Cass. pen. Sez. feriale, Sent., (ud. 15-09-2011) 23-11-2011, n. 43289

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.G. ricorre, tramite l’avv. Mauro Dezio, avverso la sentenza del 28-9-2010 della Corte d’Appello di Ancona, che, in conferma della sentenza del Tribunale di Macerata, sez. dist. di Civitanova Marche, in data 12-5-2004, lo ha ritenuto responsabile del furto aggravato dalla violenza alle cose, di capi d’abbigliamento del valore di circa 50 milioni di L., sulla base del ritrovamento delle sue impronte digitali sulla porta del negozio, in prossimità dei segni di effrazione.

Con unico motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione sia sotto il profilo dell’insufficienza dei 32 punti di coincidenza, riscontrati nella specie, a dar prova dell’appartenenza delle impronte, avendo recenti studi americani accertato che l’immagazzinamento dei dati dattiloscopici in un sistema tipo Afis può dare luogo ad errori, sia sotto il profilo del mancato collegamento dell’impronta al tempo in cui essa era stata lasciata, non potendo escludersi che essa fosse stata lasciata in momento diverso dalla commissione del reato.

Il ricorrente si duole poi della mancata concessione delle generiche, che comporterebbe la prescrizione del reato, e della mancata motivazione del rigetto delle istanze difensive in ordine alla quantificazione della pena.

Si chiede quindi l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

Esaminando preliminarmente, in ordine logico, l’eccezione, formulata in sede di discussione, di prescrizione del reato sull’assunto dell’applicabilità della normativa vigente – dovendo il procedimento considerarsi non ancora pendente in grado di appello all’epoca di entrata in vigore di tale normativa, in quanto Iscritto successivamente -, si osserva che la pendenza in secondo grado è determinata dalla pronuncia della sentenza di condanna di primo grado, che se, come nella specie, antecedente all’entrata in vigore della nuova normativa, vale ad escludere l’applicazione retroattiva delle norme più favorevoli (Cass. 8455/2011, 8983/2009, 42043/2010).

Le censure dedotte con il ricorso sono inammissibili sotto vari profili.

Del tutto generico è l’assunto della possibilità di errori connessi all’immagazzinamento dei dati dattiloscopici in sistemi tipo Afis, per di più a fronte della corrispondenza di trentadue punti tra le impronte rilevate sul luogo del furto e quelle dell’imputato, mentre anche sedici, secondo consolidato indirizzo giurisprudenziale di questa corte (Cass. 18682/2008, 4254/1989), sono ritenuti idonei ad assumere valore probatorio, pur in assenza di elementi sussidiari di conferma.

Sono poi manifestamente infondate le censure dedotte sotto il profilo dell’asserito difetto di collegamento dell’impronta al tempo in cui la stessa era stata lasciata, non necessariamente coincidente, secondo la doglianza in esame, con la circostanza del furto.

Si tratta infatti di quaestio facti non deducibile in questa sede, ed essendo comunque onere dell’imputato, tra l’altro residente a Napoli, mentre il furto è stato commesso a (OMISSIS), fornire la contraria dimostrazione (Cass. 792/1988).

Sul punto del trattamento sanzionatorio, le doglianze costituiscono riproposizione di questioni già sollevate e adeguatamente valutate dalla corte territoriale, richiamando i numerosi precedenti e l’assenza di circostanze positivamente valutabili, a sostegno del diniego di attenuanti generiche, e la gravità del fatto e del danno cagionato, a giustificazione dell’entità della pena.

Il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile e a tale declaratoria conseguono le statuizioni di cui all’art. 616 c.p.p..

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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