Cons. Stato Sez. VI, Sent., 28-12-2011, n. 6896 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La società K. K. D. H. P. M. & Co., nella sua qualità di proprietaria delle particelle fondiarie 440/12, 440/2, 1091, 1091/38 e 1091/73 in P.T. 166/II C.C. Eores/Afers acquistate nel 1979 all’asta giudiziaria (nell’ambito di una procedura fallimentare) sul presupposto della loro edificabilità – essendo le stesse all’epoca secondo le previsioni del piano regolatore generale del Comune di Bressanone adottato nel 1968, seguito dal piano di attuazione di iniziativa comunale approvato con delibera n. 187 del 17 aprile 1974, incluse nella zona turistica "Valcroce" -, con ricorso n. 247 del 1997 impugnavano, dinnanzi al T.r.g.a.Sezione autonoma di Bolzano, i seguenti provvedimenti:

(i) la deliberazione della Giunta provinciale di Bolzano del 3 febbraio 1997, n. 368, avente ad oggetto l’approvazione definitiva del p.u.c. rielaborato di Bressanone adottato nel 1995, con cui era stata respinta l’osservazione n. 105 della società istante avverso l’inclusione delle aree in oggetto in zona boschiva (dunque non edificabile);

(ii) la deliberazione del Consiglio comunale di Bressanone del 3 marzo 1995, n. 21, con i relativi allegati, avente ad oggetto l’adozione del p.u.c. rielaborato;

(iii) le deliberazioni consiliari del 15, 21 e 22 settembre 1995, nn. 65, 66 e 67, con le quali il Comune aveva preso posizione sulle osservazioni e proposte presentate dall’istante;

(iv) le deliberazioni consiliari del 14 dicembre 1995, n. 128, del 28 marzo 1996, n. 33, e del 28 febbraio 1996, n. 21, tutte inerenti all’adozione del p.u.c., la deliberazione della Giunta provinciale del 7 ottobre 1996, n. 4471, di approvazione con modifiche d’ufficio del piano, e la deliberazione di controdeduzioni del Consiglio comunale del 19 dicembre 1996, n. 107;

(v) i correlativi pareri della Commissione urbanistica provinciale deliberati nelle sedute del 23 luglio e 1 agosto 1996.

2. In precedenza, già con delibera della Giunta provinciale n. 6324 del 17 ottobre 1980, apportante una modifica d’ufficio al p.u.c. illo tempore adottato dal Comune con delibera n. 172 del 21 novembre 1979, l’area di ubicazione delle particelle fondiarie di proprietà della ricorrente era stata stralciata dalla zona turistica e classificata come zona boschiva e verde alpino.

Detta delibera provinciale era stata annullata dal Consiglio di Stato con decisione 11 luglio 1984, n. 531 – tra l’altro su ricorso dell’odierna appellante -, per il travalicamento delle competenze spettanti alla Giunta provinciale in sede di approvazione dello strumento urbanistico comunale e per l’irregolare composizione della Commissione urbanistica provinciale in sede di emanazione del relativo parere.

3. Indi, nell’anno 1985, era stato adottato un nuovo p.u.c. (con delibera del Consiglio comunale n. 480 dell’11 febbraio 1985), che pure non aveva previsto la destinazione delle aree de quibus a zona turistica, limitando detta destinazione ad un area di soli 2 ha di proprietà di terzi, su cui insistevano delle villette turistiche già realizzate, ed escludendovi la parte produttiva destinata a strutture alberghiere, interessante la proprietà della ricorrente. Tale atto pianificatorio era rimasto inoppugnato dall’odierna appellante.

4. Seguivano, infine, le deliberazioni di adozione/approvazione del p.u.c. del 19951997, di cui sopra sub 1., impugnate col ricorso introduttivo del presente giudizio.

5. L’adito T.r.g.a., con la sentenza in epigrafe, dichiarava l’improcedibilità del ricorso in esame per la sopravvenienza, nelle more del giudizio, della deliberazione del Consiglio comunale n. 7 del 25 gennaio 2007, di conferma del p.u.c. ai sensi dell’art. 18 l. prov. n. 13/1997 (l. urb. prov.), non impugnata dalla ricorrente, rilevando che l’omessa impugnazione di tale deliberazione, di natura non meramente confermativa ma ad effetti "novativisostitutivi", determinava la sopravvenuta carenza d’interesse a coltivare il ricorso avverso i gravati atti pianificatori risalenti al 19951997, interamente sostituiti dal nuovo atto pianificatorio.

6. Avverso tale sentenza interponeva appello la ricorrente soccombente, deducendo quale unico motivo la "violazione dell’art. 360, n. 3) e 5) c.p.c. per violazione e falsa applicazione degli artt. 18 e 20 della l. prov. 11.8.1997 n. 13, avendo la sentenza appellata travisatamente ritenuto che la "conferma" del piano urbanistico comunale resa dal Consiglio comunale di Bressanone (delib. 7/2007) ai sensi dell’art. 18, co. 3, stessa legge, avrebbe comportato effetti "novativisostitutivi" rispetto ai provvedimento impugnati e ciò anche con riguardo agli immobili dell’appellante, mentre trattasi di atto "meramente confermativo" ("verde agricolo") con riferimento alla destinazione urbanistica degli stessi immobili, in quanto non assoggettati a vincoli di esproprio" (v. così, testualmente, la rubrica del motivo d’impugnazione nel ricorso in appello).

L’appellante riproponeva inoltre espressamente i motivi di ricorso di primo grado, non affrontati dai primi giudici per effetto della declaratoria d’improcedibilità, impeditiva dell’ingresso delle questioni di merito, e chiedeva, in riforma dell’impugnata sentenza, l’accoglimento del ricorso di prime cure.

7. Si costituivano entrambe le Amministrazioni appellate (Comune di Bressanone e Provincia autonoma di Bolzano), contestando la fondatezza dell’appello e chiedendone il rigetto.

8. Depositate e scambiate memorie difensive, la causa all’udienza pubblica dell’8 novembre 2011 veniva trattenuta in decisione.

9. Premesso che il presente giudizio d’appello pende da data anteriore all’entrata in vigore del cod. proc. amm., con conseguente inapplicabilità dell’art. 101, comma 2, cod. proc. amm., invocato da parte appellante per eccepire la decadenza delle parti appellate dalla riproposizione, nelle memorie difensive depositate oltre il termine di costituzione in giudizio, delle eccezioni assorbite e/o non esaminate, si osserva che l’appello è infondato e deve essere disatteso.

9.1. Il T.r.g.a. correttamente è pervenuto alla declaratoria d’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza d’interesse conseguente alla deliberazione del Consiglio comunale di Bressanone n. 7 del 25 gennaio 2007, non impugnata, con la quale, trascorso il decennio dall’approvazione – con deliberazione della Giunta provinciale n. 368 del 3 febbraio 1997, di cui sopra sub 1.(i) – del p.u.c. precedente, lo stesso è stato confermato ai sensi dell’art. 18, comma 3, l. urb. prov. che testualmente recita: "Alla scadenza del decennio dall’entrata in vigore del piano urbanistico comunale il consiglio comunale conferma con delibera il piano o, qualora intenda adeguarlo a nuove esigenze, procede alla rielaborazione. In relazione alle aree assoggettate a vincoli preordinati all’esproprio, il comune, confermando il piano, è tenuto a motivare la necessità delle aree stesse".

La deliberazione di conferma del precedente p.u.c., con riguardo ai vincoli conformativi di zonizzazione – gli unici ad assurgere a rilevanza nella fattispecie sub iudice, esulandovi ogni questione relativa ad eventuali vincoli espropriativi -, reca testualmente la seguente motivazione: " (…) Ritenuto, in tale situazione, di limitarsi alla semplice riconferma del Piano Urbanistico comunale in quanto le nuove esigenze alle quali successivamente dovrà essere adeguato il piano, le quali a tutt’oggi però non sono completamente note né individuabili con sufficiente certezza; inoltre l’insieme degli strumenti urbanistici risultanti dal Piano Urbanistico attualmente in vigore è tutt’ora in grado di garantire temporaneamente un assetto urbanistico sufficientemente razionale (…)".

Orbene, risulta palese da quanto sopra che la delibera n. 7/2007, di conferma del p.u.c. del 19951997, nella parte dispositiva relativa alla zonizzazione del territorio comunale si poggia su una rinnovata valutazione dell’assetto urbanistico del Comune, sfociata nella determinazione conclusiva della non necessità di una rielaborazione del p.u.c. precedente, a distanza di un decennio ritenuto di persistente adeguatezza e rispondenza alle esigenze urbanisticoedilizie del territorio comunale.

Inconferente è, al riguardo, il richiamo della società appellante all’efficacia a tempo indeterminato delle previsioni di valenza conformativa (e non espropriativa, limitate alla durata di dieci anni) dei piani urbanistici comunali, sancita nel primo comma del citato art. 18, implicando invero anche la decisione dell’Amministrazione comunale di procedere alla conferma del piano precedente ai sensi degli artt. 18 e 20 l. urb. prov. un riesame dei presupposti di fatto circa la mancata insorgenza di nuove esigenze pianificatorie, ed essendo la stessa peraltro assoggettata all’onere di trasmissione all’ente provinciale ai fini dell’esercizio dei poteri ex art. 20 l. urb. prov. (divenendo definitiva all’esito del decorso del termine di centoventi giorni dalla data di trasmissione degli atti alla Provincia per l’approvazione, senza che quest’ultima si esprima), ad ulteriore comprova della natura non meramente confermativa dell’atto conclusivo del procedimento pianificatorio.

Dovendosi dunque gli impugnati atti pianificatori ritenere sostituiti, nelle more del giudizio, dalla non impugnata deliberazione consiliare n. 7/2007, costituente frutto di un riesame delle esigenze urbanistiche con riferimento al tempo di adozione della nuova delibera ed avente efficacia novativacostitutiva anche con riguardo alla parte del p.u.c. a valenza conformativa riguardante la zonizzazione del territorio comunale, espressamente dichiarata di persistente validità/adeguatezza con riferimento alle attuali esigenze urbanistiche del territorio comunale, il T.r.g.a. correttamente ha escluso la natura meramente confermativa della citata deliberazione consiliare, per trarne la corretta conclusione dell’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza d’interesse conseguente alla sopravvenienza del citato nuovo atto pianificatorio, che determina l’assetto urbanistico per il futuro, costituendone autonoma fonte provvedimentale slegata dagli atti di adozione/approvazione del p.u.c. precedente.

9.2. Giova, ad ogni modo, aggiungere, che la mancata impugnazione del p.u.c. intermedio del 1985 – nel quale pure l’area comprensiva delle particelle fondiarie di proprietà dell’odierna appellante era stata qualificata come zona boschiva e di verde alpino -, sebbene sul piano processuale non configuri un’ipotesi d’inammissibilità del ricorso per carenza originaria dell’interesse a ricorrere (quale eccepita dall’appellata Amministrazione comunale) stante l’autonomia degli atti inerenti all’adozione/approvazione del p.u.c. del 19951997, sotto il profilo sostanziale costituisce motivo ostativo all’accoglimento dei motivi centrali di ricorso, in quanto esclude la configurabilità, in capo alla proprietaria degli immobili de quibus, di una situazione giuridica consolidata d’aspettativa edificatoria asseritamente lesa dagli atti pianificatori del 19951997. Infatti, ogni rapporto di derivazione causale di siffatta asserita aspettativa dal p.r.g. del 1979, vigente all’epoca dell’acquisto degli immobili, risulta spezzata dal p.u.c. intermedio del 1985, non impugnato, sicché vengono a mancare i fatti costitutivi dell’invocata situazione di affidamento.

Né può configurarsi la paventata ipotesi di elusione e/o violazione del giudicato formatosi sulla decisione n. 531 del 11 luglio 1984 di questo Consiglio di Stato (v. sopra sub 2.), in quanto:

– in primo luogo, l’oggetto del giudicato è costituito dall’accertamento di vizi formali e procedimentali inficianti la sola fase di approvazione del piano del 1979 svoltasi dinnanzi alla Giunta provinciale, giammai vincolante di successive scelte di pianificazione territoriale – per definizione ampiamente discrezionali, in assenza (come nel caso di specie, per le ragioni innanzi esposte) di impedimenti assoluti derivanti da eventuali specifiche aspettative edificatorie ingenerate da precedenti assetti urbanistici – del Comune in sede di adozione del nuovo piano;

– in secondo luogo, l’adozione/approvazione del piano intermedio del 1985, non impugnato, impedisce ab imis la configurabilità di un contrasto immediato e diretto tra i qui gravati atti pianificatori del 19951997 con detto giudicato.

9.3. Per le esposte ragioni, l’appello è da respingere, con assorbimento di ogni altra questione, ormai irrilevante ai fini della decisione.

10. Le spese del grado seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge e, per l’effetto, conferma l’impugnata sentenza; condanna l’appellante a rifondere alle Amministrazioni appellate le spese del grado che si liquidano, in favore di ciascuna delle stesse, nell’importo complessivo di euro 2.500,00 oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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