Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 15-09-2011) 23-11-2011, n. 43291

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

T.A. ricorre avverso la sentenza in data 19-12- 2011 con la quale il Tribunale di Terni gli ha applicato la pena su richiesta per il reato tentato di cui all’art. 624 bis c.p..

Deduce erronea applicazione della legge penale in relazione al riconoscimento del tentativo, essendosi trattato di un semplice sopralluogo per valutare la possibilità di eventuali furti in appartamenti.

Con un secondo motivo deduce mancanza della motivazione in relazione sia all’art. 129 c.p.p., che all’art. 530 c.p.p., comma 2.

Motivi della decisione

La prima questione prospettata, in fatto, non è deducibile in questa sede, a maggior ragione trattandosi di sentenza di applicazione della pena su richiesta.

Sul punto della mancanza di motivazione in ordine alla ricorrenza delle cause di non punibilità di cui all’art. 129 c.p.p., il ricorso è privo di specificità, in quanto articolato senza alcun riferimento ad evidenze concrete non valutate, e comunque manifestamente infondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, invero, la richiesta di patteggiamento è quantomeno un’ammissione del fatto, se non addirittura "una forma di ammissione di responsabilità" o un implicito riconoscimento di colpevolezza.

Sicchè l’accertamento contenuto in sentenza è solo sommario, in quanto il giudice può pronunciare il proscioglimento soltanto se risultino dagli atti elementi idonei a superare la presunzione di colpevolezza – che, evidentemente, il legislatore ha inteso ricollegare alla formulazione di una richiesta di applicazione della pena -, ovvero se manchi un quadro probatorio idoneo almeno a definire il fatto come reato.

La motivazione della sentenza di patteggiamento in ordine alla mancanza dei presupposti per l’applicazione dell’art. 129 c.p.p., può essere, pertanto, meramente enunciativa dell’effettuazione, con esito negativo, della verifica richiesta dalla legge e cioè che non ricorrono gli estremi per la pronuncia di sentenza di proscioglimento ai sensi di tale norma, nè, contrariamente all’assunto del ricorrente, occorre, di conseguenza, una motivazione in ordine all’inapplicabilità dell’art. 530 c.p.p., comma 2.

Adeguata ed esente da censure è pertanto la motivazione adottata nella specie, che, ad escludere l’applicabilità dell’art. 129 c.p.p., richiama i verbali di arresto, perquisizione e sequestro, le s.i.t. e le sostanziali ammissioni degli imputati.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile e a tale declaratoria conseguono le statuizioni di cui all’art. 616 c.p.p., determinandosi la somma in favore della cassa delle ammende, in ragione delle questioni dedotte, in Euro 1.500.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1500 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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