Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 16-11-2011) 24-11-2011, n. 43651

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

R.C.O.E. ricorre personalmente avverso la sentenza 28 ottobre 2010 della Corte di appello di Milano, che ha confermato la sentenza 30 novembre 2009 del Tribunale di Monza, di condanna alla pena di mesi 7 di reclusione per il delitto di resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, deducendo vizi e violazioni -nella motivazione nella decisione impugnata- nei termini critici che verranno ora riassunti e valutati.

I motivi di impugnazione e le ragioni della decisione di questa Corte.

Con un primo motivo di impugnazione viene dedotta inosservanza ed erronea applicazione della legge, nonchè vizio di motivazione sotto il profilo dell’affermazione di responsabilità per i reati ascritti, ottenuta dai giudici di merito dando aprioristico credito alla versione dei fatti proposta dai pubblici ufficiali, senza tener conto delle difformità tra le diverse ricostruzioni e senza tener conto delle lesioni subite dall’imputato (frattura allo sterno). Inoltre, nell’ambito dello stesso motivo, si lamenta l’illegittimità dell’arresto che sarebbe stato operato, considerato che il ricorrente non aveva in alcun modo impedito la sua identificazione.

Con un secondo motivo si lamenta la sussistenza di una legittima reazione alla condotta dei pubblici ufficiali che non avevano alcun motivo per portare il ricorrente negli uffici di Polizia, con conseguente realizzazione di un atto arbitrario che scriminerebbe la condotta posta quindi in essere D.Lgs.Lgt. n. 288 del 1944, ex art. 4.

Entrambi i motivi sono inammissibili per ì profili di genericità che li contraddistinguono.

E’ infatti pacifica giurisprudenza di questa Corte che il ricorso per cassazione i cui motivi – come avvenuto nella specie- si siano limitati ad enunciare ragioni ed argomenti già illustrati ed esaminati dalla corte distrettuale ed in modo disancorato dalla motivazione che è stata espressa nel provvedimento impugnato (cass. pen. sez. 6, 22445/2009), va considerato inammissibile.

Nella vicenda risulta, invero, che la corte distrettuale ha chiaramente indicato le ragioni della maggior ragionevole affidabilità della versione sui fatti, data dai pubblici ufficiali, nonchè la non arbitrarietà degli atti posti in essere dalla Polizia giudiziaria, in relazione alla necessità di una diversa e compiuta identificazione dei cittadini extracomunitari che, con la loro "lite", avevano determinato l’intervento della forza pubblica.

A tali giustificazioni il ricorso si limita a riproporre le identiche censure dell’atto di gravame, con ciò venendo meno all’obbligo di specificità, stabilito dal combinato disposto dell’art. 581 c.p.p., comma 1, lett. c) e art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c). Il ricorso quindi va dichiarato inammissibile. All’inammissibilità del ricorso stesso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende che si stima equo determinare in Euro 1000,00 (mille).

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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