Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 05-06-2012, n. 9036 Infortunio sul lavoro

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

T.B. propose opposizione avanti al Tribunale di Roma avverso l’ordinanza ingiunzione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Direzione Provinciale del Lavoro di Roma con la quale gli era stato ingiunto il pagamento di sanzioni amministrative connesse all’irregolare assunzione di due lavoratori, uno dei quali infortunatosi nell’espletamento dell’attività lavorativa. Sulla resistenza dell’Amministrazione, il Giudice adito, con sentenza del 6.12.2005 – 11.1.2006, rigettò l’opposizione, ritenendo che:

– la sentenza del Tribunale di Roma resa nel giudizio fra il ricorrente, l’Inail e la concessionaria Banca Monte dei Paschi di Siena, ancorchè riguardante i medesimi rapporti di lavoro, non esplicava alcun effetto nel presente giudizio, in quanto resa nei confronti di soggetti diversi dal resistente;

– doveva ritenersi dimostrata l’esistenza dei rapporti lavorativi, così come il verificarsi dell’infortunio in ambito lavorativo, alla luce delle dichiarazioni, rese alla DPL di Roma e all’Ispettore del lavoro, dagli stessi lavoratori, dal proprietario della libreria ove si era verificato l’infortunio e dall’artigiano incaricato dello smaltimento del materiale di risulta dei lavori eseguiti in tale immobile.

Avverso tale sentenza T.B. ha proposto ricorso per cassazione fondato su tre motivi.

Il Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale – Direzione provinciale del Lavoro di Roma ha resistito con controricorso.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo il ricorrente principale denuncia violazione dell’art. 2909 c.c., nonchè vizio di motivazione, deducendo l’efficacia riflessa della sentenza che aveva accolto l’opposizione ad una cartella esattoriale emessa nei suoi confronti dall’Inail ed avente ad oggetto il pagamento dei premi afferenti ai lavoratori de quibus.

1.1 Secondo la giurisprudenza di questa Corte il giudicato può spiegare efficacia riflessa anche nei confronti di soggetti estranei al rapporto processuale, quando esso contenga un’affermazione obiettiva di verità che non ammette la possibilità di un diverso accertamento, ma tali effetti riflessi, oltre che dagli ordinari limiti soggettivi, sono impediti tutte le volte in cui il terzo vanti un proprio diritto autonomo rispetto al rapporto in ordine al quale il giudicato interviene, non essendo ammissibile che quegli ne possa ricevere un pregiudizio giuridico (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 5381/2005; 5320/2003).

Le pretese sanzionatorie azionate dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Direzione Provinciale del Lavoro di Roma con l’ordinanza ingiunzione opposta sono del tutto autonome rispetto a quelle previdenziali vantate dall’Inail e deve essere pertanto esclusa la sussistenza, in capo al ridetto Ministero, di un diritto dipendente dalla situazione definita nel processo di cui si invoca il giudicato o, comunque, di un diritto subordinato a tale situazione (cfr, Cass., nn. 7221/1997; 11153/1997). Il motivo all’esame va pertanto disatteso.

2. Con il secondo motivo il ricorrente principale denuncia violazione dell’art. 116 c.p.c., nonchè vizio di motivazione, lamentando che i Tribunale abbia tratto il proprio convincimento sulla base di dichiarazioni rese al di fuori del processo e trascurando di considerare che il lavoratore infortunato aveva chiesto il risarcimento ad una compagnia assicurativa privata, presso la quale esso ricorrente era assicurato, assumendo che il sinistro si era verificato nell’abitazione di quest’ultimo.

2.1 Premesso che, secondo la giurisprudenza di questa Corte il materiale probatorio inerente alle circostanze di fatto accertate dai funzionari verbalizzanti è liberamente valutabile e apprezzabile dal giudice, il quale può anche considerarlo prova sufficiente delle circostanze riferite al pubblico ufficiale, qualora il loro specifico contenuto probatorio o il concorso d’altri elementi renda superfluo l’espletamento di ulteriori mezzi istruttori (cfr, ex plurimis, Cass., n. 3525/2005) e che il Tribunale, come risulta dalla parte espositiva della sentenza impugnata, ha avuto presente la denuncia effettuata dal lavoratore infortunato alla compagnia assicurativa privata, deve rilevarsi che, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la deduzione con il ricorso per cassazione di un vizio di motivazione non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare il merito della vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì la sola facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico formale, delle argomentazioni svolte dal giudice di merito, essendo del tutto estranea all’ambito del vizio in parola la possibilità, per la Corte di legittimità, di procedere ad una nuova valutazione di merito attraverso l’autonoma disamina delle emergenze probatorie.

Per conseguenza il vizio di motivazione, sotto il profilo della omissione, insufficienza e contraddittorietà della medesima, può dirsi sussistente solo qualora, nel ragionamento del giudice di merito, siano rinvenibile tracce evidenti del mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero qualora esista un insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico giuridico posto a base della decisione; per conseguenza le censure concernenti i vizi di motivazione devono indicare quali siano gli elementi di contraddittorietà o illogicità che rendano del tutto irrazionali le argomentazioni del giudice del merito e non possono risolversi nella richiesta di una lettura delle risultanze processuali diversa da quella operata nella sentenza impugnata (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 824/2011; 13783/2006; 11034/2006; 4842/2006; 8718/2005; 15693/2004;

2357/2004; 12467/2003; 16063/2003; 3163/2002).

Al contempo va considerato che, affinchè la motivazione adottata dal giudice di merito possa essere considerata adeguata e sufficiente, non è necessario che essa prenda in esame, al fine di confutarle o condividerle, tutte le argomentazioni svolte dalle parti, ma è sufficiente che il giudice indichi le ragioni del proprio convincimento, dovendosi in questo caso ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (cfr, ex plurimis, Cass., n. 12121/2004).

Nel caso all’esame la sentenza impugnata ha esaminato le circostanze rilevanti ai fini della decisione, svolgendo un iter argomentativo esaustivo ed immune da contraddizioni e vizi logici, nel mentre le doglianze del ricorrente si sostanziano nella esposizione di una lettura delle risultanze istruttorie diversa da quella resa nella sentenza impugnata e nella richiesta di un riesame di merito del materiale probatorio, inammissibile in questa sede di legittimità.

Anche il motivo all’esame va pertanto rigettato.

3. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), dolendosi della mancata ammissione di prove testimoniali a suo dire ammissibili, rilevanti, pertinenti e necessarie a chiarire una situazione che vedeva totalmente contrapposte le due tesi.

3.1 Il motivo presenta profili di inammissibilità per violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, essendosi il ricorrente limitato ad affermare di avere richiesto l’ammissione delle prove della cui mancata assunzione di duole, senza specificare tuttavia i tempi e i modi attraverso i quali la relativa richiesta sarebbe stata avanzata e, quindi, la sua tempestività e ritualità.

Peraltro il Tribunale ha dato puntualmente conto delle ragioni per le quali dovevano ritenersi sussistenti i rapporti lavorativi de quibus e al contempo, doveva ritenersi smentita, alla luce delle "convergenti dichiarazioni" già dettagliatamente esaminate, la tesi dell’infortunio del lavoratore in ambito extralavorativo, cosicchè l’enunciata ratio decidendi costituisce implicita esclusione della rilevanza dei mezzi dedotti (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 294/1987;

6078/1990; 6570/2004; 14611/2005), determinando l’insussistenza del denunciato vizio di motivazione.

4. In definitiva il ricorso va rigettato.

Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese, che liquida in Euro 40,00 (quaranta), oltre ad Euro 2.000,00 (duemila) per onorari ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 9 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 5 giugno 2012
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