Cons. Stato Sez. VI, Sent., 28-12-2011, n. 6892

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso al Tribunale Amministrativo per il Lazio, sede di Roma, E. I. s.r.l. ("E.") impugnava la deliberazione 14 giugno 2006, n.15604, con la quale l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ("Antitrust" o "Autorità"):

a. ha accertato che le società petrolifere Eni s.p.a., E. I. s.r.l., K. P. I. s.p.a., S. I. s.p.a., S. I. A. s.r.l., T. I. s.p.a. e T. I. s.p.a., anche attraverso le imprese comuni H. s.r.l., P. s.r.l., R. s.r.l., R. s.r.l. (già Raf s.r.l.), D. s.p.a. e S. s.p.a, hanno realizzato un’intesa unica e complessa avente per oggetto la ripartizione del mercato di jet fuel, lo scambio di informazioni sensibili e l’impedimento all’ingresso di nuovi operatori, in violazione dell’art. 81 del Trattato UE;

b. ha intimato alle società di astenersi da condotte analoghe a quelle accertate;

c. ha imposto alle società interessate di definire entro il 30 giugno 2008 le iniziative atte ad eliminare la compresenza di più società petrolifere nel capitale sociale delle imprese comuni costituite fra di loro allo scopo di assicurare la piena autonomia gestionale di queste rispetto alle società madri ed impedire lo scambio di informazioni non strettamente indispensabile per l’operatività delle stesse;

d. ha deliberato a carico di ciascuna società l’applicazione di sanzione amministrativa pecuniaria in ragione della gravità e della durata dell’infrazione (per E. I. s.r.l. 66.690.000 euro).

2. Con sentenza 27 febbraio 2007, n. 1746, il Tribunale amministrativo del Lazio, Sezione Prima, in parziale accoglimento del ricorso annullava il provvedimento impugnato limitatamente alla disposizione di cui al punto c) del dispositivo, relativo all’obbligo di eliminare la compresenza di più società petrolifere nel capitale sociale delle imprese comuni.

3. Con la decisione in epigrafe questa Sezione respingeva gli appelli proposti rispettivamente da E. I. s.r.l. (5626/2007) e dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (5763/2007), previa riunione dei ricorsi.

4. Con il ricorso in epigrafe, rubricato al n. 7700/08, la E. I. s.r.l. chiede la revocazione della suddetta decisione, che sostiene essere inficiata da errore di fatto, e l’accoglimento dell’appello proposto avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio.

Si è costituita in giudizio la International Air Transport Association – I.A.T.A., in persona del legale rappresentante per l’Italia, chiedendo la declaratoria di inammissibilità ovvero il rigetto dell’appello.

All’udienza del 15 novembre 2011 la causa è stata assunta in decisione.

5. La ricorrente in revocazione sostiene che la decisione in epigrafe è inficiata da grave errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa e da omesse pronunce su proprie censure cardine, ed afferma che la sentenza si basa su circostanze di fatto che sono negate dai documenti di causa: in particolare, manca la prova dell’esistenza dell’unica e complessa intesa, presupposto del provvedimento impugnato.

Sostiene la ricorrente che l’Autorità ha assunto la determinazione contestata sulla base di episodi sporadici ed autonomi riconducibili ai singoli operatori economici, in assenza di prove sull’intesa comune.

In particolare, la ricorrente ritiene che la sentenza impugnata è viziata da errore di fatto nella parte in cui statuisce sulla dedotta violazione del principio del legittimo affidamento, derivato dalle autorizzazioni rilasciate dall’Autorità in sede di costituzione delle società comuni.

A tale riguardo, la ricorrente ebbe a contestare che l’Autorità era consapevole dell’entità e della tipologia delle informazioni scambiate, poiché le autorizzazioni furono rilasciate dietro esame degli atti costitutivi, statuti e patti parasociali delle società comuni, atti che ne affidavano l’amministrazione a tutte le società madri stabilmente e congiuntamente.

Aggiunge che tale modalità di amministrazione implicava uno scambio di informazioni prevedibile e fisiologico per lo svolgimento dell’attività.

La ricorrente sostiene che, al contrario, la sentenza impugnata ha affermato che l’amministrazione societaria risulta affidata a turno a ciascuno dei soci e che proprio sulla base di tale presupposto erroneo ha concluso nel senso che la ricorrente non può invocare il principio del legittimo (e tutelato) affidamento alla circolazione delle informazioni oggetto di contestazione, trattandosi di circolazione di informazioni non prevedibile al momento della costituzione delle società comuni.

La ricorrente precisa che l’errore riguarda una circostanza di fatto che risulta con immediatezza dagli atti e dai documenti di causa, mai contestata dall’Autorità.

Il motivo di revocazione non può essere accolto.

Il Collegio osserva qui che un tale elemento, a prescindere da ogni valutazione circa la sua erronea percezione e percettibilità da parte del giudice, comunque non costituiva presupposto decisivo della sentenza: il che rende il ricorso in esame senz’altro inammissibile ai sensi dell’art. 395, n. 4, Cod. proc. civ..

L’impostazione turnaria dell’avvicendamento nell’amministrazione delle società comuni non assume invero valore determinante per la decisione.

Un siffatto assetto infatti non esclude lo scambio di informazioni tra le società petrolifere e le società comuni; anzi lo ritiene, isolatamente considerato, compatibile con i principi della concorrenza.

La questione era altra, perché la sentenza afferma, piuttosto, che vi è stato un abuso dell’attività delle imprese comuni e delle informazioni per esse acquisite, concretizzato nella circostanza di uno scambio di dati sensibili utilizzato surrettiziamente con finalità restrittive della concorrenza.

Non risulta dunque che giudice abbia considerato essenziale ai fini della decisione la forma della modalità, turnaria o congiunta, con cui le società comuni sono state amministrate. Risulta, invece, che fra gli elementi acquisiti al giudizio ha ritenuto prevalente, e determinante, il fatto dello scambio di informazioni non strettamente necessario al funzionamento delle imprese comuni e finalizzato a tutelare gli interessi delle società madri.

Del pari, non risulta neanche enunciata in sentenza l’ulteriore (e pretesa erronea) conseguenza secondo cui una siffatta turnazione preclude l’invocato affidamento alla legittima circolazione di informazioni.

La sentenza infatti ha escluso un tale affidamento sulla base di elementi oggettivi e concreti, che in nessun modo erano correlati all’assetto (turnario) dell’amministrazione societaria (invero erroneo): questi erano considerati di per sé (e indipendentemente da quel profilo organizzativo) quali elementi sintomatici, chiari e concorrenti, di una concertazione anticoncorrenziale (v. pagg. 33, 3544, dove vengono portati esempi concreti del comportamento contestato dall’Autorità), indipendentemente da quell’assetto.

La decisione ha invero ritenuto accertato il fatto della sussistenza di un intenso scambio di informazioni sensibili tra le società petrolifere, avvenuto mediante l’impiego distorto delle società comuni; e ha dichiarato che dalle autorizzazioni rilasciate non poteva derivare un legittimo affidamento sulla liceità di futuri comportamenti, della cui illiceità le stesse società petrolifere hanno dimostrato di avere consapevolezza (v. p. 44).

6. Con il secondo motivo di revocazione, la ricorrente deduce che la sentenza è viziata da errore di fatto revocatorio per non avere il Collegio pronunciato sulla censura relativa alla carenza di prove quanto all’infrazione unica e complessa, e quanto alla responsabilità gravante sulla società E..

Essa afferma che il giudice ha esaminato singole e sporadiche vicende, non ascrivibili ad alcuna forma di cooperazione complessivamente considerata tra società petrolifere e comunque non imputabile alla ricorrente, in quanto non vi è prova che la E. abbia aderito ad un piano globale, che abbia partecipato direttamente a tutti gli elementi dell’intesa o che abbia avuto la consapevolezza di partecipare ad una collusione rientrante in un piano globale.

La censura non è condivisibile.

Con questa doglianza si domanda in realtà la rivalutazione di un punto controverso sul quale la sentenza si è espressamente pronunziata, e senza abbagli o erronee percezioni dei fatti: dal che l’inammissibilità ai sensi dell’art. 395, n. 4, Cod. proc. civ..

La sentenza impugnata, in effetti, vaglia compiutamente le condotte di esecuzione dell’intesa poste in essere dalle società petrolifere e risultanti dalle allegazioni processuali: in particolare, quelle relative alla distribuzione del mercato e alle pratiche ritorsive e alla concertazione delle gare; e dichiara che il valore probatorio degli elementi acquisiti non è limitato alle singole società, cui si riferiscono, ma è idoneo a confermare l’esistenza di una strategia collusiva complessiva, garantita di fatto con meccanismi ritorsivi, e ne riporta esempi concreti (v. pagg. 4548). Inoltre il giudice ha riconosciuto la E. direttamente responsabile di tali comportamenti (v. p. 45).

Quanto affermato dalla ricorrente non costituisce presupposto per la revocazione della decisione in epigrafe, in quanto risulta che il giudice ha pronunciato sul motivo dedotto ma in senso per lei sfavorevole.

Tale prospettazione non può quindi avere ingresso nel presente procedimento in quanto volta a provocare un terzo grado del giudizio.

7. La ricorrente in revocazione sostiene inoltre che la sentenza è inficiata da errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa avendole imputato, in qualità di titolare di strutture logistiche per lo stoccaggio e la messa a bordo del jet fuel, una condotta che impediva l’ingresso nel mercato del jet fuel agli operatori terzi e impediva loro di proporsi come fornitori alternativi e indipendenti rispetto alle società petrolifere interessate dal provvedimento dell’Autorità, tra cui la società E..

Essa afferma che la condotta escludente è stata accertata sulla base del fatto che la E., avendo una partecipazione maggioritaria (presupposto erroneo) sul capitale sociale della società comune S. s.p.a., ha impedito alla M. s.p.a. di accedere al sistema idrante dell’aeroporto di Fiumicino gestito appunto dalla società S..

Afferma, infine, la ricorrente che la E. non ha opposto alcuna barriera alla realizzazione di un programma di autoforniture voluto da A. per accedere direttamente all’approvvigionamento del carburante, mediante ricorso al mercato cargo.

La censura non può essere accolta.

Anche qui si domanda di rivalutare un punto controverso su cui la sentenza si è espressamente pronunziata senza abbagli o erronee percezioni dei fatti, e dunque è doglianza inammissibile ai sensi dell’art. 395, n. 4, Cod. proc. civ..

Il casi M. ed A., portati ad esempio concreto, sono stati in realtà presi in considerazione dal giudice e valutati come elementi sintomatici dell’esistenza di barriere all’ingresso nel mercato di settore, cioè come indizi ulteriori di riscontro dell’intesa su cui poggia l’accertamento (per quanto di loro non sufficienti e non decisivi per l’accertamento dell’infrazione contestata e della responsabilità ascritta alla ricorrente).

Infatti, per ciò che attiene la vicenda M., per il giudice ha assunto carattere prevalente non quanto detto, bensì la circostanza che la M. abbia avuto accesso alle infrastrutture della impresa comune S. soltanto dopo l’adozione del provvedimento dell’Autorità.

Non possono quindi ritenersi ammissibili gli assunti della ricorrente, che non si basano affatto sull’errore revocatorio dell’art. 395 Cod. proc. civ., ma vogliono solo il riesame nel merito della decisione. Di più, si tratta di argomenti con cui la ricorrente tenta una sorta di parcellizzazione del ragionamento che è a sostegno del provvedimento giurisdizionale per assumerne la debolezza, ma è comunque valutazione superata dalla disamina complessiva del contesto nel quale è stato assunto il provvedimento dell’Autorità.

8. Il ricorso deve, in conclusione, essere dichiarato inammissibile.

Le spese, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sul ricorso in revocazione n. 7700/08, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Condanna il ricorrente in revocazione al pagamento, in favore della controparte costituita, di spese ed onorari del giudizio, che liquida in complessivi Euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre agli accessori di legge se dovuti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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