Cons. Stato Sez. VI, Sent., 28-12-2011, n. 6900

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1). Con sentenza n. 1530 del 2009 questa Sezione, in parziale riforma della sentenza del T.A.R. per l’ Umbria n. 630 del 2003, riconosceva il diritto della sig.ra E. P. – già in servizio alle dipendenze della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Terni e collocata a riposo con decorrenza 1° settembre 1996 -alla riliquidazione del trattamento di quiescenza sulla base alle qualifiche introdotte con il d.l. n. 547 del 1994, convertito nelle legge n. 644 del 1994. Respingeva la domanda intesa alla riliquidazione del fondo di quiescenza con computo degli interessi al tasso bancario, più elevato rispetto a quelli legali, sulle somme individuali accantonate sul fondo predetto.

Con ricorso per revocazione la sig.ra P. pone in rilievo che la decisione di questo Consiglio n. 1530 del 2009 ha omesso di pronunziarsi su un distinto capo di domanda – articolato nel ricorso rubricato al n. 815/1997 proposto avanti al T.A.R. per l’ Umbria, disatteso dal primo giudice e riproposto in appello con rubricazione al capo II del gravame – relativo alla "riliquidazione del fondo di quiescenza mediante computo dello stesso tenendo conto dei miglioramenti stipendiali previsti dal C.C.N.L. di comparto "regioni – autonomie locali" sottoscritto il 16 luglio 19976, ivi compresi gli scaglioni del 1° dicembre 1996 e del 1° luglio 1997".

Deduce, in via rescindente, la sussistenza dell’errore revocatorio per l’evidente omissione di pronunzia su una domanda incontestabilmente introdotta in giudizio e risultante dagli atti del processo ed, in via rescissoria, contesta le conclusioni del T.A.R., alla stregua di una corretta interpretazione dell’art. 1, comma quarto, del C.C.N.L. di comparto 1996/1997 sullo scaglionamento dei benefici economici in favore dei dipendenti interessati.

Resiste la C.C.I.A.A. di Terni che, con diffuso ordine argomentativo, ha negato il diritto della ricorrente ad ottenere la riliquidazione del trattamento di fine rapporto sulla base degli incrementi retributivi del trattamento di attività la cui erogazione è stata prevista dal contratto collettivo con decorrenza economica successiva alla data di collocamento a riposo dell’interessata.

All’udienza del 6 dicembre 2011 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

2). L’istanza di revocazione merita accoglimento.

2.1). Alla pagine 5, 6 e 7 dell’atto di appello è censurata la sentenza del T.A.R. per l’ Umbria nella parte in cui ha negato il diritto delle sig.ra P. alla riliquidazione del fondo di previdenza e di capitalizzazione sulla base degli incrementi retributivi previsti dal C.C.N.L. in scaglioni successivi alla data i collocamento a riposo e, in tale sede, sono sviluppate tesi contrarie alle conclusioni del primo giudice.

In relazione a detto capo di domanda non si rinviene nella sentenza oggetto del ricorso per revocazione alcun riferimento e richiamo né nell’esposizione del fatto, né in punto di diritto.

Per concorde giurisprudenza l’errore di fatto revocatorio è configurabile nell’attività preliminare del giudice di lettura e percezione degli atti acquisiti al processo – quanto alla loro esistenza ed al significato letterale – senza coinvolgere la successiva attività di interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande e delle eccezione ai fini della formazione del convincimento, insindacabile a mezzo del ricorso per revocazione

Rientrano, quindi, nella nozione dell’errore di fatto di cui all’ 395, n. 4), c.p.c., i casi in cui il giudice, per svista sulla percezione delle risultanze materiali del processo, sia incorso in omissione di pronunzia o abbia esteso la decisione a domande o ad eccezioni non rinvenibili negli atti del processo (Cons. St., A.P. n. 3 del 22.01.1997; Cons. St., Sez. VI, n. 3427 del 7 giugno 2011; Sez. IV^, n. 1159 del 02.03.2001; Corte di Cassazione, n. 3137 del 30.03.1994).

Per quanto innanzi esposto la prima delle anzidette evenienze ricorre nella fattispecie di cui è ricorso va quindi dichiarata l’ammissibile ed in conseguenza accolta la domanda di revocazione.

2.2). Va, quindi, esaminarsi, in via rescissoria, il punto II dell’atto di appello.

2.3). L’art. 1, comma secondo, del C.C.N.L. per il comparto delle regioni e delle autonomie locali relativo al biennio 1996/1997 ha ripartito in tre scaglioni gli incrementi degli "stipendi tabellari", con decorrenza rispettivamente dal 01.01.1991, 01.12.1996 e 01.07.1997.

Il T.A.R. ha negato il riconoscimento in favore della ricorrente, agli affetti del trattamento pensionistico, degli incrementi retributivi maturati con decorrenza successiva al collocamento a riposo, avvenuto il 31 agosto 1996, con richiamo all’indirizzo formatosi in giurisprudenza in base al quale lo scaglionamento degli incrementi del trattamento economico non configura una mera rateizzazione di un beneficio già entrato nel patrimonio del dipendente fin dalla data di stipula e/o decorrenza dell’accordo collettivo, ma dà luogo a distinte obbligazioni di pagamento, con la conseguenza che il diritto all’adempimento si matura alle diverse date previste nell’accordo stesso per ciascun scaglione.

Detto principio riceve, tuttavia, deroga in relazione alla peculiare disciplina dettata all’art. 1, comma quarto, del C.C.N.L. 1996/1997.

E’, infatti, ivi stabilito che "nei confronti del personale cessato o che cesserà dal servizio con diritto a pensione nel periodo di vigenza del presente contratto i benefici di cui al comma 1 hanno effetto integralmente alle scadenze e negli importi di cui al comma 2, ai fini della determinazione del trattamento di quiescenza".

Il su riferito comma quarto nella prima parte – stante la sottoscrizione alla data del 16 luglio 1996 del C.C.N.L. 1996/1997, con decorrenza retroattiva dal 1° gennaio 1996 – prende in considerazione la posizione del personale già cessato dal servizio, riconoscendo agli effetti pensionistici il beneficio retributivo maturato in data precedente alla stipula.

Per chi invece "cesserà dal servizio con diritto a pensione nel periodo di vigenza" contrattuale, la disposizione in esame conferma il diritto agli incrementi retributivi – con un rinvio dinamico alle diverse "scadenze" ed "importi", quali scaglionati alle al precedente comma 2 – rafforzando, con l’avverbio "integralmente", l’intento di far salve, agli effetti della determinazione della base pensionistica, le posizioni di tutti i dipendenti destinatari del C.C.N.L., indipendente dalla costanza in impiego per tutto il biennio di vigenza contrattuale.

Tale conclusione è del resto avvalorata dall’ultimo periodo del comma quarto ove è, invece, stabilito che "agli effetti della determinazione delle indennità premio di fine servizio, dell’indennità sostitutiva del preavviso, nonché di quella prevista dall’art. 2122 c.c. si considerano solo gli scaglionamenti maturati alla data di cessazione del rapporto". In base al broccardo "ubi voluit dixit" la clausola del C.C.N.L. seleziona espressamente, con esclusivo richiamo ai diversi istituti indennitari previsti alla cessazione del rapporto di lavoro, le ipotesi di limitazione dell’accesso al beneficio contrattuale in caso di risoluzione del rapporto prima della data stabilita per la maturazione dell’incremento retributivo oggetto di scaglionamento.

Non vi è infine ragione, diversamente da quanto argomentato dalla resistente C.C.I.A.A. di Terni, per escludere dal beneficio i dipendenti che abbiano mantenuto l’iscrizione al fondo di previdenza e di capitalizzazione, che assolve funzione sostitutiva dell’ordinario trattamento a carico dell’istituto di previdenza, nei cui confronti non può essere riservato un trattamento deteriore e discriminatorio rispetto a chi abbia invece optato per l’ordinario trattamento di quiescenza.

In parziale riforma delle sentenza impugnata il ricorso di primo grado va accolto nei sensi e limiti di cui in motivazione e va dichiarato l’obbligo della C.C.I.A.A. di Terni di procedere alla riliquidazione fondo di previdenza sulla scorta degli incrementi retributivi di cui al secondo e terzo scaglione del C.C.N.L. per il biennio 1996/1997.

Sulle somme liquidate con ritardo spettano – a decorrere dalla data di maturazione del credito – gli interessi al tasso legale e la rivalutazione monetaria, da calcolarsi osservando le seguenti modalità

– la rivalutazione monetaria e gli interessi legali vanno conteggiati separatamente sull’originario importo nominale del credito – al netto delle ritenute di previdenza e fiscali – stante la diversa funzione che detti corrispettivi accessori sono chiamati ad assolvere, nel primo caso risarcitoria del danno da svalutazione; nel secondo compensativa della perdita subita da chi riceve tardivamente una somma di danaro fruttifera per definizione;

– sulla somma dovuta per rivalutazione monetaria non vanno calcolati interessi legali in base ad una progressiva e frazionata valutazione del danno da svalutazione nel periodo afferente al ritardato pagamento (cfr. sui riferiti criteri l’ Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 3 del 15.06.1998);

– ai sensi l’art. 16, comma sesto, della legge 30.12.1991, n. 412, recante disposizioni sul cumulo fra credito per interessi e rivalutazione monetaria, l’importo dovuto per interessi va portato in detrazione della somma spettante a ristoro del danno sofferto per svalutazione monetaria.

Spese ed onorari del presente grado di giudizio, in relazione ai profili della controversia, possono essere compensati fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) in definitiva pronunzia:

– accoglie la domanda di parziale revocazione della sentenza n. 1530 del 2009;

– accoglie il capo di domanda non oggetto di esame con la predetta sentenza n. 1530 del 2009

e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie in parte de qua il ricorso di primo;

– condanna l’ Amministrazione al pagamento delle somme dovute, con maggiorazione per interessi e rivalutazione monetaria da determinarsi secondo i criteri indicati in motivazione.

– compensa fra le parti spese ed onorari del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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