Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 08-04-2011) 22-11-2011, n. 43260

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 1-6-2010 la Corte di Appello di Cagliari confermava la sentenza emessa dal Giudice monocratico del Tribunale in data 10-6-2005, nei confronti di T.R., condannato – previa concessione delle attenuanti generiche, ritenute equivalenti all’aggravante ed alla recidiva, nonchè tenuto conto della diminuente del rito abbreviato – alla pena di mesi dieci di reclusione e multa di Euro 200,00,quale responsabile del reato di furto aggravato -(per essersi impossessato di un portafogli che conteneva la somma di L. 200.000, ed altri effetti personali di R. A., sottraendolo alla stessa che lo deteneva).

A carico dell’imputato si era desunta la prova dal riconoscimento fotografico operato dal figlio della persona offesa.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore, deducendo:

1 – Con il primo motivo,la erronea applicazione della legge penale,ex art. 606 c.p.p., lett. B), in riferimento all’art. 624 c.p., art. 625 c.p., n. 4.

Sul punto evidenziava che nei confronti dell’imputato si era ritenuta l’esistenza di prova indiretta, atteso che il suddetto era stato individuato soltanto perchè aveva l’aspetto di tossicodipendente, dopo che la donna alla quale era stato sottratto il portafoglio era scesa dal mezzo, dopo che il figlio della predetta aveva asserito di aver notato l’individuo intento a guardare nella borsa della madre, che era distratta mentre parlava al telefono.

In base a tali elementi la difesa rilevava che non era stato notato alcun gesto idoneo a rendere evidente l’azione delittuosa, mentre – d’altra parte riteneva dovesse essere esclusa l’aggravante dell’aver commesso il fatto con destrezza.

Infatti, evidenziava che il portafoglio era custodito nella borsa della persona offesa senza particolari cautele,e che la donna aveva il controllo della borsa.

2 – Con il secondo motivo il ricorrente deduceva il vizio della motivazione inerente alla valutazione degli elementi di prova, con riferimento alla individuazione compiuta dal figlio della persona offesa che aveva reso sommarie informazioni alla PS. Evidenziava infine che mancava la prova certa che il soggetto che viaggiava a bordo dell’autobus fosse proprio l’imputato. Per tali motivi chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

La Corte rileva che il ricorso deve ritenersi privo di fondamento.

Invero le doglianze della difesa concernenti la erronea applicazione dell’art. 624 c.p. e art. 625 c.p., n. 4 si rivelano prive di fondamento al cospetto della adeguata motivazione della sentenza, che esaminando le risultanze processuali in riferimento alle censure articolate dalla difesa dell’imputatogliene corretto il giudizio di penale responsabilità formulato dal primo giudice, per la pluralità di elementi desunti dalle dichiarazioni che la persona offesa dal reato aveva reso ai CC. e dalla individuazione fotografica effettuata dal figlio della donna, ritenuta attendibile, avendo il bambino riconosciuto in foto l’individuo a lui noto.

Orbene, si rivelano infondati i rilievi difensivi concernenti la inesistenza di elementi di prova, avendo il giudice valutato nel loro complesso le risultanze richiamate anche per l’attendibilità delle dichiarazioni provenienti dal soggetto che aveva individuato l’imputato.

Nè può essere censurata la valutazione delle dichiarazioni della persona offesa, dovendosi peraltro ritenere ininifluente la circostanza che la stessa non avesse percepito direttamente il verificarsi della condotta delittuosa, avendo al riguardo la Corte reso adeguata e logica motivazione, che rende conto sul punto della univocità delle fonti probatorie.

Va menzionata al riguardo la sentenza di questa Corte, Sez. 2, del 26- 6-1998, n.7530 – secondo la quale "Il giudice di merito può trarre il proprio convincimento anche da ricognizioni non formali e riconoscimenti fotografici perchè,nell’ambito dei poteri discrezionali che l’ordinamento gli riconoscerò attribuire concreto valore indiziante o probatorio all’identificazione dell’autore del reato mediante riconoscimento fotografico, che costituisce accertamento di fatto utilizzabile in virtù dei principi di non tassatività dei mezzi di prova e del libero convincimento".

La Corte,ritiene altresì adeguata la motivazione della sentenza in riferimento all’inquadramento normativo del reato,escludendo l’erronea applicazione dell’art. 624 c.p., art. 625 c.p., n. 4.

Va infatti evidenziato che l’azione furtiva,evidentemente realizzata mentre la vittima si trovava a bordo del mezzo di trasporto pubblico,alla stregua delle risultanze indicate dai giudici di merito,si qualifica come furto aggravato dalla destrezza, essendo sufficiente ad integrare l’aggravante anche la condotta di colui che abbia approfittato di una qualsivoglia situazione soggettiva od oggettiva, favorevole per eludere la normale vigilanza dell’uomo medio – (v. in tal senso Cass. Sez.1 – sentenza del 26 gennaio 1995, n.919,Gaeta – ed altre conforme tra cui Cass. Sez. 5, 2.12.2005, n.44018 – Fazio).

Devono ritenersi infine inammissibili gli ulteriori rilievi difensivi tendenti a negare l’esistenza di prove del fatto contestato,secondo la prospettazione di diversa interpretazione delle risultanze che la Corte territoriale ha analizzato compiutamente valutando ogni aspetto delle deduzioni dell’appellante con logica ed esauriente motivazione.

Per tali motivi la corte deve rigettare il ricorso ed il ricorrente va condannato come per legge al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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