Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-11-2011) 24-11-2011, n. 43334

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 27.4.2010, il G.U.P. del Tribunale di Pescara dichiarò M.V. responsabile del reato di rapina aggravata e -concesse le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti ed alla recidiva con la diminuente per il rito – lo condannò alla pena di anni 2 di reclusione ed Euro 400,00 di multa.

Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame ma la Corte d’appello dell’Aquila, con sentenza in data 21.1.2011, confermò la decisione di primo grado.

Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo:

1. violazione di legge in relazione al mancato proscioglimento dell’imputato in quanto mancherebbe del tutto la prova di colpevolezza;

2. violazione di legge in relazione al giudizio di equivalenza fra la recidiva e le attenuanti generiche in quanto la recidiva avrebbe potuto non essere ritenuta;

3. vizio di motivazione in relazione al travisamento del fatto emergente dal testo del provvedimento impugnato.

Motivi della decisione

Il primo ed il terzo motivo di ricorso sono inammissibili per violazione dell’art. 591, lett. c), in relazione all’art. 581 cod. proc. pen., lett. c) perchè le doglianze sono prive del necessario contenuto di critica specifica al provvedimento impugnato, le cui valutazioni, ancorate a precisi dati fattuali (confessione, dichiarazioni testimoniali ed individuazione fotografica) trascurati nell’atto di impugnazione, si palesano peraltro immuni da vizi logici o giuridici.

In particolare nessuna specifica indicazione è svolta in ordine alla motivazione della sentenza impugnata ed al fatto specifico, ma i motivi sono riferibili a qualunque vicenda.

Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.

La Corte territoriale ha motivato specificamente in ordine alla reiterazione di un reato della stessa indole a breve tempo dalla precedente condanna per furto con strappo.

Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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