Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 06-06-2012, n. 9153 Commercianti Contributi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza depositata il 24.11.06 la Corte d’Appello di Brescia rigettava il gravame interposto da P.M. contro la pronuncia (emessa a seguito di contraddittorio instaurato nei confronti dell’INPS, della Bergamo Esattorie S.p.A. e della S.C.CI, S.p.A.) con cui il 3.5.05 il Tribunale di Bergamo aveva respinto l’opposizione alla cartella esattoriale con cui l’INPS reclamava nei confronti del P. medesimo il pagamento di Euro 10.720,02 quali contributi relativi alla gestione commercianti per il periodo 1997-2001.

Statuivano a riguardo i giudici del merito che dall’istruttoria testimoniale era emerso che l’opponente, socio di maggioranza e amministratore unico della CHI-O-MED S.r.l., svolgeva, oltre all’attività di amministratore unico, attività prevalente di socio lavoratore – sia pure in posizione apicale – e che, perciò, era fondata la pretesa dell’INPS di iscrizione del P. nell’elenco degli esercenti attività di commercio, con assoggettamento alla relativa contribuzione del solo reddito da lui percepito come socio lavoratore, reddito che rappresentava la remunerazione del lavoro personale che egli svolgeva in via autonoma nell’impresa.

Per la cassazione di tale sentenza ricorre il P. affidandosi ad un solo motivo.

Resiste con controricorso l’INPS. La S.p.A. Equitalia Bergamo (già Bergamo Esattorie S.p.A.) è rimasta intimata.

Motivi della decisione

1- Con unico motivo di ricorso il P. lamenta violazione degli artt. da 2380 a 2396 e, segnatamente, dell’art. 2384 c.c., nonchè del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 49, comma 5, D.Lgs. n. 276 del 2003, 61, L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203 e L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, laddove la Corte territoriale ha ritenuto che l’attività di amministratore unico sia solo di indirizzo generale e che, di conseguenza, le concrete attività quotidianamente svolte dal ricorrente all’interno della propria piccola impresa siano di socio lavoratore in posizione apicale, figura non riconosciuta da alcuna norma dell’ordinamento; in tal modo – prosegue il ricorrente – l’impugnata sentenza non ha tenuto conto del disposto dell’art. 2384 c.c. – secondo il quale gli amministratori di società possono compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale, fatte salve eventuali limitazioni previste dall’atto costitutivo o dalla legge – e della conforme giurisprudenza di questa S.C..

2- Il motivo è infondato.

Recita la L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203: "La L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 29, comma 1, è sostituito dal seguente:

"L’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali di cui alla L. 22 luglio 1966, n. 613, e successive modificazioni ed integrazioni, sussiste per i soggetti che siano in possesso dei seguenti requisiti: a) siano titolari o gestori in proprio di imprese che, a prescindere dal numero dei dipendenti, siano organizzate e/o dirette prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti la famiglia, ivi compresi i parenti e gli affini entro il terzo grado, ovvero siano familiari coadiutori preposti al punto di vendita;

b) abbiano la piena responsabilità dell’impresa ed assumano tutti gli oneri ed i rischi relativi alla sua gestione. Tale requisito non è richiesto per i familiari coadiutori preposti al punto di vendita nonchè per i soci di società a responsabilità limitata;

c) partecipino personalmente al lavoro aziendale con carattere di abitualità e prevalenza;

d) siano in possesso, ove previsto da leggi o regolamenti, di licenze o autorizzazioni e/o siano iscritti in albi, registri o ruoli".

Prevede, poi, il comma 208 dello stesso art. 1 che "Qualora i soggetti di cui ai precedenti commi esercitino contemporaneamente, anche in un’unica impresa, varie attività autonome assoggettabili a diverse forme di assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, sono iscritti nell’assicurazione prevista per l’attività alla quale gli stessi dedicano personalmente la loro opera professionale in misura prevalente. Spetta all’Istituto nazionale della previdenza sociale decidere sulla iscrizione nell’assicurazione corrispondente all’attività prevalente. Avverso tale decisione, il soggetto interessato può proporre ricorso, entro 90 giorni dalla notifica del provvedimento, al consiglio di amministrazione dell’Istituto, il quale decide in via definitiva, sentiti i comitati amministratori delle rispettive gestioni pensionistiche".

A sua volta, la norma di interpretazione autentica contenuta nel D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11, convertito, con modificazioni, in L. n. 122 del 2010, statuisce che la cit. L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 208, si interpreta nel senso che le attività autonome per le quali opera il principio di assoggettamento all’assicurazione prevista per l’attività prevalente sono quelle esercitate in forma d’impresa dai commercianti, dagli artigiani e dai coltivatori diretti, i quali vengono iscritti in una delle corrispondenti gestioni dell’INPS, mentre restano esclusi dall’applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 208, i rapporti di lavoro per i quali è obbligatoriamente prevista l’iscrizione alla gestione previdenziale di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26.

Con sentenza 8.8.11 n. 17076 le S.U. di questa S.C. hanno statuito che il D.L. n. 78 del 2010, cit. art. 12, comma 11 costituisce norma dichiaratamente ed effettivamente di interpretazione autentica, diretta a chiarire la portata della disposizione interpretata e, pertanto, non è, in quanto tale, lesiva del principio del giusto processo di cui all’art. 6 CEDU, trattandosi di legittimo esercizio della funzione legislativa garantita dall’art. 70 Cost..

Si tratta di giurisprudenza – cui va data continuità – da ultimo avallata anche da Corte cost. n. 15/2012, che ha riconosciuto la legittimità costituzionale di tale norma di interpretazione autentica in riferimento all’art. 3 Cost., art. 24 Cost., comma 1, art. 102 Cost., art. 111 Cost., comma 2 e art. 117 Cost., comma 1, in relazione all’art. 6 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.

Nel caso di specie, non è controverso che l’odierno ricorrente sia socio (di maggioranza) e amministratore unico della CHI-O-MED S.r.l. e che sia iscritto alla gestione separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26.

E’ altrettanto pacifico che egli svolge la propria attività di amministratore unico partecipando personalmente al lavoro aziendale, con caratteri di abitualità e prevalenza: lo ha accertato l’impugnata sentenza e il ricorrente non lo contesta.

Ciò vuoi dire che, ai sensi della summenzionata norma di interpretazione autentica contenuta nella D.L. n. 78 del 2010, art. 12, comma 11, il suo caso resta escluso dall’applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 208, mentre rientra in quello di cui al precedente comma 203, lett. c), relativo all’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali di cui alla L. 22 luglio 1966, n. 613, e successive modificazioni ed integrazioni.

In altre parole, gli si applica non il regime contributivo dell’attività prevalente, bensì quello della doppia iscrizione a forme diverse di assicurazione, fra loro compatibili perchè fondate su presupposti e redditi diversi: uno da impresa (consistente negli utili percepiti dal ricorrente in quanto socio della CHI-O-MED S.r.l.), che implica iscrizione alla gestione commercianti; l’altro da lavoro (quello di amministratore unico, per il quale percepisce il relativo compenso), che comporta l’iscrizione alla gestione separata di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26.

Ciò esclude la lamentata duplicazione di imposizione contributiva.

L’obiezione secondo cui l’impugnata sentenza non ha tenuto conto del disposto dell’art. 2384 c.c., comma 1 – secondo il quale gli amministratori di società possono compiere tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale, fatte salve eventuali limitazioni previste dall’atto costitutivo o dalla legge – è frutto di un errore di visuale, trattandosi di norma, in realtà, non rilevante nel caso di specie.

Infatti, mentre la summenzionata disciplina previdenziale, nel riferirsi alle figure cd. miste, cioè a quelle in cui un medesimo soggetto svolge attività e percepisce redditi differenti, risolve nei sensi sopra ricordati il problema del regime contributivo da applicarsi, l’art. 2384 c.c., comma 1 ha il diverso scopo di definire oggetto e limiti dei poteri degli amministratori sociali, in un’ottica di prevenzione di possibili conflitti con la proprietà.

Nè può dirsi che la sovrapposizione di fatto delle due qualità rivestite dall’odierno ricorrente – amministratore unico e socio – implichi una sostanziale confusione dei relativi redditi, che restano concettualmente e normativamente distinti.

D’altro canto, la ragion d’essere dell’iscrizione a due diverse gestioni previdenziali risiede proprio nell’esigenza di evitare che una data prestazione lavorativa si sottragga, sol perchè resa in qualità di socio di società di capitali, a quella stessa contribuzione previdenziale obbligatoria cui, invece, non possono sfuggire il titolare di ditta individuale o il socio di società di persone la cui prestazione lavorativa all’interno dell’azienda risulti, nei fatti, del tutto analoga (vale a dire personale, abituale e prevalente).

A fortiori tale conclusione vale nell’odierno quadro normativo, che consente la costituzione di società di capitali con un unico socio:

diversamente, è intuitivo che il titolare di ditta individuale commerciale, potendo optare per la veste societaria continuando – però – ad operare pur sempre da solo, disporrebbe d’un ingiustificato escamotage per eludere l’obbligatorietà dell’iscrizione alla gestione commercianti.

In breve, l’art. 2384 c.c. risulta ininfluente nel caso di specie, ancor prima che recessivo – in quanto norma generale – rispetto alla disciplina speciale di natura previdenziale.

2- In conclusione, il ricorso è da rigettarsi.

La problematicità della questione, anche a cagione dello stratificarsi di interventi legislativi, induce a compensare per intero fra il ricorrente e l’INPS le spese del giudizio di legittimità.

Non è dovuta pronuncia sulle spese riguardo a Equitalia Bergamo S.p.A., che non ha svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa per intero fra il ricorrente e l’INPS le spese del giudizio di legittimità. Nulla spese riguardo a Equitalia Bergamo S.p.A..

Così deciso in Roma, il 10 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2012

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