Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 15-11-2011) 24-11-2011, n. 43331 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

In parziale riforma della sentenza di condanna, pronunciata il 12 febbraio 2009 dal Tribunale di Genova nei confronti di L. V., L.R., L.B.S. e S.A.M. J. per i reati di cui all’art. 81 cpv. cod. pen. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, la Corte d’appello di Genova, con sentenza 28.9.2009, dichiarò non doversi procedere nei confronti della L. B. per morte dell’imputata e rigettò le impugnazioni degli altri imputati, previa qualificazione come delitto consumato del tentativo ( art. 56 c.p. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73) contestato a L.V. sotto il capo g) dell’imputazione.

Contro la decisione proposero ricorso per cassazione L. V. e S.A.M.J..

L. denunciava, innanzitutto, la nullità della sentenza per indecifrabilità grafica della sciatta sentenza manoscritta, invocando il principio di diritto affermato da questa Corte, a sezioni unite, con sentenza n. 42363/2006 del 28.11.2006. Con il secondo motivo, ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. c), deduceva violazione degli artt. 516 e 521 c.p.p. e nullità della sentenza per inosservanza del principio di correlazione tra imputazione e sentenza, con riferimento al capo g) dell’imputazione. Censurava, infine, la mancanza di motivazione sulla diversa qualificazione giuridica del fatto contestato sub g), sul mancato riconoscimento dell’attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, sulla mancata esclusione della recidiva e sulla mancata riduzione della pena.

La Corte Suprema di cassazione, Sezione 6^ penale, con sentenza in data 14.5.2010, ritenne fondato ed assorbente il secondo motivo di ricorso, avendo la Corte d’appello mutato la qualificazione giuridica (da tentativo in reato consumato) del fatto contestato sotto capo g), con violazione della regola sul contraddittorio, non risultando che – prima della pronuncia del dispositivo della sentenza – la questione fosse mai stata portata a conoscenza dell’imputato nè per iniziativa del Pubblico Ministero (che non adottò neppure le sue conclusioni in udienza) nè per illustrazione del giudice.

La Corte di legittimità ritenne altresì fondato il ricorso della S. in relazione alla mancanza di motivazione in punto di pena.

La Corte di cassazione annullò pertanto la sentenza impugnata nei confronti di L.V., nonchè, limitatamente al trattamento sanzionatorio, nei confronti di S.A.M. Y. e rinviò, per nuovo giudizio, ad altra sezione della Corte d’appello di Genova.

La Corte d’appello di Genova, Sezione 2^ penale, quale giudice di rinvio, con sentenza in data 30.11.2010, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riconosciute a L. le attenuanti generiche equivalenti alla recidiva determinò la pena in anni 4 mesi 5 e giorni 10 di reclusione ed Euro 20.000,00 di multa, sostituendo all’interdizione perpetua dai pubblici uffici quella per anni 5.

Ridusse altresì la pena per la S..

Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato L.V. deducendo:

1. violazione di legge e vizio di motivazione in quanto la Corte territoriale non avrebbe preso in considerazione le doglianze svolte nei motivi di appello circa la non configurabilità del tentativo nel delitto di acquisto di sostanze stupefacenti, trattandosi di reato di pericolo a consumazione anticipata e la inidoneità del compendio storico e delle argomentazioni a sostenere l’affermazione di responsabilità, stante il tenore equivoco delle conversazioni intercettate e trascurando che se davvero gli imputati avessero voluto acquistare la droga ciò sarebbe avvenuto all’interno dell’abitazione;

2. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, con conseguente conversione della pena, semplicemente in base ad un dato quantitativo che non sarebbe ostativo all’applicazione di tale disposizione, omettendo di motivare in relazione alle altre ipotesi contestate ed in contrasto con la concessione delle attenuanti generiche.

Motivi della decisione

Il primo motivo di ricorso è infondato.

La giurisprudenza di questa Corte si è divisa fra un orientamento che ritiene che per aversi reato consumato di acquisto di sostanze stupefacenti o psicotrope D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ex art. 73, comma 1, non basta l’accordo verbale tra le parti, ma è necessaria l’effettiva "traditio" della sostanza dal venditore all’acquirente o fra persone di rispettiva fiducia, sicchè il mero accordo integrerebbe il tentativo (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 10460 in data 1.6.1998 dep. 6.10.1998 rv 212649) ed un orientamento secondo il quale, ai fini della consumazione del delitto di acquisto e di cessione di sostanza stupefacente ( D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73), non occorre che la droga sia materialmente consegnata all’acquirente, ma è sufficiente che si sia formato il consenso delle "parti" sulla quantità e qualità della sostanza e sul prezzo della stessa (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18368 del 9.12.2003 dep. 21.4.2004 rv 229230).

Appare quindi infondata la tesi contenuta nel ricorso secondo la quale, trattandosi di reato di pericolo, nell’ipotesi di acquisto non sia configurabile il tentativo.

Le altre doglianze svolte nel primo motivo sono del pari infondate e si risolvono in censure di merito, dal momento che la Corte territoriale ha ravvisato la realizzazione di un accordo sulla base delle conversazioni intercettate.

E’ possibile prospettare in sede di legittimità una interpretazione del significato di una intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito soltanto in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale, e la difformità risulti decisiva ed incontestabile. (Cass. Sez. 2^ sent. n. 38915 del 17.10.2007 dep. 19.10.2007 rv 237994).

Nel caso di specie vengono dedotte ipotesi alternative, sulla scorta della presenza nell’abitazione, non consentite in questa sede.

E’ inoltre giurisprudenza consolidata di questa Corte che, nella motivazione della sentenza, il giudice di merito non è tenuto a compiere un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni e risultanze, spieghi, in modo logico e adeguato, le ragioni che hanno determinato il suo convincimento, dimostrando di aver tenuto presente ogni fatto decisivo; nel qual caso devono considerarsi implicitamente disattese le deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione adottata, (in questo senso v. Cass. Sez. 4 sent. n. 1149 del 24.10.2005 dep. 13.1.2006 rv 233187). Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato. La Corte territoriale ha effettuato una valutazione globale della vicenda, uniformandosi all’orientamento di questa Corte secondo il quale, in materia di stupefacenti, ai fini della circostanza attenuante di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5, solo una valutazione complessiva di tutte le componenti oggettive e soggettive dell’azione può consentire in concreto un giudizio di lieve entità del fatto, ma va in particolare considerata il dato ponderale che anche da solo, se negativamente apprezzato, può determinare l’esclusione dell’attenuante. (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 9082 del 19.9.1996 dep. 11.10.1996 rv 206098).

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *