Cons. Stato Sez. VI, Sent., 28-12-2011, n. 6882 Riassunzione in servizio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Il Ministero dell’interno impugna la sentenza 22 luglio 2005 n. 10217 del Tribunale amministrativo regionale della Campania, sede di Napoli, che decidendo sui ricorsi RG n. 302/2004 e RG n.13730/2004 proposti dal signor G. T., agente della Polizia di Stato, li ha accolti previa riunione ed ha disposto l’annullamento degli atti impugnati.

Il T. era stato destituito dal servizio in conseguenza di una condanna per peculato; in esito all’annullamento giurisdizionale della destituzione, la sua riammissione in servizio era stata condizionata dalla Amministrazione datoriale agli esiti della visita medica ed attitudinale, cui lo stesso era stato avviato.

Con il primo dei ricorsi indicati era impugnato il decreto del Capo della Polizia del 29 agosto 2003 recante l’avvio a visita medica del T. all’atto della sua riassunzione in servizio, nonché le risultanze della visita medica, all’esito della quale era stata accertata la sua inidoneità attitudinale al servizio; con il secondo ricorso era stato impugnato il decreto del Capo della Polizia, recante l’annullamento delle delibere adottate nel corso della seduta del 24 giugno 1998 con le quali era stata concessa al ricorrente una lode per il servizio svolto, nonché gli atti connessi.

2. Nella gravata sentenza il Tar ha rilevato che la sottoposizione del T. a visita medica in funzione propedeutica alla sua riammissione in servizio non poteva ritenersi legittima, sia in considerazione del difetto di correlazione tra i fatti che diedero origine alla destituzione e la necessità di accertare la salute psicofisica dell’agente di polizia, sia in ragione della carenza motivazionale del provvedimento, nel quale non erano state evidenziate le specifiche esigenze sottese al nuovo accertamento tecnico, vieppiù necessarie stante il breve lasso temporale intercorso tra la destituzione e la riassunzione. Quanto al secondo ricorso, i giudici di primo grado hanno ritenuto fondato ed assorbente il motivo afferente la omessa comunicazione di avvio del procedimento di annullamento d’ufficio del provvedimento attributivo della lode ed hanno conseguentemente disposto, in accoglimento del ricorso, l’annullamento anche di tale atto tutorio.

3 Impugna la sentenza il Ministero dell’interno adducendo, a fondamento dell’appello, anzitutto la diuturna possibilità per l’Amministrazione di verificare in capo ai propri dipendenti la permanenza dei requisiti psicofisici ed attitudinali per l’espletamento del servizio; in secondo luogo, l’appellante Amministrazione assume che l’annullamento della delibera di concessione della lode non sarebbe stato adottato in esito ad un procedimento di secondo grado, non essendosi mai concluso il procedimento di attribuzione della lode a mezzo della adozione dell’atto terminale della sequela da parte del Capo della Polizia. In ogni caso, l’appellante ministero rileva che ai sensi dell’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990 il provvedimento amministrativo non è annullabile ove l’Amministrazione dimostri in giudizio, come appunto nel caso di specie, che lo stesso non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Si è costituito in giudizio l’appellato per resistere al ricorso e per chiederne la reiezione.

All’udienza del 6 dicembre 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

4. L’appello è solo parzialmente fondato.

4.1 Quanto alla prima censura d’appello, riguardante la possibilità per l’Amministrazione di sottoporre a visita medica ed a verifica di idoneità al servizio i propri dipendenti, il Collegio osserva che la stessa va disattesa.

La questione è stata di recente approfondita dal Consiglio di Stato nel parere del 4 ottobre 2010 reso dalla Commissione speciale su richiesta dello stesso Ministero dell’interno in ordine all’interpretazione dell’art. 2 del d.m. 30 giugno 2003 n. 198 in tema di giudizio di idoneità al servizio di polizia. Dopo aver premesso che dalla lettera della legge (in particolare, art. 25, secondo comma, della legge 1 aprile 1981 n. 121) si desume che il giudizio di idoneità al servizio va espresso in modo unitario (e cioè sia con riferimento ai requisiti psicofisici sia con riguardo a quelli attitudinali), questo Consiglio di Stato ha precisato che dalla formulazione letterale dell’art. 2 del d.m. n. 198 del 2003 (recante il Regolamento concernente i requisiti di idoneità fisica, psichica e attitudinale di cui devono essere in possesso i candidati ai concorsi per l’accesso ai ruoli del personale della Polizia di Stato e gli appartenenti ai predetti ruoli) si ricava altresì che detti requisiti non vanno necessariamente accertati una volta per tutte all’atto di assunzione in servizio, avendo l’Amministrazione sempre la possibilità di verificare la sussistenza dei requisiti psicofisici ed attitudinali dei propri dipendenti, anche nel caso in cui la riassunzione costituisca attività esecutiva rispetto ad un giudicato di annullamento formatosi sull’atto destitutorio vittoriosamente impugnato dall’interessato. In presenza di un giudicato di riammissione, tuttavia, occorrerà una motivazione esauriente sia sulle ragioni che inducono a rinnovare il controllo sul possesso dei requisiti di servizio, sia evidentemente sulle eventuali ragioni che inducono l’amministrazione a formulare un giudizio di inidoneità al servizio.

Dalle conclusioni espresse in detto parere non si ravvisano nel caso di specie plausibili ragioni per discostarsi. In applicazione dei richiamati principi di diritto al caso oggetto di causa va pertanto osservato che l’Amministrazione, nel disporre l’avvio a visita dell’appellato, avrebbe dovuto motivare sulle specifiche esigenze sottese a tale nuova iniziativa, tenuto conto del non lungo lasso temporale decorso tra la destituzione e la riammissione in servizio (circa 20 mesi) e la non correlazione, già evidenziata dai giudici di primo grado, tra i fatti (pur gravi) ascritti all’odierno appellato in sede penale e la necessità di sottoporre lo stesso a verifica di idoneità al servizio in relazione ai profili psicofisici ed attitudinali. L’Amministrazione non ha al contrario adempiuto a tale onere motivazionale, che era ancor più cogente nel caso in esame proprio in considerazione del fatto che la sottoposizione a visita del T. non doveva apparire come un tentativo di eludere l’obbligo della sua riammissione in servizio. Per tale parte dunque l’appello va respinto, dovendo trovare conferma sul punto la impugnata sentenza.

4.2 Venendo alla seconda censura, con la quale è stata evidenziata la erroneità della impugnata sentenza per aver ritenuto sussistente la violazione dell’istituto della partecipazione procedimentale in sede di ritiro della "lode" concessa all’agente di polizia T., osserva il Collegio che la stessa merita condivisione. Quale che sia la natura dell’atto con il quale detto ritiro si è in concreto formalizzato va senz’altro ritenuta applicabile nella specie la disposizione di cui all’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990 che inibisce l’annullamento dell’atto amministrativo per violazione delle regole sulla comunicazione di avvio del procedimento quante volte resti dimostrato in giudizio che l’apporto procedimentale dei destinatari della comunicazione omessa non avrebbe potuto modificare il contenuto dispositivo dell’atto. Ritiene il Collegio che la permanenza del beneficio della "lode" nello stato curriculare dell’odierno appellato sia talmente inconciliabile, sul piano logico prima che su quello giuridico, con il disdoro derivante (all’agente come anche alla Amministrazione di appartenenza) da una condanna penale per peculato che l’atto di ritiro del beneficio abbia tutti gli elementi dell’atto dovuto, rispetto al quale ben poco avrebbe potuto addurre l’interessato in sede procedimentale (ove anche fosse stato ritualmente invitato a parteciparvi) al fine di orientare diversamente l’Amministrazione.

Per quest’ultima parte va dunque accolto il ricorso in appello, con la consequenziale riforma parziale della impugnata sentenza ed il rigetto sul punto del ricorso di primo grado del T..

5 Le spese di lite del presente grado di giudizio possono essere compensate tra le parti, anche in considerazione della reciproca soccombenza parziale.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) definitivamente pronunciando sull’appello (RG n. 9017/06), come in epigrafe proposto, in parte lo respinge ed in parte lo accoglie,

nei sensi e limiti di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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