motivo di appello (trascritto nella parte espositiva del ricorso per cassazione), sia l’incongruità della scelta di un geometra edile per la perizia su un quadro, sia l’omesso espletamento dell’incarico da parte del CTU al quale era stato chiesto di esaminare il dipinto e di riferire se corrispondesse a quello ceduto e consegnato da P. a C. e se fosse autentico; invece il consulente non aveva svolto alcuna autonoma indagine, ma si era limitato a richiamare l’autorevolezza del L. (apparente autore dell’expertise) e, quindi, l’attendibilità del suo expertise (sulla cui autenticità era stata sollevata contestazione).

3.2 Appare del tutto evidente come, di fronte alla gravità e rilevanza di tali contestazioni, formalizzate in uno specifico motivo di appello (corredato di richiesta di prova testimoniale sull’autenticità dell’expertise del L.), la Corte territoriale non avrebbe potuto fondare il proprio convincimento anche sulla CTU senza dare risposta alle specifiche censure (accompagnate da richiesta di rinnovo della CTU) sollevate con il motivo di appello e che erano astrattamente idonee a far ritenere sostanzialmente priva di motivazione la conclusione di autenticità del dipinto in quanto (secondo le deduzioni dell’appellante) non fondata su autonomi accertamenti, ma semplicemente sul richiamo ad un documento già in atti e contestato quanto all’autenticità (l’expertise del L.);

a questo punto, il rilievo sulla mancanza di competenza del CTU (che, comunque, assume rilevanza non in sè, ma in quanto incide sulla valutazione di affidabilità della consulenza) perde addirittura rilevanza perchè non può neppure sostenersi che il CTU abbia prodotto una consulenza, non potendosi considerare tale semplice e acritica ricognizione dell’autorevolezza dell’expertise.

Occorre ancora osservare che non può ritenersi sufficiente l’affermazione secondo la quale (pag. 9 della sentenza) il CTU avrebbe visionato il dipinto e operato verifiche per stabilire le caratteristiche dell’opera, trattandosi di affermazioni apodittiche, prive di riferimenti alle verifiche eseguite, a fronte di una specifica censura di mancanza di accertamenti che, effettivamente non risultano compiuti nè in merito all’autenticità dell’expertise (non risultando sentito come testimone, il suo autore), nè in merito alle caratteristiche intrinseche del quadro (ovviamente, previa valutazione, quanto alla datazione, della utilità dell’accertamento tenuto conto della data, abbastanza ravvicinata, di realizzazione del quadro, ma di ciò non v’è cenno in motivazione), nè presso la fondazione M., nè in merito alle vicende circolatorie del dipinto, ossia alla sua "storia"; ovviamente queste considerazioni non vogliono indicare gli accertamenti che occorre effettuare, trattandosi di valutazione che compete al giudice del merito, ma vogliono solo sottolineare la povertà dell’impianto motivazionale della sentenza.

Occorre infine aggiungere che la motivazione risulta anche contraddittoria perchè mentre a pagina 8 della sentenza si afferma che parte attrice non avrebbe mai prodotto nel corso del giudizio di primo grado il dipinto al fine di assolvere il proprio onere probatorio, a pagina 9 si afferma che il CTU avrebbe visionato il dipinto e quindi non si comprende quale rilevanza potesse avere l’onere probatorio asseritamente inadempiuto, posto che immediatamente dopo si da atto che il CTU aveva visionato il dipinto.

Le controricorrenti deducono che una CTU sul dipinto sarebbe inutile perchè era stata contestata la corrispondenza del dipinto che dovrebbe essere periziato rispetto al dipinto che circa venti anni prima era stato venduto dal P. al C.. Tuttavia la sentenza di appello non è stata motivata sull’irrilevanza della CTU o sull’inutilità (per i motivi esposti dalle controricorrenti) di una sua rinnovazione ed anzi questo ulteriore profilo di indagine è stato del tutto omesso; nella motivazione sono state invece valorizzate e poste a fondamento della decisione (anche) le risultanze di una CTU oggetto di motivata e fondata censura e ciò costituisce il vizio di motivazione denunciato con i motivi di ricorso e che rende inevitabile la cassazione della sentenza impugnata.

4. In conclusione il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Bologna che provvedere anche sulle spese di questo giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della Corte di Appello di Bologna.

Così deciso in Roma, il 11 aprile 2012.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2012

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *