T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 28-12-2011, n. 10280

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con ricorso notificato all’Amministrazione in epigrafe in data 1° settembre 2011 e depositato il successivo 26 settembre, espone la ricorrente, in atto cittadina cinese, di avere presentato richiesta di visto turistico al Consolato Generale d’Italia in Shangai insieme al marito, al figlio ed alla nuora e di essersi vista rigettare la richiesta, unitamente ai suoi figli con la stessa motivazione "le informazioni fornite per giustificare lo scopo e le condizioni del soggiorno previsto non sono attendibili".

La ricorrente rappresenta che a giustificazione della visita ha prodotto la lettera di ospitalità delle figlia, che appunto si trova in Italia, dal cui tenore si evince che lo scopo era unicamente di visitare il nipote. Ha prodotto pure la prenotazione dei biglietti di andata e ritorno; sostiene di essere titolare di una rendita non indifferente, in quanto proprietaria di numerosi negozi di abbigliamento nella regione dello Zhejiang, che le conferiscono un sufficiente reddito in Patria; ha prodotto pure la polizza fideiussoria e la situazione patrimoniale della figlia che a S. Angelo di Piove di Sacco si occupa di confezioni ed ha un reddito di E. 40.000,00.

2. Avverso il diniego di visto oppone due censure:

2.1 Violazione e falsa applicazione di norme di legge e di principi generali dell’ordinamento (art. 5 del Trattato di Schengen) art. 5, comma 1 lett. c) regolamento CE 526/2006; art. 4, comma 3 D.Lgs. n. 286/1998; art. 5, comma 6 del d.P.R. n. 394 del 1999; direttiva del Ministero Interno 1° marzo 2000; D.M. esteri 12 luglio 2000: art. 21 octies, comma 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e 4, comma 2 del d.lgs. n. 286/1998; art. 10 bis legge n. 241 del 1990;

2.2 Eccesso di potere per omissione o difetto di istruttoria, assenza di motivazione pur non sussistendo motivi (anche di sicurezza e di ordine pubblico), per il diniego e sviamento di potere per mancato rilascio del visto di ingresso in presenza di tutti i requisiti di legge.

Sostanzialmente la ricorrente lamenta che il diniego è frutto di formule stereotipate e generiche; non rispetta la previsione normativa stante la quale il visto può essere rilasciato quando lo straniero dimostra di essere in possesso di idonea documentazione, anche atta a dimostrare le finalità del viaggio, esattamente come effettuato dall’interessata. Sotto questo profilo il visto non appare idoneamente motivato.

La ricorrente conclude per l’accoglimento dell’istanza cautelare e del ricorso.

3. L’Amministrazione si è costituita in giudizio con compiuta relazione, rassegnando opposte conclusioni, ponendo in rilievo il rischio migratorio relativo alla ricorrente, ma soprattutto relativo ai suoi accompagnatori ed in particolare al figlio che aveva già in passato tentato di recarsi in Italia, pur essendo segnalato alla polizia cinese e quale pericolo per l’ordine pubblico e/o immigrazione.

4. Alla Camera di Consiglio del 20 ottobre u.s. il Collegio ha tuttavia ritenuto di disporre un’istruttoria proprio con riferimento alla posizione della madre, attuale ricorrente, valorizzando quanto apportato in ricorso in ordine al possesso dei requisiti da parte della sola interessata, che ultrasettantenne, non è apparsa a rischio migratorio anche per le rilevate condizioni economiche asseritamente possedute dalla stessa in patria e sulle quali l’Amministrazione non ha riferito nulla.

5. Alla Camera di Consiglio odierna il ricorso è stato trattenuto per la decisione in forma semplificata, avuto riguardo alla eseguita istruttoria, che non consente di accoglierlo.

6. a. In ordine alle ragioni della visita della ricorrente, l’Amministrazione ha posto in rilievo che se lo scopo del viaggio era conoscere il nipote nato e cresciuto in Italia (pag. 2 del ricorso) la circostanza non corrispondeva al vero atteso che il giovane, oramai venticinquenne, era nato nello Zhejiang in Cina dove era vissuto fino all’età di 11 anni, per poi ottenere un visto dal Consolato Generale per ricongiungersi alla madre che lavorava in Italia.

b. La ricorrente ha esibito la "copia" della polizza fideiussoria che la propria figlia aveva contratto in suo favore con la Carige Assicurazioni, ciò poteva far presumere che, come per legge, la ricorrente fosse in possesso dell’originale della polizza, mentre l’interessata, richiestane, non era in grado di esibire l’originale ma solo una fotocopia della medesima. Per di più la polizza fideiussoria, accesa dalla figlia della ricorrente, che lavora in Piove di Sacco, è stata rilasciata dalla Agenzia 380 di Torre del Greco e, richiestane di fornire spiegazioni all’uopo, l’interessata non è stata in grado di fornirne.

c. La ricorrente ha esibito sì una assicurazione sanitaria a copertura di E.30.000, 00 per spese sanitarie, ma questa non comprende anche le spese di rimpatrio ed anche questa polizza risulta emessa a Napoli.

d. Quanto alle condizioni economiche godute in patria dalla ricorrente, la stessa, mentre in ricorso ha dichiarato di "essere proprietaria con il marito di numerosi negozi di abbigliamento nella regione dello Zhejiang" al Consolato Generale ha dichiarato di essere pensionata, senza però riuscire a dimostrare il possesso di un titolo pensionistico. L’unico documento dal quale si può desumere la condizione economica della stessa in Cina consisteva nella fotocopia di un documento da cui si poteva dedurre che la medesima, in comproprietà con il marito, possiede un immobile di cui non si possono, però, determinare con certezza i dati ed i valori catastali.

Da tale elemento non si può configurare con certezza un reale interesse della ricorrente a fare ritorno in patria.

e. Anche in ordine al biglietto di andata e ritorno l’Amministrazione degli esteri ha avuto modo di osservare che la ricorrente con la sua famiglia, pur essendo invitata per il colloquio con il Consolato in data 23 giugno 2011, in realtà aveva prenotato il biglietto di andata e ritorno da tre giorni prima, mentre semmai avrebbe dovuto prenotarlo per date successive al colloquio e soprattutto conosciutone l’esito.

7. Di conseguenza non risultando sufficientemente dimostrato il possesso dei requisiti di legge, per come contestato fondatamente dalla resistente amministrazione degli esteri, cadono tutte le censure proposte sia in ordine al mancato rispetto delle norme che quei requisiti prevedono, sia in ordine al difetto di motivazione e di istruttoria dedotti.

E’ inoltre da rilevare che, seppure rubricato, il motivo di doglianza relativo al mancato preavviso di provvedimento negativo non è stato articolato. Al riguardo è tuttavia da rilevare che la giurisprudenza equipara l’art. 10 bis all’art. 7 della legge n. 241 del 1990 ai fini dell’annullamento in giudizio del provvedimento che sia inficiato dalla eventuale mancanza dell’uno o dell’altro, con la conseguenza che atteso il carattere vincolato dei provvedimenti di diniego di visto, essi non possono essere annullati per difetto nel preavviso di provvedimento negativo o nella comunicazione di avvio del procedimento, quando l’Amministrazione dimostra in giudizio che il provvedimento non avrebbe potuto essere diverso (TAR Lazio, sez. I quater, 21 gennaio 2011, n. 620 e 22 dicembre 2010, n. 38201), come è accaduto nel caso in esame, a seguito della compiuta istruttoria.

8. Per le superiori considerazioni il provvedimento va trovato scevro dalle dedotte censure e, pertanto, il ricorso non può che essere rigettato.

9. Le spese esse seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente C.L. al pagamento di Euro 750,00 per spese di giudizio ed onorari a favore del Ministero degli Affari Esteri.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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