Cons. Stato Sez. VI, Sent., 28-12-2011, n. 6908

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La questione sottoposta all’esame del Collegio concerne la legittimità di un diniego di autorizzazione per l’alienazione di porzioni immobiliari, oggetto di tutela sul piano storicoartistico a norma degli articoli 54 e seguenti del D.Lgs. 22.1.2004, n. 42 (codice dei beni culturali e del paesaggio). Il ricorso proposto avverso tale diniego – riferito all’ex convento dei Cassinesi, nel centro storico di Lecce e motivato con difficoltà di manutenzione e conservazione, nonché di fruizione pubblica del bene oggetto di tutela, a seguito di eccessiva frammentazione della proprietà – era ritenuto irricevibile in primo grado di giudizio, con sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sez. I di Lecce, n. 1569/11 del 9.9.2011, notificata il 7.10.2011. Nella citata sentenza si rilevava come la conoscenza del provvedimento impugnato fosse antecedente alla formale comunicazione dello stesso tramite raccomandata con ricevuta di ritorno, risultando inviato un fax al responsabile del procedimento e dovendosi ritenere che il termine decadenziale per l’impugnazione dell’atto fosse stato superato, in quanto decorrente dalla relativa recezione da parte del predetto funzionario, data "l’universale accettazione del fax quale mezzo di comunicazione", nonché in considerazione "delle caratteristiche tecniche di detto strumento, non ultima delle quali la possibilità di munirsi di prova del buon fine della trasmissione".

In sede di appello (n. 9165/11, notificato il 4.11.2011) le conclusioni sopra sintetizzate venivano contestate, dovendosi ritenere che la piena conoscenza di un atto, riferita a persone giuridiche, implicasse corretta individuazione del destinatario del provvedimento, nella persona del soggetto munito di effettivo potere rappresentativo dell’ente.

Premesso quanto sopra – e ritenuto che l’appello, pervenuto a giudizio in sede cautelare, possa essere deciso con sentenza in forma semplificata, a norma dell’art. 74 c.p.a. – debbono essere in primo luogo esaminate le ragioni difensive dell’appellante, circa la ravvisata irricevibilità dell’impugnativa, proposta in primo grado. Tali ragioni appaiono condivisibili, tenuto conto del pacifico indirizzo giurisprudenziale, secondo cui la prova della piena conoscenza dell’atto impugnato, al fine della declaratoria di irricevibilità del ricorso, incombe sulla parte che solleva la relativa eccezione e deve essere valutata in modo rigoroso, senza che sia sufficiente la mera verosimiglianza della conoscenza stessa o qualsiasi forma di presunzione al riguardo (cfr. in tal senso, fra le tante, Cons. St., sez. V, 31.10.1992, n. 1115 e 28.5.2004, n. 3465; Cons. St., sez. IV, 2.2.2011, n. 747).

Nel caso di specie, non può farsi coincidere la conoscenza dell’atto da parte del responsabile del procedimento – quale figura introdotta dall’art. 5 della legge n. 241/90, a fini di efficacia e trasparenza del procedimento di formazione dell’atto stesso – con la conoscenza legale, da cui l’art. 21 della legge n. 1034/71 (sostanzialmente recepito dall’art. 29 c.p.a.) fa discendere la decorrenza del termine decadenziale per ricorrere in sede giurisdizionale, spettando ogni decisione al riguardo agli organi rappresentativi dell’ente e non ai funzionari responsabili dell’istruttoria e dovendo, quindi, la conoscenza di cui trattasi essere individuata con riferimento esclusivo a detti organi: circostanza, quella appena indicata, che nella situazione di cui trattasi risulta sfornita di qualsiasi principio di prova, con conseguente necessità di far coincidere il termine di decorrenza per l’impugnativa con la data di recezione della formale comunicazione del diniego, indirizzata all’Ente provinciale e per esso al relativo Presidente, quale legale rappresentante.

Sotto il profilo in esame, pertanto, l’appello deve essere accolto, con conseguente annullamento della sentenza gravata.

Premesso quanto sopra, va ancora rilevato che la questione dedotta in giudizio non appare suscettibile di rinvio al giudice di primo grado, in applicazione dell’art. 35 della legge 6.12.1971, n. 1034 (ovvero per "difetto di procedura o vizio di forma" della sentenza appellata), secondo l’indirizzo giurisprudenziale che ritiene attinenti al contenuto della decisione – e non identificabili con difetti procedurali (come quelli attinenti a non corretta valutazione di sussistenza, o meno, di giurisdizione) – erronee declaratorie di inammissibilità, irricevibilità o decadenza del ricorso, identificate come contenuto della sentenza appellata, con conseguente ritenzione della causa, per pronunce di quest’ultimo tipo, da parte del giudice di secondo grado (cfr. in tal senso, per il principio, Cons. St., sez. V, 6.12.1988, n. 797; Cons. St., sez. IV, 15.1.1980, n. 13; Cons. St., sez. IV, 23.10.1984, n. 774; Cons. St., sez. VI, 17.4.2003, n. 2083; Cons. St., sez., IV, 7.6.2004, n. 3608; Cons. St., sez. V, 10.5.2005, n. 2348, 14.4.2008, n. 1605 e 2.10.2008, n. 4774).

Nel merito, il Collegio ritiene fondata ed assorbente, nel caso di specie, la censura di violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990, nel testo introdotto dall’art. 6 della legge n. 15/2005, che impone, nei procedimenti ad istanza di parte, che la formale adozione di un provvedimento negativo sia preceduta da tempestiva comunicazione agli istanti dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda, affinchè i medesimi possano presentare osservazioni o eventuali documenti, al fine di assicurare una più ponderata e motivata formazione dell’apprezzamento discrezionale, rimesso all’Autorità procedente.

Il mancato rispetto di tale modalità partecipativa appare di indubbia rilevanza nella situazione in esame, in presenza di una procedura che coinvolge amministrazioni pubbliche (Provincia di Lecce, Ministero per i Beni e le Attività Culturali e Soprintendenza competente per territorio), in ordine a modalità di utilizzo di un complesso immobiliare di interesse storicoartistico, la cui tutela è rimessa all’apprezzamento discrezionale dello Stato, ma nell’ambito di una procedura autorizzativa, che espressamente prevede anche forme di provvedimenti dal contenuto concordato, sulla base di una "valutazione comparativa fra le proposte avanzate con la richiesta di autorizzazione ed altre possibili modalità di valorizzazione del bene" (cfr. art. 55, comma 3 ter D.Lgs. 22.1.2004, n. 42), con ampio spazio, comunque, per l’apporto partecipativo dei soggetti richiedenti l’autorizzazione stessa, al fine di pervenire a scelte, rese ottimali dalla più ampia possibile conoscenza della situazione di fatto e dal bilanciamento di tutti gli interessi coinvolti.

Per le ragioni esposte, in conclusione, il Collegio ritiene che l’appello debba essere accolto, con le conseguenze precisate in dispositivo; quanto alle spese giudiziali, tuttavia, il Collegio stesso ne ritiene equa la compensazione, in considerazione della natura dei suddetti interessi.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando, accoglie l’appello, come in epigrafe proposto e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, annulla il diniego di autorizzazione in data 14 luglio 2010, comunicato con nota n. prot. 7150, pervenuta il 15 ottobre 2010; compensa le spese giudiziali.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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