Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 06-07-2011) 22-11-2011, n. 43266 Aggravanti comuni danno rilevante

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza 27.4.2010, emessa a seguito di impugnazione della procura della Repubblica, la Corte d’Appello di Catanzaro, ha confermato la sentenza 15.5.08 del Tribunale di Cosenza, con la quale era stato dichiarato non doversi procedere, nei confronti di P.D.E., in ordine al reato ex artt. 582 e 585, in relazione all’art. 576 c.p., n. 1, art. 61 c.p., n. 2, in danno di M.F., perchè esclusa l’aggravante, il reato è estinto per remissione di querela.

La procura generale ha presenta ricorso per violazione di legge, in riferimento all’art. 576 c.p., n. 1, e per vizio di motivazione.

La Corte d’Appello ha escluso un legame tra l’aggressione portata al M. e il credito vantato dalla figlia dell’imputato, e conseguentemente l’aggravante del nesso teleologico con il reato di esercizio abusivo delle proprie ragioni.

Secondo il ricorrente, la successione dei fatti dimostra che unico motivo della condotta dell’imputato è stata la richiesta di denaro per il vantato credito e che conseguentemente sussiste la contestata aggravante della connessione teleologica con il reato ex art. 393 c.p..

Il ricorso non merita accoglimento in quanto la ricostruzione dei fatti e la conferme valutazione compiute dai giudici di merito non integrano alcuna violane di legge, nè sono inficiate da alcuna incongruenza logica.

Il dato storico pacificamente sussistente (la spinata del M. ad opera del P.) è stato razionalmente valutato, per la sua entità e per le circostanze di tempo e di luogo, collegato al rapporto finanziario tra i protagonisti della vicenda. Il gesto del P. non è stato però ritenuto finalizzato alla commissione del reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, in quanto oggettivamente inidoneo a far conseguire al creditore il pagamento che, fino ad allora, non era riuscito ad ottenere con le richieste proprie e della figlia.

Coerentemente con questa ricostruzione e valutazione del fatto, la sentenza ha confermato l’argomentazione del primo giudice, secondo cui il P., di fronte all’immodificabile inadempimento del M., ha imboccato la strada della punizione fisica del debitore.

Questi ha inizialmente reagito con la richiesta dell’intervento punito dello Stato, ma vi ha poi rinunciato con la remissione di querela.

Il ricorso va quindi rigettato.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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